Galleria delle Dee
Incontrare le Dee/gli Dei attraverso storia, mito, immagini e racconti



gorgone   LE DEE FURIOSE
Aspetti dell'Ombra nella storia e nel mito; le ferite nell'immagine divina femminile
Testo di Anna Pirera

(Prima parte, Torna all'Introduzione e Piano dell'Opera)


IL GIARDINO DELL'EDEN: C'ERA UNA VOLTA LA DEA…

laussel

L’antichità, il tempo più lontano, il luogo dal quale veniamo,è il mitico giardino dell'Eden.
Che il tempo prima della storia fosse un giardino dell’Eden, un luogo luminoso, di pace e civiltà, è indubbiamente un racconto dei più diffusi e potenti che possiamo trovare a varie latutudini e in molte culture; dalla bibbia alle storie di Atlantide e Lemuria, dal sattva-yuga (l'era dell'armonia, della virtù) vedico al tempo del piccolo popolo nordico, lo stesso filo traccia trame simili. Questo racconto, questo mito, ha anche ha una forma contemporanea: viene narrato nelle università e nei libri di archeologia.

Dal lontano paleolitico alle prime fasi del neolitico, la cosiddetta ‘preistoria’ è il luogo di questo mito oggi molto amato, che, ripercorrendo la struttura della più parte dei miti delle origini, ci racconta:
 “C’era una volta l’età dell’oro e della pace, l’era della Dea… e poi qualcosa venne a rompere l’armonia e l’equilibrio…e a dare inizio al mondo di dolore e violenza in cui abitiamo…”
Dai tempi della pubbilcazione de “il matriarcato” di Bachofen viene via via raccontato in modi diversi e all’interno di visioni diverse, letto come oscura e magmatica origine da cui ebbe inizio il glorioso riscatto o come paradiso perduto il cui ricordo può ricondurci sulla retta via.

“C’era una volta la Dea, il matriarcato pacifico, il femminile libero e potente…” Nel pensiero che dà importanza e valore alla crescita della componente femminile nella cultura contemporanea, il tempo della Dea è l’antico giardino dell’Eden che è necessario oggi rammemorare per dare soluzione ai problemi che il presente ci pone e l’universo femminile il portatore di un modo di vivere ecologico in grado di salvarci dalla pericolosa china che il nostro mondo sta prendendo . Una posizione questa che trova oggi tra l'altro innumerevoli adesioni fra quanti si interrogano sull’ecologia della cultura contemporanea, come ad esempio Claudio Naranjo nella sua più recente analisi dello stato della civiltà occidentale(1). E', ovviamente, un punto fondamentale per noi del Cerchio della Luna.

Come che sia, nel giardino originario tutto era sacro e il cosmo era integro, è ciò era ben prima delle divisioni fra materia e spirito, sacro e profano, umano e divino, etc… 
Allora l’origine della vita era evidentemente  - vien da dire ovviamente – femminile.
Partecipazione era la naturale percezione del divino.
Il Femminile, divino e umano, indistinto, al centro del mondo, dava origine a culture pacifiche, in armonia con l’ambiente, in grado di gestire la complessità sociale in forma equilibrata e di entrare in contatto in modo fluido e profondo con i diversi aspetti della vita e della morte.
La Dea era al centro della vita sociale e religiosa, raffigurata nei suoi aspetti di Generatrice di Vita, Trasformatrice di tutte le cose, Morte e Dimora finale della Vita, Eterno Ciclo, Origine di ogni Potere, Coppa e Vaso, Nutrimento, Protezione, Flusso vitale, Serpente e Scrofa, Uccello e Mucca e Toro, Ape e Farfalla, Signora degli alberi e degli animali, etc…

Un punto da sottolineare è il doppio volto di questo che ho chiamato giardino dell’eden: da una parte esso è il sogno che abbiamo di esso, la fantasia più o meno compensativa  o lo psicoanalitico paradise nel ventre materno (2), dall’altra esso è l’evidenza archeologica, che si fa via via più comprovata, il passato occultato,  il realmente accaduto.
Il fatto che esso abbia a che fare con il realmente accaduto ce lo dice fra le altre cose l’analisi dei miti di culture a noi lontane, con le quali non abbiamo nell’antichità avuto alcun genere di contatti. Il passaggio mitico eden-non eden, non appare ad esempio nella mitologia dei nativi australiani, che da millenni parlano di un tempo di creazione che ebbe fine semplicemente con l’andare a riposare degli antenati e in cui ancora oggi uomini e donne portano in vita il mondo con i loro canti.

C’è una differenza importante, in effetti, fra Storia dei popoli che raccontano dell’eden che non è più e quella degli aborigeni australiani.  E’ accaduto qui qualcosa che in Australia non non è mai accaduto.

Dunque in principio c’era la Dea, dicevo, e centinaia  (nel paleolitico), migliaia (nel neolitico) di raffigurazioni sono lì oggi a testimoniarne presenza e diffusio­ne: 20.000 anni – e c’è chi dice 200.000 – di culto ininterrotto del divino femminino. Come è potuta nascere da lì l’idea che solo un’unica divinità maschile abbia creato l’universo e tutto ciò che in esso è contenuto, forgiando dal fango – o dalla polvere inerte un uomo a sua immagine  e somiglianza?(3)
Come è accaduto che le grandi religioni oggi prevedano un divino esclusivamente – o quasi – maschile e trascendente?
C.G. Jung parla a questo proposito di una ”interessante inversione del fatto biologico”.
E va considerato che un aspetto importante di questa ‘interessante inversione’ è la comparsa dell’appassionata “aspirazione dell’uomo verso Dio”, il desiderio di “sentirsi divini”, che porta come correlato l’idea che l’uomo sia qualcosa di basso e indegno, bisognoso di esser elevato.

“L’invenzione di un unico dio maschio che crea l’uomo a sua immagine e somiglianza contiene un salto mortale con piroetta, dall’alto al basso, dal femminile al maschile… da quel momento il principio divino si disincarna e cancella la sua origine, dimenticando la spinta che lo genera all’interno della coscienza… Da quel momento la verità evidente che la vita si crea nel femmi­nile delle specie, che nasciamo da donne, nelle religioni si comincia a raccontarla rovesciata e rimossa. Le religioni storiche nascono nel e dal momento del capovolgimento e della rimozione del luogo di origine.” (4) In altri termini: dissociazione e rimozione.
Ma, come sempre quando si tratta di disoociazione e di rimozione, qualcosa resta: tracce, frammenti, immagini ambigue, pezzetti isolati di un puzzle dimenticato, la sensazione che qualcosa manchi…(5) E fra queste tracce troviamo i racconti, i racconti di dopo, in cui, seppure oscurando, nascondendo e spostando, si rende conto del fatto che c’era un prima e di come sia accaduto che esso fosse sostituito dal dopo.

 
EVENTI TRAUMATICI: IL TRAUMA STORICO

Allora, come è potuto accadere?
In primo luogo, qualcosa è accaduto sul piano storico – o proto-storico. Per usare le parole di Naranjo: “E’ chiaro che una grande catastrofe ebbe luogo all’alba della civiltà in medio oriente e nel mediterraneo”…”un incidente, trionfo del potere sulla saggezza”…. “una specie di diluvio universale che sommerse per sempre l’eccellenza del nobile passato”(6)

Si trattò, nella prospettiva che stiamo sviluppando, di un cambiamento di natura violenta, che coinvolse in tempi diversi tutte le civiltà dell’ampio territorio del culto della Dea (si parla di un’area comprendente tutta l’Europa, Russia e Siberia comprese, il Medio Oriente, parte dell’Africa, l’Oriente fino all’India e probabilmente la Cina). Un trauma che attraversa i millenni, inesorabile, fino alla completa distruzione delle civiltà preesistenti, o perlomeno fino alla completa distruzione del precedente sistema paritetico e fino alla profonda trasformazione culturale segnata dalla mutazione della percezione  della donna da manifestazione della potente Dea a essere per natura debole e inferiore all’uomo. Un arco di tempo dal 4.000 a.C. fino al IV d.C., secolo in cui vengono distrutti gli ultimi templi della Dea nel Mediterraneo. Antica Europa, Anatolia, Creta e molte altre culture della Dea neolitiche sembrano aver avuto un sistema sociale equilibrato, né patriarcale né matriarcale (7), che la Eisler (8) ha proposto di chiamare ‘gilanico’, da gy donna e an - andros uomo; esse trascorrevano un’esistenza pacifica, basata in larga misura sull’agricoltura, incentrata sulla terra, e avevano raggiunto una fioritura artistica e architettonica altamente sviluppata. Abbiamo tracce di raggruppamenti urbani in cui vivevano anche 15.000 persone, sistemi sociali complessi e paritetici e nessun segno di violenza dell’uomo sull’uomo. Totale assenza, sottolinea spesso al Gimbutas.

Prima dell’età del bronzo, il timore dell’uomo era rivolto, al più, verso la natura, mentre da un certo momento in poi si manifesta il terrore della violenza umana.
Dal 4.500 a.C. circa, si sviluppano culture assai diverse, a partire dai Kurgan proto-indoeuropei per proseguire poi con gli indoeuropei, culture patriarcali, patrilineari, basate sull’allevamento, sull’addomesticamento del cavallo e sull’uso delle armi. Caratteristica comune a tutti i popoli nomadi invasori, che diedero il via all’età ‘eroica’ descritta nell’Iliade come nel Mahabharatha, era il fatto che miti e riti della nuova mitologia erano basati su ordini di violenza giusti­ficata, e tale mitologia era orientata in senso sociologico e connessa ad una tripartizione in classi lavoratori-guerrieri-sacerdoti.

Lo svilupparsi di tali culture potrebbe aver avuto a sua volta origine nel ‘trauma’ attraversato da popolazioni costrette a condizioni durissime di sopravvivenza da mutamenti climatici e da un ambiente ostile, evento che avrebbe prodotto anche l’inclinazione al pessimismo e all’idea di lontananza – e abbandono? – dell’umano dal divino. Dal 4.300 in poi (fino al 2.880 a.C., salvo le eccezioni rappresentate da alcune isole mediterranee quali Creta, Malta e la Sardegna, dove la cultura della Dea continuò a fiorire fino al 1.500 a.C. circa), le incursioni di tali popoli, e dei kurgan in primo luogo, nell’antica Europa misero fine in modo violento all’antica cultura.
Stesso destino sembra abbiano avuto le antiche civiltà dravidiche e preariane in India con l’espandersi e il predominio delle civiltà vediche ariane, anch’esse patriarcali e patrilineari.


EVENTI TRAUMATICI: IL TRAUMA RELIGIOSO

Dal punto di vista religioso, si trattò della sconfitta disastrosa dell’immagine divina femminile, che ne determinerà la perdita, alla fine della Storia.Sembra che l’idea di opposizione fra luce e tenebre – fra bene e male – entri nella cultura solo con l’arrivo delle popolazioni a struttura patriarcale, e con esse anche, per la prima volta, la figura dell’eroe che lotta e, infine, la prima separazione fra umano e divino.L’unità della Dea viene spezzata, colei che era Dea della vita e della morte, diventa Dea della vita versus Dea della morte, Dee spesso nemiche o comunque divise. E nella divisione, il potere originario è perduto e non verrà più riconquistato.

Se anche in molti luoghi e tradizioni vi è una tendenza - un tentativo teologico direi - di tornare a far convergere in un’unica Dea i diversi volti, ora questa ‘Dea’ resta come dire ‘astratta’, tanto che spesso perde il nome – la chiave magica che determina il potere anche delle Dee (9) - a favore delle singole Dee che ne incarnano i nomi, gli attributi.

Allo stesso modo i volti della Dea che mantengono uniti i due aspetti hanno perso, nella nostra cultura, lentamente terreno di fronte alle figure ‘unilaterali’ rappresentate da un lato dalle Dee ‘numinose, oscure’ e dall’altro da quelle ‘luminose’, la cui erede più evidente è la Vergine Maria (10).

Ma questa ‘deriva’, in analogia a quella dei continenti, accadrà in realtà col tempo.

All’origine, al trauma, la dea è spezzata, appunto, in due.

E qui per la prima volta la Dea appare come cattiva e il dio-eroe fa la sua comparsa come salvatore.
Così i mondi di sopra e quelli di sotto vengono separati, la Dea dei poteri stellari e la Dea – molto spesso neppure Dea, demone piuttosto - dei poteri ctonii non sono più una e con questa divisione anche il corpo femminile, col tempo, verrà diviso in ‘sopra’ e ‘sotto’ la linea della vita (!) (11).E solo poi dal due sorge il tre… con la trinità, la trimurti e le altre in cui ci vuole un Dio o una Dea che sia la conservazione, ciò che sta in mezzo fra Vita e Morte e dunque non appartiene nè all’una né all’altra (12).
Quello spazio di mezzo in cui ora vanno a collocarsi l’uomo e il mondo fra creazione e distruzione diverrà nel tempo uno dei luoghi privilegiati del discorso teologico.
D’altro canto anche la relazione umano-divino si trasforma, mentre quello iato creatosi con la nascita del divino trascendente, verrà via via allargandosi, facendosi ferita, tragedia nel mondo greco e caduta in quello ebraico.
Della Dea originaria, luce e tenebre insieme in costante mutamento e della sua sacerdotessa (13), la donna, sua manifestazione, restano tracce sempre più frammentarie, come le piccole isole rappresentate dagli oracoli (14), fra i pochi luoghi e tempi in cui il Mistero resta tale, unità indissolubile di umano e divino, manifesto e nascosto, immutabile e transeunte.

Accanto ai casi in cui la Grande Dea continua nella duplice presenza del suo volto luminoso e oscuro, generatrice di vita e portatrice di morte, sotto uno stesso nome, così come fu per la Inanna mesopotamica si trovano i ben più numerosi casi in cui ai due volti vanno a porsi sotto l’egida di nomi diversi, o casi intermedi in cui la Dea talvolta mantiene uno stesso nome per i suoi due volti, e talaltra no. Ma la cosa che ci interessa è che è proprio qui che fanno la loro comparsa, per la prima volta,  le Dee furiose, quelle Dee portatrici di morte, distruttive, terribili, comunque nemiche.


... continua con la Seconda Parte





Testo originale di Anna Pirera 2008-2009
Inserito nel sito www.ilcerchiodellaluna.it nell'Ottobre 2009



Note:

1 - C. Naranjo, La civiltà, un male curabile, Franco Angeli, 2007

2 - I miti matriarcali possono infatti essere letti non come ‘ricordi’ di un passato, ma come mere proiezioni ideologiche posteriori, racconti ad hoc per giustificare, ad esempio nel caso dei greci, lo stato di completo assoggettamento delle donne. E molta critica al pensiero matriarcale fa proprio leva, contestandola, sulla arbitrarietà dell’equivalenza racconto mitico – eventi storici senza la quale non è possibile il ‘racconto delle origini’ di cui stiamo parlando.  Ma non fu così, dopotutto, che Schliemann ha ritrovato Troia?

3 - Come è potuto accadere? E’ una domanda che porta in terreni lontani dall’argomento di questa tesi, che si occupa più del ‘come’ descrittivo che del ‘come’ dell’origine. Una risposta interessante la offre Naranjo, nell’opera citata: effetto della hybris umana il nostro mondo religioso viene dalla trasformazione della violenza in gloria e della volontà di onnipotenza adolescenziale in esaltazione spirituale, un percorso che da una nevrosi latente ha portato ad una psicosi mistica.

4 - L. Perkovich, Oscure madri splendenti, p. 6

5 - Come nel caso delle Dee furiose: la sensazione, accostandosi ad alcune figure femminili divine dal carattere irato è quella di trovarsi di fronte a frammenti di un affresco di cui si è perduto l’insieme, a schegge ‘impazzite’ di un originale intero di cui però si è persa memoria e, soprattutto, storia, racconto,

6 - C. Naranjo, op. cit., p. 46-47

7 - La scelta del termine con cui designare lo status delle antiche civiltà è uno dei luoghi in cui le diverse prospettive sul tema esprimono la loro identità.
La denominazione di ‘matriarcato’ proposta da Bachofen, almeno nel senso di epoca di potere e governo esclusivamente femminili, è stata duramente criticata da molti studiosi che ne hanno sottolineato l’improponibilità ‘storica’ – cfr. Il mito del matriarcato. La donna nelle civiltà primitive di Uwe Wesel – e difesa strenuamente da altri. In alternativa, sono stati usati i termini di ‘matrilineare’ – il meno sbilanciato, ‘matristico’, per distanziarsi da ogni forma a noi nota, ‘gilanico’, un neologismo per indicare soprattutto la qualità di equilibrio, ‘matrifocale’ e altri ancora. In questa giungla di termini personalmente mi trovo a disagio, preferendo la locuzione ‘culture della Dea’, con riferimento religioso in primo piano,  spesso usata dalla Gimbutas.

8 - R. Eisler, Il calice e la spada.

9 - Un esempio di questa struttura che attraversa molti ambiti mitici è in Lilith, che, per aver saputo pronunciare, e dunque evocare, il nome dell’Ineffabile, ne viene dotata del potere delle ali e, simmetricamente, se ella sente pronunciare il suo nome, perde tutti i suoi poteri. Cfr. J: Bril, Lilith, o l’aspetto inquietante del femminile, p. 166-167.

10 - Abbastanza interessante può essere notare che tendenzialmente la sfera del sesso va ad appartenere nel corso dei millenni sempre più alle Dee oscure, mentre le dee luminose si presentano sempre più estranee a tale sfera, per culminare appunto con la verginità di Maria.

11 - Per quante di noi è forte questa divisione, questo senso di qualcosa che è stato spezzato? E con il suo essere mal ricomposto, in seguito, come appare nei molti miti in cui un dio smembrato viene sì ricomposto, ma con pezzi che vengono da altri o da altro?

12 - Il triplice volto della Dea, che per alcuni, fra cui Graves, è un tratto originario dell’antica Dea, potrebbe essere invece il frutto di una frammentazione più tarda, forse frutto dell’influsso della trimurti vedica indoeuropea. Del resto gli studi, fra gli altri, della Gimbutas, hanno evidenziato come fosse in realtà rara la raffigurazione ‘trina’ della Dea nell’Europa preariana, di contro ad una frequente rappresentazione della dea ‘doppia’, simbolo di fertilità e filiazione. Vedia anche la pagina su questo argonento.

13 -  La funzione sacerdotale si trasforma parallelamente alle vicende descritte: se all’origine essa è presumibilmente riservata alle donne, in seguito passa attraverso la figura dell’eunuco, uomo che si muta in donna, per approdare alla sola figura maschile tipica del cristianesimo.

14 - Il potere profetico resta spesso negli oracoli appannaggio femminile, anche dove un dio maschile ha sostituito l’antica Dea, come accadde a Delfi.



 


 Il Cerchio della Luna è anche su Facebook: vieni a trovarci!




Dee e Dei, in ordine alfabetico:

Aditi,
Afrodite
,
Al-Lat,
Al-Uzza,
Amazzoni,
Anahita,
Anna Perenna
,
Anat,
Anu/Ana
Arianrhod,
Arianna,

Artemide
,
Atena
,

Arpie,

Banshee,
Benzai-ten,
Bellona,
Blodeu wedd,
Baubo
,
Bastet
 
Babd
Brigid
,

Cailleach
Cerere,
Chere
,
Cibele
,
Coventina

Dakini
,
Demetra,
Durga

Ebe,
Ecate,
Eisante lechi,
Eostre,
Eresh kigal, Erinni,
Estia

Flora,
Freya,
Frigg,

Gaia,
Ganga

Genden wita,
Gorgoni,


Hathor,
Holle,

Inanna,
Iside,
Ishtar,

Kali,
Kore,
Kwan-Yin, Laima,
Lakshmi,
Lilith,

Macha,
Mafdet ,
Mama pacha,
Mari
Maria,
Maria Maddalena
,
Menat,
Medusa,
Morrigan
,

Ninfe,
Nut,

Oestara,
Oya,
Oshun
,

Pacha mama,
Pele,
Persefone

Reitia,
Radha,
Rangda,

Saraswati,
Sekhmet,
Shakti,
Sophia,
Selene

Sequana

Themis

Ushas,

Valkirie,
Vesta,

Xochi quetzal,

Yemaya,

Zemyna,
Zwya

Ade
Apollo
Ares
Attis

Crono

Dioniso


Ermes

Giove

Lugh
Lupercus

Marte
Mercurio

Nettuno

Pan
Plutone
Poseidone

Saturno
Urano

Zeus






Vuoi essere periodicamente informato delle novità
sul sito del Cerchio della Luna e delle nostre iniziative?
Iscriviti alla mailing list, e riceverai mensilmente
il nostro calendario lunare in omaggio.


Clikkando sulla luna, puoi tornare alla   




Questa pagina del sito del Cerchio della luna è in regime di Copyleft: la riproduzione dei materiali presenti in questo sito è libera ed incoraggiata purché citando la fonte per esteso [nome del sito , dell'autore - e del traduttore - dell'articolo citato)