ATENA
Testo e ricerca di Xenia
per il quaderno Labrys n.2- Imbolc 2005
"Pallade unigenita, augusta prole del grande Zeus, Divina,
Dea beata, che susciti la guerra, dall'animo forte, indicibile,
di gran nome, che abiti negli antri, che governi le alture elevate
dei gioghi montani e i monti ombrosi,
e rallegri il tuo cuore nelle valli, godi delle armi,
con le follie sconvolgi le anime dei mortali,
fanciulla che estenui, dall'animo che incute terrore,
che hai ucciso la Gorgone, che fuggi i talami,
madre felicissima delle arti, eccitatrice,
follia per malvagi, per buoni saggezza;
sei maschio e femmina, generatrice di guerra,
astuzia, dalle forme svariate, dracena, invasata,
splendidamente onorata, distruttrice dei Giganti Flegrei,
guidatrice di cavalli, Tritogenia, che sciogli dai mali,
demone apportatore di vittoria, giorno e notte,
sempre, nelle ore piccole ascolta me che prego,
dà la Pace molto felice e sazietà e Salute
nelle stagioni felici Glaucopide, inventrice delle arti, regina molto
pregata."
E' in questo modo che ci si rivolgeva alla grande dea vergine Atena negli
Inni Orfici, alla "Regina del cielo" (lo stesso epiteto usato
per Iside e poi anche per la Madonna), nella mitologia greca, uno dei
dodici dèi olimpici, dea della sapienza, della destrezza e della
guerra; identificata dai Romani con Minerva. Mentre, in un inno Omerico,
era questa la descrizione della Dea:
"Vado a cantare di Pallade Atena, guardiana della città,
la terribile, colei che con Ares si occupa di azioni bellicose, il saccheggio
di città e del pianto battagliero di guerra; ella salva i soldati
come essi vengono e se ne vanno. Sii la benvenuta, Dea, donami fortuna
e buona salute."
La nascita della Dea e il suo ruolo nell'Olimpo
Atena nacque già adulta dalla testa di Zeus, che aveva inghiottito
la sua prima moglie Meti (consiglio) per paura che gli desse un figlio
a lui superiore.
Efesto (o Prometeo) aprì la testa del dio con un'ascia ed emerse
Atena ricoperta da un'armatura (elmo e corazza). L'antico epiteto di Triteia
(nata da Tritone o la piena ruggente) indicherebbe che era figlia dell'oceano.
Secondo Omero, Oceano era l'origine di tutte le cose e di tutti gli Dèi.
Atena aveva un posto di rilievo nella religione greca. Il suo nome era
invocato, insieme a quelli si Zeus e Apollo, nei giuramenti solenni.
Atene, che da lei prendeva il nome, era il centro principale del suo culto.
I nomi delle prime sacerdotesse di Atena - figlie di Cecrope - Aglauro,
Pandroso ed Erse, significano "aria luminosa", "rugiada"
e "pioggia".
Secondo l'opera "Sugli Dèi e il mondo" di Sallustio,
la Dea faceva parte degli Dèi encosmici (Dèi che fanno il
mondo), che vigilavano sul mondo stesso ed era legata all'etere.
I sacri nomi di Atena
La dea aveva diversi epiteti, oltre a Pallade, in cui essa si incontra
nei miti greci: Poliade (della città), Ergane (industriosa) come
patrona dei lavoratori delle arti decorative, Leitis (dea della bellezza),
Peana (guaritrice), Zosteria (della cintura) quando era armata per la
battaglia, Anemotis (dei venti), Promachorma (protettrice dell'ancoraggio),
Pronea (del pronao), Pronoia (provvidenza), Xenia (ospitale), Larissea
(di Larissa), Oftalmitis (dell'occhio), Cissea (dell'edera), Mantide (di
Aiace), Aitia (sula), Agoraia, Nike (vittoria) per il suo tempio speciale
sull'acropoli di Atene, Parthenos (vergine), Promachos (che lotta in prima
fila) che ha ispirato la statua di Fidia. Altri ancora: Glaucopide (da
Glaukopis, "dagli occhi lucenti"), Alalcomeneide, Minerva Cecropia,
Alea, Apaturia, Armata, Colocasia, Crisia, "Dai giusti meriti",
Guerriera, Itonia, Lafria, Madre, Narcea, Onga. Un altro epiteto era forse
Coronide (cornacchia), che poi venne usato per designare la donna messa
incinta da Apollo da cui nacque Asclepio; questo perché gli Ateniesi
negarono sempre che Atena avesse mai avuto figli, e quindi alterarono
il mito (secondo Robert Graves).
Il carattere della Dea
Atena non era interessata al sesso; una volta, si racconta nelle Metamorfosi
di Ovidio (e come si leggerà più avanti), Efesto provò
a violentarla ma lei riuscì ad evitarlo; nonostante questo, lui
eiaculò sulla sua gamba; il seme cadde sulla terra e fecondò
Gaia (sempre la Dea) che rifiutò questo figlio. Allora Atena lo
raccolse (si chiamava Erittonio, tradotto spesso come "molta terra")
in un cesto e lo diede alle figlie di Cecrope (più tardi, Atena
avrebbe punito Aglauro per aver guardato il contenuto del cesto contro
lavolontà della Dea). Erittonio crebbe e divenne quarto Re di Atene.
Atena aveva un ruolo importante nell'agricoltura. La stagione della semina
si apriva in Attica con tre rituali sacri di aratura, due dei quali in
onore di Atena inventrice dell'aratro. Inoltre, era stata Atena ad insegnare
come attaccare i buoi al giogo e sempre lei aveva dato agli uomini l'albero
d'olivo, così come aveva inventato i dadi a scopo divinatorio (che
poi entrarono nell'uso popolare, anche se l'arte augurale rimase prerogativa
dell'aristocrazia sia in Grecia che a Roma), le briglie, il telaio.
Festività a lei dedicate
Sue feste principali erano le Panatee (che nei miti greci si raccontano
essere state inventate in suo onore da Teseo), in origine feste della
mietitura, poi dedicate ai doni intellettuali della dea. Altre festività
erano le seguenti: Quinquatro: 19-21 marzo; nascita: 23 marzo; 19 giugno.
In Grecia: Grandi Panatee ogni 4 anni; Panatee a luglio; Procaristerie
21 marzo; Callinterie fine Aprile; Plinterie inizio maggio; Eiseterie,
Sinecie, Pianepsie 21 settembre; Arreforie inestate; Agraulie e Niceterie
ad Atene; Alee a Tagea,Diisoteria in Attica; Ellotiche a Corinto; Niceforie
a Pergamo ogni 3 anni; Tonee ad Argo.
Iconografia e animali sacri a Pallade
Nell'arte, Atena è spesso raffigurata con scudo, lancia e con in
mano la testa sanguinante di Medusa. Sacri alla dea erano l'olivo, il
gallo, la civetta - in età classica tarda - animale poi definito
demoniaco e ricollegabile alle streghe (essendo notturno) ed in quanto
esse erano adoratrici di Diana; la cornacchia/corvo (che ritroviamo anche
al fianco di altre divinità, oltre ad Apollo, anche nel nord, presso
i Germanici - vedi Odino - ma anche come compagno di Dee celtiche come
Rhiannon e Morrigan); il serpente (in quanto essere ctonio e legato alla
capacità di divinare) ed, infine, la capra (animale anch'esso legato
a tante divinità antiche: un esempio su tutti Pan), con cui spesso
era rappresentata.
A lei sono state dedicate grandi opere d'arte, essendo la divinità
per eccellenza dell'Acropoli: pensiamo al Partenone (da "Parthenos",
"Vergine"), il tempio più armonioso e il più celebre
di tutti i templi della Grecia.
Fu edificato per volere di Pericle tra il 447 ed il 432.
L'edificio, costruito in marmo pentelico, presenta, dopo il pronao, la
sala sacra il cui lato maggiore misura100 piedi attici. Qui si custodiva
una celebre statua, scolpita da Fidia, che riproduceva la Dea; era un
simulacro in oro ed avorio, alto 12 metri. Oltre a questa sala, poi, vi
era quella in cui era custodito il tesoro di Atene e tutti i suoi documenti
più importanti. Inoltre, l'architrave del tempio era decorato con
scene tratte dalla mitologia e dalla guerra vinta contro i Persiani, (sempre
lavoro di Fidia); sul frontone orientale la scena della nascita di Atena,
mentre nel lato opposto la sua sfida con Poseidone.
Altri rilievi rappresentano scene delle feste Panatee (gran parte di tutto
questo si può vedere al British Museum di Londra).
Altra opera di Fidia era un bronzo alto circa 9 metri rappresentante Atena
guerriera presso Propilei, l'ingresso monumentale all'estremità
occidentale dell'Acropoli. Sempre ad Atena era dedicato il mitico Palladio,
statua che si credeva essere caduta dal cielo, di cui si prendeva cura
una famiglia sacerdotale di Atene; si credeva che finché la statua
fosse rimasta al sicuro, sarebbe stato lo stesso per la città.
All'inizio si trovava ad Ilio (Troia) ma poi, caduta la città,
si racconta sia stata portata via da Ulisse e Diomede o da Enea.
Atene, Roma ed Argo, dichiaravano tutte di possedere il vero Palladio.
Atena compare in Omero, Virgilio, Inni Omerici, Pausania, Ovidio, Eschilo
e Sofocle. Nella letteratura posteriore è citata come Minerva.
Infine, prima di citare i miti in cui Pallade appare, possiamo dire che
Atena è presente anche in "Paradiso perduto" di Milton,
in cui la sua nascita viene a rappresentare la nascita del Peccato dalla
testa di Satana.
Ma ora lascio la parola ai miti in cui essa è protagonista, o semplicemente
appare, tenendo conto di una cosa. Ne "I miti greci- dei ed eroi
in Omero", così come in "LaDea Bianca", Robert Graves
parte dal presupposto che spesso i miti nascondano, in realtà,
non solo simboli spirituali, ma anche avvenimenti storici ben precisi.
Uno di questi è sicuramente l'avvento del patriarcato, vincente
sul matriarcato, da un certo momento in poi e cioè, secondo lui,
soprattutto dalle invasioni achee alla fine del XIII secolo avanti Cristo,
e in modo definitivo con l'arrivo dei Dori. La genealogia divenne patrilineare,
ma non solo: tutto questo cambiamento a livello sociale ebbe ripercussioni
sul sistema religioso, facendo sì che, dopo un lungo periodo in
cui le divinità femminili avevano avuto, come dire, la meglio,
si giunse al sistema olimpico che venne visto come un compromesso fra
la tradizione ellenica e quella pre-ellenica, in cui si avevano sei Dèi
e sei Dee capeggiati da Zeus ed Era, creando un Concilio divino simile
a quello babilonese.
Ma, come dice Graves nell'introduzione ai suoi Miti Greci: “dopo
una rivolta della popolazione pre-ellenica, descritta nell'Iliade come
una cospirazione contro Zeus, Era fu subordinata al marito, Atena si dichiarò
"tutta per il padre" e Dioniso, spodestando Estia, assicurò
alle divinità maschili la preponderanza nel Concilio.
Tuttavia le Dee, sia pure in minoranza, non furono mai estromesse come
accadde a Gerusalemme(…)".
Inoltre, egli sostiene che certi miti non siano semplici fantasie, ma
dogmi teologici: ad esempio, il fatto che Atena nascesse dalla testa di
Zeus aveva almeno tre interpretazioni contrastanti:
“1) Atena era nata per partenogenesi da Meti, vale a dire era la
più giovane persona della trinità che faceva capo a Meti,
dea della saggezza.
2) Zeus inghiottì Meti, vale a dire gli Achei soppressero il suo
culto e attribuirono il monopolio della saggezza a Zeus come dio patriarcale.
3) Atena era figlia di Zeus, vale a dire gli Achei fedeli a Zeus risparmiarono
i templi di Atena purché i suoi devoti accettassero la suprema
sovranità di Zeus.
La leggenda di Zeus che inghiotte Meti, con quel che segue, fu probabilmente
illustrata sulle pareti di un tempio; come l'erotico Dioniso (un tempo
nato da partenogenesi da Semele) nacque da una coscia di Zeus, così
l'intellettuale Atena nacque dalla sua testa.
Se taluni miti ci appaiono a prima vista confusi è perché
il mitografo ha deliberatamente o accidentalmente errato nell'interpretare
un sacro affresco o un dramma rituale. Ho chiamato tale processo "iconotropia"
e se ne possono trovare esempi in tutte le letterature sacre che abbiano
codificato la radicale riforma di antiche fedi."
Una nota ancora: utilizzo qui gli stessi titoli dati ai miti da Graves,
nel caso si volessero ritrovare i riferimenti nel testo originale.
Un mito filosofico della creazione
Il mito narra che dall'unione tra mare e fiumi nacquero le Nereidi; ma
non esistevano gli uomini mortali, allora Atena diede il consenso a Prometeo
(figlio di Giapeto) di formarli ad immagine e somiglianza degli Dèi
impastando creta ed acqua del Panopeo ( fiume della Focide ); ed Atena
soffiò in loro la vita.
Quindi: Atena diede la vita agli esseri umani in uno dei miti greci sulla
creazione.
Le cinque età dell'uomo
Qui si dice che l'istitutore di Atena fu Alalcomeneo (il primo uomo che
visse in Beozia), lo stesso che fu consigliere di Zeus quando ebbe una
contesa con Era. In realtà, Alalcomeneo ("protettore")
è un personaggio fittizio, ci dice Graves: il suo nome proviene
dall'epiteto di Atena come "Alalcomeneide" (in Iliade IV 8 ),
protettrice della Beozia; quindi, questo significherebbe che questa figura
avrebbe voluto indicare, dogmaticamente e dal punto di vista patriarcale,
che nessuna donna, neppure una dea, avrebbe potuto diventare sapiente
senza l'aiuto di un uomo e quindi che la Dea della Luna e la luna stessa
erano state create da Zeus.
La nascita di Atena
Ci sono diverse versioni del mito. Secondo la tradizione Pelasgica, Atena
sarebbe nata presso il lago Tritonide, in Libia, dove fu raccolta e nutrita
da tre ninfe della regione che vestivano di pelle di capra. Da
fanciulla, per errore, avrebbe ucciso la sua amica di giochi Pallade durante
un combattimento per scherzo, armata di lancia e scudo, e per questo,
in segno di lutto, avrebbe aggiunto al proprio nome l'epiteto Pallade.
Poi, avrebbe fatto un viaggio verso la Grecia, passando da Creta, e avrebbe
vissuto in Atene, presso il fiume Tritone, in Beozia.
Questo mito, secondo Graves, ci spiega le origini libiche della dea Atena,
come già aveva fatto Platone che l'aveva riconosciuta in Neith,
dea libica, appunto.
Il combattimento sarebbe stato un combattimento annuale, in cui si sarebbero
impegnate le sacerdotesse vergini di Neith per il titolo di Gran Sacerdotessa.
Anche l'abito, di pelle di capra, era tipico delle donne libiche.
Per l'uccisione di Pallade: è una tarda versione patriarcale data
da Apollodoro, che punta sulla paternità di Zeus verso Atena (lui
avrebbe protetto la figlia contro la sorellastra Pallade, che era figlia
di Tritone ). Però, l'egida (la sacca magica di pelle di Capra
di Atena) era già della Dea molto tempo prima che Zeus si attribuisse
la paternità di Atena.
In Erodoto, poi, si dice che certe grida di trionfo che a lei erano dedicate
(olou, olou) erano già di origine libica.
Infine, "Tritona" significa "la terza regina", il
membro più anziano della triade, la madre della fanciulla che combatté
contro Pallade e che poi divenne ninfa.
Zeus e Meti
Per alcuni, Atena sarebbe figlia di un gigante alato a forma di caprone,
di nome Pallade, che poi avrebbe cercato di violentarla; ma lei sarebbe
riuscita a strappargli le ali applicandole alle proprie spalle e usando
la sua pelle per farsi l'egida; per questo avrebbe come epiteto Pallade.
Per altri, l'egida sarebbe fatta con la pelle della Gorgone Medusa (scorticata
da Atena dopo che Perseo la ebbe decapitata). Per altri sarebbe figlia
di un certo Itono (re di Itone nella Ffiotide) e che Atena avrebbe ucciso
per errore Iodama, figlia del re, facendole vedere la testa della Gorgone
(quindi, tramutandola in sasso) mentre oltrepassava il recinto sacro.
Per altri, Atena sarebbe figlia di Poseidone ma la Dea lo rinnegò,
chiedendo di essere adottata da Zeus, che accettò.
Mentre il mito sacerdotale narra che Zeus inseguisse vogliosamente la
Titanessa Meti che prese varie forme per sfuggirgli; alla fine fu raggiunta
e fecondata. Un oracolo disse che sarebbe nata una figlia, e che se Meti
avesse concepito una seconda volta, sarebbe nato un figlio maschio che
avrebbe spodestato Zeus.
Allora, mentre giaceva con lei, Zeus inghiottì Meti (che da allora
sembra desse consigli a Zeus dal suo ventre). A tempo debito, Zeus ebbe
una forte emicrania, lungo il lago Tritone, ma giunse Ermete che capì
quale fosse il problema. Egli chiamò Efesto o Prometeo e questi
aprì la testa del dio con un'ascia.
Così, nacque Atena, adulta ed armata di tutto punto, urlando.
Questa narrazione eliminerebbe le origini matriarcali di Atena, rendendola
figlia del patriarcato. Infatti, il mito parla della saggezza come di
un attributo maschile; ma fino a quell'epoca, solo la Grande Dea era stata
saggia.
Esiodo avrebbe così conciliato tre fattori contrastanti:
a ) Atena era nata da partenogenesi dalla titanessa Meti, legata a Mercurio,
alla saggezza e alla sapienza;
b ) Zeus, inghiottendola, ne avrebbe acquisito la saggezza (quindi gli
Achei soppressero il culto dei Titani e attribuirono il monopolio della
saggezza a Zeus);
c )Atena era figlia di Zeus (cioè gli Achei insistettero perché
gli Ateniesi riconoscessero il supremo potere patriarcale di Zeus).
Quindi, Atena diventa qui la fedele interprete di Zeus e nega la discendenza
matriarcale. Al suo servizio officiano sacerdoti e non sacerdotesse.
Per l'epiteto Pallade, Graves dice che la parola "vergine" non
si addice molto ad un gigante alato; forse questa versione del mito nasce
da una rappresentazione delle nozze rituali della dea (Atena Latria) e
un re-caprone, avvenute dopo il combattimento rituale contro la rivale.
L'usanza libica del matrimonio col caprone, ci dice Graves, si diffuse
nell'Europa del nord e si ritrovò nelle maschere di Calendimaggio.
Il rifiuto di Poseidone come padre forse è dovuto a qualche sovvertimento
di governo nella città di Atene, mentre per quanto riguarda Itono
(uomo-salice) si può dire che gli Itoni sostenevano di aver onorato
Atena molto prima degli Ateniesi (il salice le sarebbe stato sacro nella
Fftiotide).
Per quanto riguarda l'egida, era sacra presso i libici, rappresentava
la tunica di castità delle fanciulle e l'uomo che l'avesse strappata
contro la loro volontà sarebbe stato messo a morte (ecco perché
il volto della Gorgone su quella di Atena che forse, più che uno
scudo, poteva essere una fodera da applicare su un disco sacro). Inoltre,
sembra che Atena fosse non solo la Dea principale di Atene, ma anche di
Argo, Sparta, Troia, Epidauro, Trezene, Feneo (località pre elleniche).
Carattere ed imprese di Poseidone
Anche qui appare Atena. Perché? Proprio perché ebbe da scontrarsi
con il Dio del mare. Siccome egli cercava sempre di conquistarsi delle
terre, un giorno ebbe delle pretese sull'Attica e addirittura scagliò
il suo tridente in Atene dando origine ad un pozzo d'acqua marina. Poco
dopo,durante il regno di Cecrope, Atena prese
possesso dell'Attica in modo più generoso, piantando l'ulivo vicino
a questo pozzo, ma Poseidone, arrabbiato, la sfidò a duello; Atena
avrebbe accettato, se non fosse che Zeus evitò lo scontro, volendo
giudicare i due. Vennero giudicati nel tribunale olimpico con Cecrope
testimone; le dee appoggiavano Atena, gli Dèi Poseidone, ma per
maggioranza fu Atena a vincere il governo dell'Attica, poiché aveva
fatto il dono migliore alla terra. Ma Poseidone, furente, allagò
la pianura triasia dove sorgeva la prima Atene (la città di Atena)
e allora la Dea si trasferì in quella che fu la futura Atene.
Per placare il Dio, le donne ateniesi rinunciarono al voto e fu proibito
agli uomini di portare il cognome della madre, come invece si era fatto
fino ad allora. Inoltre, Poseidone contese ad Atena anche un'altra terra,
Trezene, e allora Zeus la fece dividere equamente tra i due, ma essi non
ne furono affatto contenti. Inoltre, Poseidone si vantava di aver inventato
le briglie, ma in realtà questa è un'invenzione di Atena.
Carattere e natura di Afrodite
Qui si narra del fatto che le Moire diedero ad Afrodite un solo compito
divino, quello cioè di fare l'amore; ma un giorno Atena la sorprese
che tentava di usare il telaio, rischiando quindi di usurpare le sue prerogative.
Afrodite chiese perdono e da quel momento non lavorò mai più.
Carattere ed imprese di Ares
Anche Ares si scontrò con Atena, perdendo miseramente.
La Dea lo sconfisse, infatti, ben due volte in battaglia, in quanto più
agile di lui.
Carattere ed imprese di Apollo
Ecco il racconto di come Apollo uccise il satiro Marsia, che era seguace
della Dea Cibele.
Un giorno Atena si costruì un flauto doppio con ossa di cervo e
lo suonò ad un banchetto degli Dèi.
In quel momento, Era ed Afrodite cominciarono a ridacchiare e lei non
capiva come mai, visto che la musica piaceva agli altri. Allora, andò
a suonarlo in un bosco della Frigia, vicino ad un ruscello, ma quando
si guardò riflessa suonare, si vide gonfia e paonazza, così
orribile che scagliò lontano il flauto maledicendo chi l'avesse
raccolto. Marsia fu la vittima della maledizione: trovò per caso
il flauto e subito lo suonò. La maledizione lo avrebbe portato
ad essere scorticato vivo da Apollo durante una gara musicale.
Carattere e imprese di Efesto
Nelle note, Graves ci spiega che "ad Atene, Efesto e Atena abitavano
i medesimi templi e il nome di Efesto può considerarsi una correzione
di hemerophaistos, "colui che brilla durante il giorno" (vale
a dire il sole), mentre Atena è la Dea-Luna "quella che splende
di notte", patrona dei fabbri e di tutte le arti meccaniche.
Pochi sanno che ogni attrezzo, arma o utensile dell'età del bronzo
aveva poteri magici e che il fabbro era ritenuto una specie di mago. Così,
delle tre persone della triade Lunare di Brigit, la prima patrocina i
poeti, l'altra i fabbri e la terza i medici. Quando la dea fu detronizzata,
il fabbro fu innalzato a divinità (…)."
Carattere ed imprese di Atena
Ecco come la descrive Graves: "Atena inventò il flauto, la
tromba, il vaso di terracotta, l'aratro, il rastrello, il giogo per i
buoi, la briglia per i cavalli, il cocchio, la nave. Fu la prima ad insegnare
la scienza dei numeri e di tutte le arti femminili, come il cucinare,
il filare e il tessere. Benché dea della guerra, essa non gode
delle sanguinose battaglie, come invece accade ad Ares e a Eris, ma preferisce
appianare le dispute e far rispettare la legge con mezzi pacifici. Non
porta armi in tempo di pace e qualora ne abbia bisogno le chiede in prestito
a Zeus. La sua misericordia è grande. Se nei processi che si svolgono
all'Aeropago i voti dei giudici sono pari, essa di solito aggiunge il
proprio per ottenere l'assoluzione dell'accusato. Ma se si trova in tempo
di guerra non perde mai una battaglia, sia pure contro lo stesso Ares,
perché più esperta di lui nell'arte strategica; i capitani
accorti si rivolgono sempre a lei per avere consiglio."
Sia tra i Titani che tra i Giganti ci sarebbero stati dei pretendenti
per Atena, ma lei rifiutò ogni proposta di matrimonio.
Durante la guerra di Troia, addirittura, la Dea chiese ad Efesto di fabbricarle
un'armatura per non dover chiedere in prestito quella di Zeus che era
neutrale. Lui non volle farsi pagare e le disse che l'avrebbe fatto per
amore… Atena non capì la frase e quando si presentò
nella fucina del Dio, Efesto cercò di violentarla.
Il punto è che Efesto era vittima di uno scherzo, di solito non
si comportava così: Poseidone gli aveva detto che Atena stava venendo
alla fucina, col consenso di Zeus, per fare l'amore con lui. Atena si
divincolò da Efesto ma lui eiaculò sulla sua coscia, sopra
il ginocchio. La Dea si ripulì con della lana che buttò
a terra (cadde proprio su Atene) fecondando così la Madre Terra
che era là in visita. Madre Terra si rifiutò di avere un
figlio ottenuto così da Efesto, non volle accudirlo, e allora se
ne occupò Atena. Chiamò il bimbo Erittonio e per evitare
che Poseidone potesse ridere di tutta questa burla, lo nascose in un cesto
che affidò ad Aglauro, figlia maggiore di Cecrope, re di Atene,
perché se ne prendesse cura lei.
Anche Cecrope era figlio della Madre Terra e come Erittonio (alcuni dicono
che ne fosse il padre) era metà uomo e metà serpente; fu
il primo re a riconoscere i diritti di paternità.
Egli portò molti cambiamenti in Atene e aveva una moglie e tre
figli: Aglauro, Erse e Pandroso. Esse vivevano in una casa nell'Acropoli.
Una sera, di ritorno da una festa sacra, mentre portavano a turno il cesto
di Atena sulla testa, giunse Ermete che offrì oro ad Aglauro per
farlo entrare nella stanza di Erse, la più giovane, di cui era
innamorato. Aglauro prese l'oro ma non fece nulla per aiutare il Dio poiché,
per mezzo di Atena, essa era diventata gelosa di Erse. Allora, Ermete
entrò con violenza in casa, trasformò Aglauro in pietra
e violentò Erse. Dopo la nascita dei due loro figli, Erse divenne
curiosa e volle vedere il contenuto del cesto di Aglauro, con la madre
e l'altra sorella. Vedendo un fanciullo con la coda di serpente al posto
delle gambe, si spaventarono talmente tanto da gettarsi giù dall'Acropoli.
Quando Atena seppe la notizia da un corvo, rimase talmente dispiaciuta
che le cadde dalla mani un'enorme roccia verso l'Acropoli (oggi il monte
Licabetto ) ed inoltre mutò in nero le piume del corvo che erano
bianche e proibì per sempre che i corvi si posassero sull'Acropoli.
Da quel momento, Erittonio si rifugiò nell'egida di Atena dove
lei lo allevò come un vero figlio. Da adulto, Erittonio divenne
Re di Atene, instaurò il culto di Atena ed insegnò la lavorazione
dell'argento.
La sua immagine fu posta nel cielo nella costellazione dell'Auriga in
quanto introdusse il carro trainato da 4 cavalli.
Per quanto riguarda questo mito, c'è da dire che Graves parla del
problema verginità in una nota: per gli Ateniesi, Atena doveva
essere per forza vergine, poiché questo indicava l'inespugnabilità
della città stessa.
Allora, modificarono "i miti secondo i quali Poseidone e Borea le
avrebbero fatto violenza, negando così che Efesto l'avesse messa
incinta di Erittonio, Apollo e Licno (lampada). Fecero derivare il nome
di Erittonio da "erion" (lana) oppure da "eris" (contesa)
e "chtonos" (terra) ed inventarono il mito della sua nascita
per spiegare la presenza, in pitture arcaiche, di un fanciullo serpente
che sbuca dall'egida della Dea.
La parte di Poseidone nella nascita di Erittonio fu probabilmente molto
più semplice e diretta: se no, perché mai Erittonio avrebbe
dovuto introdurre ad Atene il cocchio a quattro cavalli di Poseidone?"
Inoltre, sempre per il rapporto tra Erittonio ed Atena, Graves dice anche
questo: "Atena fu in origine la triplice dea e quando la figura centrale,
cioè la Ninfa, venne soppressa e i miti che la riguardavano vennero
attribuiti ad Afrodite, Orizia ed Alcippe (dee legate
all'amore sensuale, n.d.r.) rimasero soltanto la Vergine vestita di una
pelle di capra, e patrona della guerra, e la Vegliarda, che ispirava oracoli
e presiedeva a tutte le arti. Erichtonius è forse una forma dilatata
da Erechtheus che significa "dalla terra dell'erica" anziché
"molta terra" come comunemente si interpreta. Gli Ateniesi lo
rappresentavano come un serpente dalla testa umana perché era l'eroe
o il fantasma del re sacrificato che rendeva noti i desideri della Vegliarda.
Sotto questo aspetto di Vegliarda, Atena era assistita da una civetta
e da un corvo. L'antica famiglia reale di Atene si vantava di discendere
da Erittonio e da Eretteo, i suoi membri si chiamavano Eretteidi, usavano
portare serpenti d'oro come amuleti e tributavano un culto ad un serpente
sacro sull'Eretteo. Ma Erittonio era anche un vento fecondatore che soffiava
già dai monti coperti d'erica, e una copia dell'egida di Atena
veniva donata a tutte le coppie di giovani sposi ad Atene per assicurare
fertilità alla sposa."
Inoltre, tornando alla faccenda di Agraulo, sembra che questo nome fosse
uno dei tanti appellativi della Dea-Luna e, quindi, anche di Atena.
Per quanto riguarda la cacciata dei corvi dall'Acropoli, è una
variante mitica della cacciata di Crono (che significa "corvo"),
quindi rappresenta la vittoria della religione olimpica. Il corvo che
cambia colore da bianco a nero, invece, può collegare Atena ad
una dea gallese, Branwen, "corvo bianco", che era sorella di
Bran. Ed uno degli appellativi di Atena era "Coronide". Atena,
ci racconta Graves, è modesta come Artemide ma ancor più
generosa: ad esempio, quando Tiresia la sorprese nuda al bagno, non lo
fece sbranare come invece fece Artemide con Atteone, ma gli pose sugli
occhi le mani accecandolo e rendendolo chiaroveggente.
L'unica volta che davvero Atena si comportò con invidia fu con
Aracne, una principessa di Colofone, in Lidia, molto esperta in tessitura,
più della Dea stessa.Quando porsero alla Dea il mantello intessuto
da Aracne con le immagini degli amori degli Dèi, non trovandovi
errori, Atena si infuriò e lo distrusse. La principessa allora
si impiccò ad una trave, impaurita ed avvilita, e a quel punto
la dea la trasformò in ragno e tramutò la corda in ragnatela;
in questo modo la ragazza si salvò arrampicandovisi.
Secondo Graves, questa sfida tra Atena ed Arachne potrebbe essere letta
storicamente come una rivalità commerciale tra gli Ateniesi e i
Lido-Cari che erano di origine cretese ed avevano la supremazia sul mare.
Se posso esprimere la mia opinione, penso anche che il mito del ragno
possa ricollegarsi ad un lato della Dea particolare (quindi Arachne sarebbe
un'ulteriore manifestazione della Dea), ovvero quello del mondo infero/inconscio,
il luogo in cui si muovevano nel passato gli sciamani. E' il lato più
femminile, lunare ed irrazionale di lei che forse il patriarcato ha voluto
cancellare rappresentando nel mito l'ira di Atena verso Aracne. Nel testo
"La sapienza di Avalon" di Brian Bates esisteva, nella mitologia
germanica, una Dea Ragno, Le- Hev- Hev che avrebbe insegnato al pretendente
sciamano i misteri a lui rivolti una volta che avesse accettato di farsi
portare nel mondo degli spiriti da un grosso ragno durante uno stato di
coscienza alterato.
Una tradizione simile si trovava in una tribù delle Nuove Ebridi
dove esisteva addirittura una danza del labirinto legata a questa Dea,
una creatura-ragno che nell'inglese moderno viene anche chiamata "Incubo".
Ed inoltre, il ragno, la sua tela, si ricollega al Wyrd, al destino ed
alle Norne o Parche.
Zagreo
In questo mito, Graves ci racconta di come Zeus generò in segreto
un figlio da Persefone, chiamato Zagreo. Quando i Titani- nemici di Zeus-
cercarono di mangiare addirittura il bambino, Atena interruppe il tremendo
pasto poco prima della fine e, dopo essersi impadronita del cuore di Zagreo,
lo rinchiuse in una figura di gesso nella quale soffiò la vita,
facendo di Zagreo un immortale.
I figli del mare
Atena è legata anche alle Gorgoni: Stimo, Curiale e Medusa. Un
tempo esse erano donne bellissime, ma una notte Medusa giacque con Poseidone
e Atena, infuriata poiché avevano avuto il rapporto sessuale in
uno dei suoi templi, trasformò la Gorgone in un mostro alato con
occhi fiammeggianti, denti lunghi da cui sporgeva la lingua, unghie di
bronzo e serpenti al posto dei capelli; era così orribile che impietriva
con lo sguardo. Quando molto più avanti Teseo uccise Medusa decapitandola,
e dopo che dal suo corpo furono usciti i corpi dei figli di Poseidone
(Crisaore e Petaso), Atena ne applicò la testa alla sua egida.
Altre versioni raccontano che l'egida della Dea fu fatta con la pelle
della Gorgone che Atena le strappò di dosso. Più avanti,
Graves ci parla anche delle Graie (Enio, "guerresca"; Panfredo,
"Vespa"; Dino, "Terribile"), sempre legate al mare,
così come le Arpie, che probabilmente erano rappresentazioni dell'Atena
arcaica, cioè la triplice dea nella veste di distruttrice.
La rivolta dei Giganti Durante la rivolta dei Giganti contro l'Olimpo,
arrabbiati perché Zeus aveva confinato nel Tartaro i loro fratelli
Titani, Atena si rese indispensabile. Come?
Siccome Era profetizzò che i Giganti non sarebbero mai stati uccisi
da un dio ma solo da un umano che vestisse di pelle di leone (e solo se
avesse trovato, prima dei Giganti stessi, un'erba che lo avrebbe reso
invulnerabile che crescesse in un luogo segreto), Zeus chiese aiuto alla
Dea e la mandò a chiedere soccorso ad Eracle (l'uomo con la pelle
di leone).
Chiese poi ad Elio, Selene ed Eos di non brillare per un po'. Alla debole
luce delle stelle, Zeus vagò in una regione indicatagli da Atena,
trovò l'erba magica a la portò sull'Olimpo.
Così, gli Dèi poterono affrontare la battaglia.
Non solo. Atena diede indicazioni ad Eracle durante lo scontro, così
come fu l'unica delle divinità a tenere testa a Porfirione, uno
dei Giganti, durante il combattimento. Alla fine, comunque, vinsero gli
Olimpi e quando i Giganti superstiti si rifugiarono sulla terra, gli Dèi
li inseguirono ed Atena scagliò un grande masso contro Encelado
che venne colpito, appiattendosi e divenendo l'isola di Sicilia.
Tifone
Quando Tifone, figlio della Madre Terra e del Tartaro, attaccò
gli Dèi per vendicare i Giganti, tutte le divinità olimpiche
scapparono, tranne Atena: lei rimproverò Zeus per la sua codardia
finché questi non decise di scagliare una folgore contro Tifone,
oltre a colpirlo col falcetto di cui si era servito per castrare Urano.
Atlante e Prometeo (Titani) Si racconta che prometeo fosse presente alla
nascita di Atena grazie alla sua saggezza e che la Dea gli insegnò
l'architettura. Ed ecco, poi, il mito di Prometeo: un giorno, a Sicione,
ci fu una disputa riguardo alle parti di un toro sacrificato che si dovevano
offrire agli Dèi e sulle parti che gli uomini potevano tenere per
sé. Prometeo fece da arbitro e scuoiò e smembrò il
toro, ricucendo la sua pelle in modo da formare due sacche.
Una sacca la riempì con tutta la carne dell'animale e la nascose
sotto lo stomaco (boccone meno buono), l'altra conteneva le ossa, nascoste
sotto uno strato di grasso. Quando le presentò a Zeus, il Dio si
ingannò scegliendo la sacca con il grasso e le ossa (che da quel
giorno fu la porzione per gli Dèi), ma punì Prometeo privando
gli uomini del fuoco. Allora, Prometeo corse da Atena: lei lo fece entrare
di nascosto nell'Olimpo, così che l'uomo poté rubare il
fuoco e riportarlo sulla terra. Zeus si vendicò facendo incatenare
Prometeo ad una roccia, facendogli mangiare il fegato (che si rigenerava
continuamente) da un avvoltoio. Non volendo ammettere che di vendetta
si trattasse, Zeus fece circolare la voce che Atena avesse chiamato sull'Olimpo
Prometeo perché aveva una relazione con lui.
Secondo Graves, riguardo a questa presunta relazione, è possibile
che gli Ateniesi, volendola negare, abbiano identificato - ad Atene, almeno
- Prometeo con Efesto, del quale si narrava la stessa leggenda in quanto
lui ed Atena condividevano lo stesso tempio sull'Acropoli.
Asclepio
Sappiamo che Apollo fu amante di Coronide (figlia di Flegia, re dei Lapiti),
e dovendosi recare a Delfi le lasciò in custodia un corvo dalle
penne bianche. Quando il corvo partì per avvertire il Dio che la
donna lo stava tradendo con Ischi (figlio di Elato), Apollo, che aveva
già divinato il tutto, maledisse il corvo per non aver accecato
l'amante della donna e da allora le sue piume sono divenute nere. Vi sono
anche altre versioni del mito. Fatto sta che Coronide era incinta di Apollo;
il bimbo che nacque dalla loro unione era Asclepio, cresciuto dal padre
e allattato da una capra. Il ragazzo imparò da Apollo e da Chirone
(il centauro)a curare: guariva i malati e ricevette da Atena in dono due
fiale contenenti il sangue della Gorgone Medusa.
Il sangue estratto dal lato sinistro di Medusa serviva per resuscitare
i defunti, mentre la parte destra poteva dare la morte istantanea. Secondo
alcuni Atena e Asclepio si divisero il sangue.
Asclepio lo avrebbe usato per salvare vite umane, mentre la Dea per scatenare
le guerre. Tra l'altro, due gocce del sangue Atena le aveva date anche
ad Erittonio: una per uccidere, l'altra per curare e aveva fissato al
corpo di serpente del fanciullo due fiale con bende d'oro. Per quanto
riguarda questa relazione tra Coronide e Apollo: Graves ci dice che la
Dea Atena ricevette l'appellativo di "Coronide" per via del
corvo oracolare (per cui: non poteva essere vergine, se era lei Coronide,la
quale aveva giaciuto con Apollo).
L'altro appellativo era "Igea", dovuto alle sue capacità
curative. Ella usava vischio ("ixias", parola legata ad Ischi,
che significa "forza" e ad Issione, "il forte nativo").
Il vischio nell'Europa orientale è un parassita della quercia ed
"Esculapio", il nome latino di Asclepio, che significa "colui
che pende dalla quercia esculenta" (cioè il vischio), può
forse essere la forma più antica delle due.
Il vischio veniva identificato con i genitali della quercia e quando i
Druidi lo staccavano lo facevano con un falcetto d'oro come fosse una
evirazione simbolica. Come dice Graves, in antichità si pensava
che il liquido appiccicosa del vischio fosse lo sperma della quercia,
dotato di grandi capacità curative.
Enea scese negli Inferi con un ramo di vischio in mano, come ricorda Frazer
nel "Ramo d'oro", per poter tornare nel mondo dei vivi.
Il fatto che Atena distribuisse ad Asclepio e ad Erittonio il sangue della
Gorgone fa supporre, secondo l'autore, che questo tipo di culto fosse
custodito dalle sacerdotesse e che chi cercasse di scoprirne il segreto
fosse punito con la morte (la testa della Gorgone è un forte monito).
Secondo lui, il sangue del re della quercia sacrificato, o del fanciullo
che lo sostituiva (vedi scontro tra re del vischio e re dell'agrifoglio
di cui Graves parla anche in "La Dea Bianca"), veniva probabilmente
distribuito durante il sacrificio con il succo di vischio. N.B. sia Erittonio
che Asclepio hanno una forma serpentina, quindi sono eroi oracolari; parecchi
serpenti, dice Graves, erano allevati nel tempio di Asclepio, poiché
erano simboli di rigenerazione (i serpenti cambiano pelle ogni anno).
La capra che allatta Asclepio è forse la Dea-Capra Atena (si ricordi
la sua egida in cui si rifugia Erittonio). Per la maledizione del corvo:
essa è comune sia ad Apollo che ad Atena; questo perché,
secondo Graves, quando Atena venne vista come Vergine e leale figlia di
Zeus, dovette seguire l'esempio di Apollo e maledire il corvo che un tempo
le era caro.
Europa e Cadmo
In questo mito si racconta di come Cadmo, figlio di Agenore (a sua volta
figlio di Libia e Poseidone) e di Telfassa (o Argiope) eresse un simulacro
di Atena a Tebe.
Cadmo disse ai compagni con cui era giunto là, che si doveva sacrificare
una vacca ad Atena e disse loro di attingere acqua lustrale presso una
fonte di Ares.
Ma egli non sapeva che la fonte fosse custodita da un serpente che morsicò
gli uomini; Cadmo si vendicò schiacciandogli la testa con una pietra.
Non appena ebbe fatto il sacrificio, la Dea apparve e lo lodò per
ciò che aveva fatto e gli ordinò di piantare sottoterra
i denti del serpente. Dopo che lo ebbe fatto, gli uomini che erano morti
balzarono in piedi.
Cadmo e Armonia
Qui si racconta del primo matrimonio di mortali a cui parteciparono gli
Dèi dell'Olimpo, cioè del matrimonio di Cadmo ed Armonia,
figlia di Afrodite e di Ares.
Atena aveva affidato la regione della Boezia a Cadmo che aveva espiato
8 anni di servizio come schiavo presso Ares per aver ucciso il serpente
alla fonte. Altre versioni raccontano che Atena gli diede in sposa Armonia
quando si recò in Samotracia. Atena donò alla sposa una
veste aurea che le conferiva una dignità divina ed una serie di
flauti.
Belo e le Danaidi
In questo mito si parla delle 50 figlie di Danao ( figlio di Re Belo regnante
di Chemmi, nella Tebaide ), chiamate Danaidi. Alla morte di Belo, il nostro
temette un complotto da parte dei fratelli e quando un oracolo gli diede
ragione e disse che il gemello Egitto voleva uccidergli le figlie, Danao
decise di fuggire dalla Libia, che egli governava. Ed ecco entrare in
scena Atena che lo aiutò a costruirsi una nave per sé e
per le figlie; fu per questo che poi Danao dedicò alla Dea una
statua a Rodi, dove passò per andare verso la Grecia.
Eaco
Questo mito parla di Eaco, figlio generato da una donna, Egina, e da Zeus.
Eaco regnava su Enone, sull'isola chiamata da lui Egina. Si racconta che
fu lui a chiamare la nuova gente con cui ripopolò l'isola "Mirmidoni"
(formiche) in occasione di un ringraziamento a Zeus.
Ma altri raccontano che i Mirmidoni furono così chiamati in onore
di Re Mirmidone, la cui figlia Eurimedusa fu sedotta da Zeus sotto forma
di formica e, da allora, le formiche sarebbero sacre in Tessaglia.
Altri narrano, invece, di una Ninfa chiamata Mirmece che, quando vide
la sua compagna Atena inventare l'aratro, si vantò di averlo inventato
lei per prima; per punizione, venne trasformata in formica dalla Dea.
Atamante
In questo mito viene citata una donna, Ino, sorella di Semele - la donna
da cui Zeus ebbe Dioniso.
Ino avrebbe aiutato la sorella a nascondere il piccolo Dioniso dall' ira
della moglie di Zeus, Era.
In una nota riguardante a questo racconto, Graves ci spiega che Ino è
anche chiamata Gorgopide (volto arcigno), che era un appellativo di Atena.
Tra l'altro, la povera Ino, a causa delle trame di Era, finisce per suicidarsi
buttandosi dal monte Moluride sul quale stava un tale Scirone che precipitava
i viandanti in mare. Questo Scirone, ci dice Graves, porta il nome del
bianco parasole (o paraluna) che veniva portato in processione in onore
di Atena; mentre la roccia Moluride egli ipotizza che potesse essere un
promontorio da cui venissero buttati giù il re sacro o i suoi sostituti
in onore della Dea Luna Atena/Ino.
Forse il parasole si usava per rallentare la caduta.
Perseo
Qui si parla dell'eroe Perseo, figlio di Danae e Zeus, sceso su di lei
sottoforma di pioggia d'oro. Egli venne cresciuto da Re Polidette, dopo
che suo fratello ebbe trovato un'arca - col bimbo e la madre - lasciata
su un fiume dal padre di Danae.
Sembra che Polidette volesse sposare a forza Danae e che Perseo si opponesse;
anche se altri raccontano che questo Re Polidette riuscì subito
a sposare Danae e che avesse cresciuto Perseo nel tempio di Atena. Fatto
sta che, nella prima versione del mito, pur di evitare che il Re sposi
sua madre, Perseo pensa di fargli, come dono di nozze con un'altra donna
(che il re finge di voler sposare al posto di Danae) la testa della Gorgone
Medusa e glielo dice. Il re sembra esserne contento.
Atena, sentendo il dialogo tra i due, ed essendo nemica dichiarata di
Medusa (avendola lei stessa trasformata nel mostro che è) accompagna
Perseo nell'impresa. Prima lo porta nella città di Dietterione,
nell'isola di Samo, dove oggi si vedono i simulacri delle tre Gorgoni,
perché Perseo possa distinguere Medusa dalle sorelle; poi gli consiglia
di non guardare mai negli occhi direttamente Medusa, ma la sua immagine
riflessa, e per questo gli dona uno scudo lucente.
Perseo va nel posto giusto, trova le Gorgoni addormentate tra le statue
di persone e animali pietrificati da Medusa; poi, egli fissa lo sguardo
sulla Medusa riflessa nello scudo, Atena guida la sua mano e con un solo
colpo di falcetto decapita la Gorgone. A questo punto, dal cadavere del
mostro escono il cavallo alato Pegaso e il guerriero Crisaore, con una
falce dorata in mano. Perseo non sa che Poseidone aveva generato precedentemente
questi esseri in Medusa all'ombra di un tempio di Atena.
Alla fine, seppellisce sotto un tumulo di terra la testa della Gorgone
nella piazza di Argo.
Per quanto riguarda Medusa, si racconta che fosse la bellissima figlia
di Forco che oltraggiò Atena e guidò in battaglia i Libici
del lago Tritonide.
Bellerofonte
Bellerofonte, figlio di Glauco e nipote di Sisifo, fu il personaggio che
dovette cercare di catturare Pegaso, il cavallo dallo zoccolo lunato (quindi
legato alla dea Lunare). In quel periodo, Pegaso, che di solito stava
sul monte Elicona, si trovava sull'Acropoli presso una delle fonti, la
fonte Pirene; Bellerofonte, rintracciandolo, gli passò sopra il
capo una briglia d'oro, dono di Atena. Altri però dicono che Atena
consegnò a Bellerofonte il cavallo già imbrigliato ed altri
ancora che fu il padre suo Poseidone a consegnarglielo (successivamente,
Bellerofonte uccise la Chimera con l'aiuto di Pegaso).
Come ci spiega Graves, il mito di Bellerofonte che domina Pegaso (il cavallo
della Luna usato nei riti propiziatori della pioggia) con l'aiuto di una
briglia fornitagli da Atena, lascia supporre che il candidato a diventare
il re sacro fosse incaricato dalla Triplice Musa ("dea della montagna")
o dalla sua rappresentante, di catturare un cavallo selvaggio; allo stesso
modo Eracle, più avanti, cavalcò Arione (essere lunare che
sta in alto).
Graves aggiunge poiche a giudicare da certi riti primitivi danesi e irlandesi,
la carne di questo cavallo venisse mangiata in modo sacrale dal re dopo
la sua rinascita simbolica dalla dea della montagna con la testa di giumenta
(una forma di Divinità femminile che si ritrova, tra l'altro, in
molte altre culture: pensiamo ad Epona o a Rhiannon, dee celtiche legate
sempre ai cavalli).
Per l'autore, questa parte del mito può ricordare anche la conquista
dei santuari della Dea della montagna ad Ascra, sul monte Elicona e a
Corinto, compiuta dagli invasori elleni. Un evento analogo si rispecchia
nella leggenda di Poseidone che usa violenza all'arcade Demetra dalla
testa di cavalla generando in lei il cavallo lunare Arione; inoltre, è
sempre Poseidone a usare violenza a Medusa, generando in lei Pegaso.
Gli amori di Minosse
In una nota riguardante il mito di Minosse, Graves ci dice che sembra
che a Creta il culto della capra precedesse il culto del toro (che si
ritrova anche in molte pitture parietali nella Creta Minoica) e che Pasifae
(che si innamora del toro, con cui genera il Minotauro), in origine, si
unisse al re-capro. Si parla qui di una donna, Britomarti, che per sfuggire
alla violenza che le voleva usare Minosse, scappando, si gettò
in mare (venne salvata poi dai pescatori). Per questo venne divinizzata
da Artemide con il nome Dittinna. Ma altri suoi nomi sono Afea (La signora
del lago) e Lafria. Lafria (colei che conquista il bottino), il nome dato
a Dittinna nell'Isola di Egina, era anche l'appellativo della Dea-capra
Atena che si narra fosse stata assalita dal caprino Pallade che essa scuoiò
servendosi poi della sua pelle per farsi l'egida.
L'epiteto "Lafria" ci fa supporre, dice Graves, che la Dea fosse
l'inseguitrice e non l'inseguita.
Teseo e Medea
In questo mito si parla della gelosia di Medea, seconda sposa di Egeo
(padre di Teseo) verso il figliastro (Teseo era figlio di Egeo ed Etra:
quando il bambino nacque, Egeo non lo seppe subito e così si prese
come sposa Medea pensando che con le sue arti magiche gli potesse dare
un figlio; evidentemente, temeva di non poter avere figli con l'altra
moglie).
In una nota, Graves ci parla della tribù di cui forse facevano
parte sia la Grande Sacerdotessa di Atena ad Atene, sia la Grande sacerdotessa
di Era: la tribù del leone ( di cui entravano a far parte i re
sacri per adozione ). Ma non solo: come Era aveva il cuculo come animale
di origine totemica, Atena aveva, oltre alla civetta, anche l'aquila marina
(nell'Odissea)e la rondine; mentre quando veniva rappresentata a fianco
di Apollo prendeva le forme di un avvoltoio (nell'Iliade) e, se era accanto
ad Era, come colomba. Su un vaso ateniese del 500 a.C. venne rappresentata
anche come allodola. Il nostro ci spiega anche che fino all'epoca classica
esisteva una cerimonia in cui gli iniziati della tribù della civetta
si travestivano come questo animale e dovevano cercare di catturare i
loro uccelli totemici in una cerimonia parecchio complicata.
Edipo
Qui si narra del cieco Tiresia, il veggente più famoso della Grecia
a quei tempi, che aiutò anche Edipo con i suoi vaticini.
Alcuni dicono che Atena, dopo aver accecato Tiresia perché inavvertitamente
l'aveva vista fare il bagno, si lasciò commuovere dalle lacrime
della madre di lui e, preso il serpente Erittonio dalla sua Egida, gli
ordinò : "Lava le orecchie di Tiresia con la tua lingua affinché
egli possa intendere il linguaggio profetico degli uccelli".
Inoltre, la Dea donò al nostro un bastone di corniola per reggersi.
I sette contro Tebe
Nel mito si narra di cosa accadde a Tebe dopo la cacciata e la morte del
re Edipo.
I due figli, Polinice e Eteocle, gemelli, si erano divisi i periodi in
cui regnare.
Ma accadde che Eteocle, con una scusa, non volle smettere di regnare e
fece cacciare il fratello. Così come venne bandito dalla città
un altro uomo, Tideo, con l'accusa di aver ucciso volontariamente il fratello
(anche se lui diceva che fosse stato un incidente). Questi due, Polinice
e Tideo, erano pretendenti alla mano delle figlie del Re Adrasto, regnante
di Argo. I due sposarono le figlie del re per diventare i principi di
Argo, ma prima del loro insediamento il re disse che voleva marciare su
Tebe, per conquistare quel regno. Venne fatta una spedizione di 7 campioni:
Polinice, Tideo e 5 uomini di Argo. Durante la guerra, un tebano, Melanippo,
ferì Tideo al ventre; Atena era molto affezionata a Tideo e quando
lo vide a terra morente si affrettò a chiedere a Zeus un filtro
miracoloso che l'avrebbe risanato subito. Ma Anfiarao, uno dei 7 campioni,
odiava Tideo che aveva spinto la gente di Argo a questa guerra ed allora,
con ingegno, corse da Melanippo e gli tagliò la testa gridando:
"Questa è la tua vendetta!" e diede la testa a Tideo.
Poi, gli disse: "Spacca il cranio e inghiottine il cervello":
Tideo obbedì e Atena, che arrivava in quel momento con il filtro,
lo rovesciò a terra fuggendo disgustata.
Il processo ad Oreste
Qui si parla del processo fatto ad Oreste a seguito dell'assassinio, perpetrato
da lui con la complicità della sorella Elettra, contro la madre
Clitemnèstra ed il suo amante, Egisto, poiché essi avevano
ucciso il Re Agamennone - sposo di Clitemnèstra e padre di Oreste
ed Elettra ( i quali avevano voluto vendicarlo ).
Durante questo processo, Atena diede una mano ad Oreste, avendone sentito
le suppliche nel suo nuovo territorio troiano, lo Scamandro; giunse ad
Atene e raccolse i più nobili tra i cittadini e i giudici per giudicare
quel caso di omicidio. Oreste venne difeso da Apollo mentre le Erinni
(che erano personificazioni dei rimorsi di coscienza e perseguitavano
chi avesse commesso una grave "hybris") fecero la parte delle
accusatrici. Siccome la votazione dei giudici si chiuse alla pari, Atena
si dichiarò dalla parte di Agamennone - il vendicato - dando il
suo voto decisivo in favore di Oreste che venne prosciolto.
Le Erinni placate
Qui si racconta che, a seguito dell'aiuto ricevuto dalla Dea, Oreste dedicò
un altare ad Atena Guerriera; ma le Erinni insoddisfatte minacciarono
di rendere sterile l'Attica, con la conseguente morte della popolazione.
Allora Atena cercò di placarle adulandole: finse di ammettere che
le Erinni fossero più sagge di lei e propose loro di stabilirsi
in una grotta nei pressi di Atene, dove sarebbero state onorate da una
grande quantità di devoti; la Dea promise loro altari, sacrifici,
libagioni e anche primizie dopo ogni matrimonio che si fosse celebrato
e per la nascita di ogni bambino ecc. Se avessero accettato, nessuna casa
ateniese che non onorasse le Erinni avrebbe potuto prosperare: ma esse,
in cambio, dovevano impegnarsi ad invocare i venti favorevoli per la flotta
della città e messi abbondanti e matrimoni fecondi, estirpando
la razza degli empi, cosicché ad Atene fosse assicurata la vittoria
in guerra. Le Erinni accettarono l'offerta. Da quel giorno esse, invocate
col nome di Venerande, lasciarono Atene e vennero celebrate dal popolo.
Solo tre delle Erinni, però, avevano accettato la proposta di Atena.
Le altre continuarono a perseguitare Oreste.
Ifigenia in Tauride
In seguito alle Erinni che non accettarono l'idea di Atena, Oreste andò
a Delfi minacciando di suicidarsi se Apollo non lo avesse liberato dalle
persecutrici. La Pizia, allora, gli disse di partire per andare fino al
Mar Nero e che si sarebbe liberato dal tormento se egli si fosse impadronito
della statua lignea di Artemide nel Chersoneso, in Tauride, per riportarla
ad Atene (o, in un'altra versione, nell'Argolide).
Fatto sta che, una volta trovata la statua, mentre cercava di metterla
in mare con l'aiuto di altri, tra cui anche Ifigenia (che egli credeva
morta in un sacrificio) un vento improvviso li scagliò verso la
riva rocciosa e sarebbero tutti morti se Atena non avesse pregato Poseidone
di placare il mare.
Poco dopo, nel suo viaggio di ritorno, Oreste si fermò nell'isola
di Sminto. Atena, comunque, aiutò Oreste anche cercando di placare
il re della Tauride, Toante (figlio di Arianna e Dioniso) che avrebbe
voluto punire i fuggiaschi - Oreste e compagnia bella - che stavano fuggendo
con la statua.
Alla fine Oreste riuscì ad uccidere Toante e a giungere sano e
salvo a Micene con il simulacro della Dea, e le Erinni lo lasciarono stare.
Altri dicono che sia giunto a Rodi, ma si racconta anche che Atena sia
apparsa ad Oreste dicendogli di andare a Braurone, dove la statua avrebbe
dovuto essere messa nel tempio di Artemide Tauropolo e placata col sangue
sgorgato dalla gola di un uomo. Atena designò Ifigenia come sacerdotessa
di quel tempio, dove sarebbe vissuta fino alla morte. Le offerte al rito
avrebbero dovuto comprendere anche gli abiti delle ricche matrone morte
di parto.
La giovinezza di Eracle
Qui si parla di Eracle, figlio di Alcmena e di Zeus.
Per paura della gelosia di Era, Alcmena lasciò il bimbo in un campo;
su istigazione di Zeus, Atena portò a passeggiare Era proprio in
quel luogo.
Atena, fingendo sorpresa, disse ad Era: "Guarda, mia cara, che bimbo
eccezionalmente robusto!", prendendo il bimbo tra le braccia. Atena
convinse Era, che aveva il latte, ad allattare la creatura.
Il piccolo Eracle si attaccò al petto della Dea con tale forza
che lei staccò il bimbo da sé facendo schizzare del latte
nel cielo, dando origine alla Via Lattea. Era disse che il bambino era
un mostro e lo disprezzò, ma ormai, avendo bevuto il di lei latte,
Eracle era immortale ed Atena ridiede con gioia il bimbo ad Alcmena.
La seconda fatica: l'idra di Lerna
Qui si parla di come Atena aiutò Eracle contro il mostro idra.
Quando Eracle giunse a Lerna, lei gli indicò la tana del mostro.
Dietro consiglio di Atena, Eracle costrinse l'idra ad uscire dalla tana
tempestandola di frecce infuocate e poi l'assalì trattenendo il
fiato.
La sesta fatica: gli uccelli Stinfali
In questa avventura dell'eroe, Atena gli diede una mano nel cacciare gli
uccelli sacri ad Ares che avevano becchi, artigli e ali di bronzo ed erano
divoratori di uomini; essi vivevano lungo la palude Stinfalia. Mentre
Eracle indugiava incerto sulla riva della palude, Atena gli donò
un paio di nacchere di bronzo (o un sonaglio), fabbricate da Efesto; Eracle
cominciò a battere l'una contro l'altra e gli uccelli si alzarono
in volo, pazzi di terrore.
A questo punto, il nostro li uccise a dozzine.
In una nota legata al mito, Graves ci dice che, benché Atena continui
ad aiutare Eracle, questa fatica non fa parte, a suo parere, di quelle
prove che precedevano le nozze sacre (sempre nell'ottica dei riti matriarcali)
ma glorifica Eracle come il risanatore che scaccia i demoni delle febbri,
identificati come uccelli di palude.
La dodicesima fatica: la cattura di Cerbero
Qui si narra di quando Eracle dovette scendere nel Tartaro (gli Inferi)
per catturare il cane a tre teste, Cerbero, dopo essersi prima fatto iniziare
ai misteri Eleusini per prepararsi all'impresa.
Nella sua discesa al Tartaro fu accompagnato da Atena e da Ermete; ed
ogni volta che egli era esausto, la Dea lo confortava. E fu grazie al
suo aiuto che riuscì, una volta sconfitto Cerbero, ad attraversare
sano e salvo lo Stige.
La conquista dell'Elide
Al ritorno dalle fatiche, Eracle mosse guerre al re dell'Elide, che odiava.
Alla prima guerra non vinse, ma nella seconda sì. Dopo averla messa
a ferro e fuoco, Eracle decise di ripopolare la città e le vedove
dei guerrieri elei, che furono obbligate a giacere con i soldati di Eracle,
pregarono Atena perché potessero rimanere incinte al primo rapporto:
la Dea esaudì questa preghiera ed in segno di gratitudine le donne
alee fondarono un santuario ad Atena Madre.
La conquista di Pilo
Dopo aver attaccato l'Elide, Eracle attaccò la città di
Pilo che si era schierata con Elide. Atena si schierò con lui,
mentre Pilo fu protetta da Era, Poseidone, Ade e Ares.
Mentre Atena teneva occupato Ares, Eracle affrontò Poseidone, vincendo
su di lui. Poi aiutò Atena contro Ares, vincendolo e ferendolo
gravemente. La battaglia andò avanti parecchio. Atena lo aiutò
anche a salvarsi da Periclimeno, l'Argonauta, che trasformandosi in aquila
rischiò di accecare Eracle.
Per quanto riguarda questo mito, Graves ci spiega che probabilmente questo
racconto potrebbe essere un altro episodio dell'invasione achea del Peloponneso
avvenuta nel XIII° secolo.
Era, Poseidone, Ade e Ares, cioè le divinità più
antiche, danno il oro aiuto ad Elide; le più giovani, come Atena,
nata dalla testa di Zeus, ed Eracle come figlio di Zeus, si oppongono
ad esse.
Auge
In questo mito si racconta di come Eracle, ubriaco, sembrava avesse fatto
violenza alla principessa e sacerdotessa di Atena, Auge (anche se alcuni
narrano che forse l'incontro tra i due fosse voluto da entrambi).
Un rapporto sessuale, tra l'altro, avvenuto proprio nel tempio della Dea.
In una nota legata al racconto, Graves ci dice probabilmente, questa violenza
alla sacerdotessa, possa far identificare questa Atena con Neith o Anatha,
una dea lunare orgiastica le cui sacerdotesse si univano ogni anno col
re sacro per assicurare un buon raccolto.
Questa usanza, ci dice, sopravvisse in parte anche nel tempio di Ercole
a Roma - dove la moglie del dio si chiamava Acca - e a Gerusalemme dove
, prima delle riforme religiose dell'Esilio, pare venisse celebrato il
matrimonio sacro ogni anno, a settembre, tra il gran sacerdote che rappresentava
Geova e la Dea Anatha. I figli divini che nascevano da queste unioni diventavano
gli Spiriti del Grano dell'anno successivo; Atena Alea, infatti, era una
dea del grano patrona dei mulini.
Deianira
In questo mito si narra di come Eracle corteggiò Deianira, figlia
di Dioniso. Ella non era interessata al matrimonio. E secondo Graves,
anche per il suo amore per la guerra, Deianira poteva essere una personificazione
della pre-olimpica Atena, dea delle battaglie.
Eracle a Trachine
Eracle si stabilì per un po' di tempo a Trachine e dopo questo
periodo e varie altre avventure, si spostò a Itono, nella Ffotide,
dove vi era un antico tempio di Atena. Qui incontrò Cicno, figlio
di Ares e Pelopia, che offriva grandi premi a chi si sfidasse con lui
in una gara al cocchio. Ai perdenti egli tagliava le teste e le appendeva
sul tempio del padre Ares (n.b. questo Cicno, però, non è
lo stesso Cicno che Ares ebbe a Pirene e che poi divenne cigno).
Siccome Cicno razziava le mandrie del tempio di Delfi, Apollo spinse Eracle
ad accettare la sfida. Eracle si presentò con la corazza d'oro
donatagli da Atena, con l'auriga Iolao (mentre l'auriga di Cicno era Ares).
Ma la Dea lo avvertì che, nonostante avesse avuto da Zeusa la facoltà
di uccidere Cicno, a lui sarebbe spettato solo di difendersi da Ares e,
anche se vittorioso su Cicno, non avrebbe dovuto spogliarlo dell'armatura
né dei cavalli.
Atena, poi, salì sul cocchio di Eracle, scrollò l'egida
e fece scattare in avanti il cocchio. Eracle riuscì ad uccidere
Cicno e poi affrontò Ares: il Dio scagliò su di lui la sua
lancia, ma Atena la deviò; Ares venne ferito e alla fine venne
portato svenuto da Atena sull'Olimpo.
Secondo Graves, il fatto che Atena salga sul cocchio di Eracle, significa
che essa rappresenta la sposa del nuovo re sacro (Eracle, appunto).
La riunione degli Argonauti
Qui si parla del viaggio verso la Colchide da parte di Giasone e degli
Argonauti per riprendere il Vello D'oro e portarlo in terra di Iolco.
Atena stessa ornò la prua della nave Argo con una figura di buon
auspicio, intagliata in una quercia di Dodona sacra al padre Zeus.
La conquista del Vello d'oro
Qui si parla di come Era e Atena pensarono di aiutare il loro protetto
Giasone nella conquista del vello; alla fine chiesero aiuto ad Afrodite
la quale ebbe l'idea di fare innamorare Medea di Giasone, con l'aiuto
di Eros. Il tutto perché Medea, grande maga, lo avrebbe potuto
facilitare con le sue arti magiche. Ed in effetti, così fu; addirittura,
grazie a lei, ultima erede del re di Corinto, Giasone poté regnare
per dieci anni sulla città.
La fondazione di Troia
Troia o Ilio non si è sempre trovata dove pensiamo noi. All'inizio,
dopo che un oracolo disse a Dardano di non fondare una città sulla
collina Ate, dove invece lui avrebbe voluto, poiché se no sarebbe
stata una città disgraziata, venne costruita alle pendici del monte
Ida, chiamandosi Dardania.
Dardano, uno dei re di questa prima città, venne a sapere da un
oracolo che, finché la dote di sua moglie fosse rimasta sotto la
protezione di Atena, la città che stava per fondare sarebbe stata
invincibile. Dardano aveva diversi figli, tra cui Ilo che aveva vinto
la gara di lotto ai giochi in Frigia; il Re Frigio gli diede anche una
mucca pezzata e gli consigliò di fondare una città là
dove la mucca si fosse stesa.
Così fece: la mucca si stese a dormire sulla collina di Ate e là,
Ilo fondò la sua Ilio.
Tracciato il solco che segnava i confini della città, Ilo pregò
Zeus perché gli desse un segno e il mattino dopo trovò davanti
alla tenda un oggetto di legno, per metà sepolto nella terra e
coperto di erbacce. Questo oggetto era il Palladio, un simulacro senza
gambe alto tre cubiti, fatto da Atena in memoria della sua compagna di
giochi libica Pallade.
Pallade (nome che poi Atena aggiunse al suo) reggeva una lancia nella
mano destra e una rocca e un fuso nella sinistra. Il suo petto era coperto
dall'egida. Atena pose prima il simulacro sull'Olimpo, accanto al trono
di Zeus, dove gli furono tributati grandi onori; ma quando la bisnonna
di Ilo, la Pleiade Elettra, fu violata da Zeus e insozzò il simulacro
con il suo tocco, Atena - furibonda - scaraventò lei e il simulacro
sulla terra. Apollo, allora, consigliò ad Ilo di aver cura della
Dea caduta dal cielo così la città sarebbe stata protetta,
poiché la forza e il potere, disse, accompagnavano sempre la Dea
ovunque.
Ilo obbedì all'oracolo ed innalzò sulla cittadella un tempio
che ospitasse il simulacro.
Anche se altri raccontano che il tempio fosse già in costruzione
quando la statua discese dal cielo come dono della Dea.
Si dice che un giorno, quando il simulacro si trovava ancora in mano ai
troiani, Ilo si precipitò tra le fiamme del tempio per salvarlo
e rimase accecato; ma in seguito, riuscì a placare Atena e recuperò
la vista.
Paride ed Elena
Qui si parla dell'amore famoso tra Paride ed Elena che portò alla
guerra di Troia. Perché Zeus e Temi fecero scoppiare la guerra
di Troia? Diciamo che il motivo è poco chiaro.
Ma la decisione era già stata presa molto tempo prima, quando la
Dea Eris gettò la mela d'oro della discordia con la scritta "Alla
più bella" sul tavolo del banchetto di nozze tra Peleo e Teti.
Zeus non volle saperne di appianare la discussione tra Era, Atena ed Afrodite
e lasciò che Ermete guidasse le tre dee sul monte Ida dove Paride,
figlio di Priamo e di Ecuba (regnanti di Troia), avrebbe fatto da arbitro.
C'è però da fare una premessa su Paride: poco prima della
sua nascita, Ecuba sognò che questo bambino avrebbe portato alla
rovina Ilio. E vi fu anche una profezia che disse che si dovevano uccidere
tutte le principesse troiane e i loro figli nati in un certo giorno.
In quel giorno anche Ecuba partorì, ma Priamo risparmiò
loro la vita. Insomma, Priamo, invece che uccidere egli stesso il figlio,
diede questo compito ad un pastore, Agelao, che non ne ebbe cuore e abbandonò
il bimbo sul monte Ida dove venne allattato da un'orsa (che fosse la Dea?).
Avendo visto questo prodigio, il pastore se lo portò a casa crescendolo
come un figlio. Crebbe e divenne una persona leale come si vide in una
gara di tori con Ares: Paride aveva promesso che il vincitore avrebbe
ottenuto una corona d'oro e in effetti, quando Ares vinse, Paride onestamente
lo premiò.
Questo piacque agli Dèi e per questo fu scelto lui come giudice
della sfida tra le Dee. Quindi: quando Era, Atena e Afrodite giunsero
con Ermete sul monte, si trovarono questo giovane a giudicarle; subito
le fece spogliare per osservarle. Atena chiese che Afrodite si togliesse
la cintura magica che faceva innamorare tutti gli uomini di lei, mentre
Afrodite volle che Atena si togliesse l'elmo perché così
sarebbe stata più brutta.
Ognuna di loro cercò di "corromperlo": Era con il potere
e la ricchezza, Atena con la bellezza, la saggezza e la vittoria di tutte
le battaglie; ma nessuna delle due ebbe la meglio. Queste due cose non
gli interessavano.
Afrodite, invece, gli promise Elena, la donna più bella della Grecia
e moglie di Menelao, dicendogli che Eros lo avrebbe accompagnato a Sparta
per farla innamorare di lui. Subito Paride diede a lei la mela, facendosi
così odiare da Era e Atena che se ne andarono complottando la distruzione
di Troia.
La prima riunione in Aulide
Nel mito si narra, oltre che di Paride ed Elena e dei re greci, anche
del giovane Achille, cresciuto da Chirone e sorvegliato con ammirazione
sia da Artemide che da Atena fin dalla giovane età. Inoltre, si
parla anche di Aiace, figlio di Telamone re di Salamina, secondo solo
ad Achille e suo cugino.
Costui era molto tracotante e credeva di non aver bisogno dell'aiuto degli
Dèi, attirando su di sé la loro ira. In una occasione, mentre
Atena lo incitava in guerra, lui le gridò di allontanarsi e di
incitare gli altri perché lui ce la faceva benissimo da solo. Questo
comportamento lo avrebbe portato alla morte.
La pazzia di Aiace
Quando Teti, madre di Achille, decise di assegnare le armi del figlio
- dopo la sua morte - al più valoroso dei Greci, soltanto Aiace
e Ulisse, che avevano coraggiosamente difeso, spalla a spalla, il cadavere
di Achille, si fecero avanti. Mentre i due si vantavano di grande imprese
in battaglia, Agamennone mandò una spia a sentire cosa dicevano
in proposito i nemici. Una giovane lodò Aiace per aver trascinato
via il cadavere di Achille dal campo di battaglia mentre un'altra, per
ispirazione di Atena, lo denigrò e lodò Ulisse.
Quindi, le armi andarono a lui. Aiace fu così accecato dall'ira
che decise di vendicarsi la sera stessa: ma Atena lo colpì con
una crisi di pazzia ed egli si aggirò furibondo con la spada in
mano tra le mandrie e le greggi razziate a Troia.
Fece un vero macello di questi animali. Recuperato il senno, però,
cadde nella disperazione più cupa; lasciando la moglie e il figlio
Eurisace, e con la scusa di doversi bagnare nel mare per sfuggire all'ira
di Atena e trovare un pezzo di terreno incolto dove seppellirvi la spada,
si suicidò.
Il fratello Teucro, tornato da lontano, rischiò di essere ucciso
per il macello fatto da Aiace e andò a cercare il fratello poiché
Calcante (profeta) gli disse che egli era stato fatto impazzire da Atena.
Lo trovarono già morto.
Alcuni ritengono, però, che il litigio tra Ulisse ed Aiace fosse
sorto per decidere chi dei due dovesse tenere il Palladio che avevano
rubato da Troia dopo la caduta della città.
Sembra poi che il figlio di Eurisace, Fileo, diventato cittadino ateniese,
offrì la sovranità su Salamina ad Atena.
Il cavallo di legno
Fu Atena ad ispirare l'idea del cavallo di legno ai Greci ed anzi fu lei
stessa a dirigerne la costruzione. Fu Epeo, nato codardo a causa di una
falso giuramento fatto da suo padre su Atena in passato, a costruire il
cavallo di legno di faggio, vuoto all'interno, con una porticina su un
lato e sull'altro la scritta che diceva che il cavallo era consacrato
ad Atena.
Priamo e i figli, vedendo che era un tributo alla Dea, proposero di portarlo
nella città (per non essere sacrileghi verso di lei) causando così
quella che sarebbe stata la distruzione di Troia.
Il sacco di Troia
Durante il saccheggio della città, avvennero cose davvero orribili,
come ad esempio il tentativo di violenza da parte del piccolo Aiace su
Cassandra, rifugiatasi nel tempio di Atena pur di salvarsi: per non essere
trascinata via, ella si attaccò alla statua della Dea obbligando
Aiace a rimuovere anche la statua e facendo adirare Atena.
Alla fine, Aiace venne punito per questo atto: si narra che la stessa
Atena lo polverizzò con un fulmine preso in prestito dal padre
Zeus.
L'ira di Pallade ricadde, poi, su quelle che erano le terre governate
da Aiace, cioè Locri Opunzia.
L'oracolo delfico disse ai sudditi di quelle terre che sarebbero stati
perseguitati dalla carestia e dalla pestilenza se non avessero mandato
due fanciulle a Troia ogni anno per duecento anni.
Da quel giorno, hanno fatto questo le cento famiglie più illustri
di Locri: si facevano sbarcare di nascosto le fanciulle (estratte a sorte)
a notte fonda sul promontorio Reteo in stagioni sempre differenti e venivano
introdotte nel tempio di Atena, tramite il cunicolo segreto già
usato a suo tempo da Ulisse e Aiace per rubare il Palladio.
Se le ragazze venivano trovate dai troiani, essi le uccidevano, ma una
volta entrate nel tempio erano salve. Venivano tosate, portavano abiti
da schiave e facevano lavori umili nel sacro recinto finché un
paio di altre fanciulle non davano loro il cambio.
Questo è un caso storicamente accertato, dice Graves.
Sembra che la Ilio di Priamo fosse stata colonizzata in parte da Locresi,
una tribù pre - ellenica di Lelegi.
Essi godevano del diritto ereditario del privilegio di fornire ad Atena
una certa quantità di sacerdotesse; lo continuarono a fare per
molti anni dopo la fine della guerra di Troia. Questa "maledizione"
di Atena durò mille anni ed ebbe termine nel 264 a.C.
Le peregrinazioni di Odisseo
Durante il viaggio di ritorno verso Itaca, Atena aiuta Odisseo in vari
momenti. Uno di questi avviene quando l'eroe lascia l'isola di Calipso:
la Dea crea un vento che placa le onde ( all'insaputa di Poseidone ) davanti
ad Ulisse e due giorni egli può così approdare all'isola
dei Feaci.
Il ritorno di Odisseo
Al suo arrivo ad Itaca, Ulisse non riuscì a riconoscere la sua
isola a causa della nebbia in cui l'aveva avvolta Atena.
La Dea gli si presentò sottoforma di pastorello ed ascoltò
il suo lungo racconto. Ulisse narrò di essere cretese, fuggito
a bordo di una nave dopo aver ucciso il figlio di Idomeneo e abbandonato
sulla spiaggia contro la sua volontà.
Egli chiese al pastorello che isola fosse quella e Atena, ridendo, gli
accarezzò la guancia dicendogli: "Sei un meraviglioso bugiardo,
se già non conoscessi la verità ti avrei creduto. Ciò
che mi sorprende è tuttavia che tu non mi abbia riconosciuto. Io
sono Atena. I Feaci ti sbarcarono qui per mio ordine. Mi spiace che tanti
anni siano passati prima che io potessi ricondurti a casa ma non osavo
offendere mio zio Poseidone aiutandoti in modo troppo palese."
La Dea gli consigliò, poi, di nascondere le ricchezze donategli
dai Feaci e lo trasformò in un povero mendicante, portandolo alla
casa del porcaro Eumeo, fedele ad Ulisse.
Atena era appena giunta da Sparta dove Telemaco (il figlio di Odisseo)
si era recato per chiedere notizie del padre a Menelao.
E questo perché c'era il problema dei Proci, i principi che volevano
prendere in sposa Penelope ed occupare il trono di Ulisse. Essi si erano
messi d'accordo per uccidere Telemaco al suo ritorno da Sparta.
Per questo, Atena lo aveva fatto ripartire in gran fretta da là.
Contemporaneamente al viaggio di Telemaco, quindi, Ulisse venne ospitato
da Eumeo e, finché Atena non gli diede il suo consenso, non disse
niente sulla vera sua identità. Poi, al ritorno di Telemaco,si
scoprì anche col figlio.
Successivamente, Eumeo guidò nella sala dei banchetti Ulisse dove
Telemaco finse di non conoscerlo. Apparve così Atena (invisibile
a tutti tranne che ad Ulisse) che consigliò al nostro di aggirarsi
in mezzo ai tavoli mendicando cibo per rendersi conto di che razza di
uomini fossero i pretendenti: essi erano avari ed avidi.
Più avanti, Ulisse/mendicante parlò con Penelope: egli le
raccontò di aver incontrato Odisseo, e contemporaneamente Penelope
ordinò alla vecchia nutrice di lavargli i piedi. La vecchia (Euriclea),
riconobbe la ferita alla coscia di Ulisse e lanciò un urlo di sorpresa:
ma lui la prese per la gola pregandola di non dire nulla, mentre Penelope
non si accorse di niente poiché Atena aveva distratto la sua attenzione.
Durante la strage fatta da parte di Odisseo e Telemaco contro i Proci,
poi, Atena - in veste di rondine svolazzò sulla sala finché
tutti i pretendenti giacquero morti all'infuori dell'araldo e dell'aedo;
non avendogli fatto del male direttamente, Ulisse li risparmiò
(anche perché le loro persone erano sacre).
Dopo di ciò, il giorno successivo si avvicinò un gruppo
costituito dai parenti dei Proci uccisi che volevano affrontare Odisseo
, il quale si trovò ad essere aiutato dal padre Laerte; la lotta
sembrava andare a favore di Ulisse, ma Atena intervenne e propose una
tregua.
Atena: la Dea Bianca
Il libro "La Dea bianca" parla moltissimo di Atena, mettendola
in relazione con altre divinità provenienti da differenti culture;
inoltre, potremmo dire che il libro tragga il suo titolo da un momento
dell'Odissea in cui la Dea Bianca Ino (Atena) appare ad Ulisse in difficoltà
in mare (Odissea, Libro V, 313-364).
L'idea di una Dea Bianca si ritrova, poi, in tanti miti diversi; pensiamo
alle cerve bianche che rappresentavano la Dea o alla scrofa bianca, la
Dea celtica Kerridwen.
Il bianco, insomma, è uno dei colori della Dea un po' ovunque.
Diciamo che nel libro di Graves vi sono alcuni passaggi interessanti;
alcuni sono presenti anche nel testo "I miti greci" dello stesso
autore, cose che sono già state dette, mentre altre possono essere
aggiunte per completare il discorso.
Nel capitolo: "Cane, capriolo, pavoncella", Graves ci parla
del culto di Bran (Dio Irlandese) che mostra molti elementi simili ad
Asclepio, il quale era legato al corvo, poiché sua madre era Coronide
(cornacchia), probabilmente epiteto di Atena a cui questo animale era
sacro in origine.
Suo padre era Apollo, il cui animale sacro era sempre il corvo. Per cui,
viene sostenuta l'ipotesi che in realtà Asclepio fosse figlio di
Atena. Tanto è vero che fu proprio lei a donare ad Asclepio il
sangue della Gorgone per guarire. Più avanti, nel capitolo "La
Dea bianca", il nostro ci dice che la relazione che Asclepio, Dio
della medicina, aveva con Atena poteva essere quella che c'era tra Iside
e Thoth, Esmun con Istar, Diancecht con Brigit, Odino con Freya e Bran
con Danu: un rapporto di "subalternità", in quanto era
grazie alla Dea che egli poteva svolgere la sua funzione.
In un capitolo successivo, "L'alfabeto arboreo (1 )", l'autore
ci parla del salice, pianta sacra alla Dea della luna ed ai poeti. "Il
salice" – dice - "è l'albero degli incantesimi,
il quinto albero dell'anno ( secondo il calendario celtico Beth-Luis-Nion
- n.d.r.), e cinque (V) era il numero sacro alla dea-Luna romana Minerva
(che condivide con la Dea Indiana Kali, - n.d.r.).
Il mese va dal 15 aprile al 12 maggio e a metà di questo periodo
cade la festa di Calendimaggio (30 Aprile-1° Maggio, festa di Beltane;
- n.d.r.) famosa per le sue baldorie orgiastiche e la rugiada magica.
E' possibile che portare in processione rami di salice la domenica delle
Palme, festa mobile che di solito cade agli inizi di Aprile, sia un'usanza
che propriamente appartiene all'inizio del mese del salice.
Sempre riguardo a questo, più avanti, ne "Il sacro e ineffabile
nome di Dio", si parla del calendario etrusco, adottato dai romani
durante la Repubblica, che "era ordinato per "nundina"
o periodi di otto giorni, in greco "ogdoadi" e anche qui egli
riparla del numero 5 legato a Minerva.
Il discorso continua: "Possiamo identificare Minerva con Carmenta,
perché a Roma le si attribuiva l'invenzione delle arti e delle
scienze e perché durante la sua festa, i Quinquatria, si mettevano
in acqua barche decorate di fiori fatte probabilmente di legno d'ontano.
Quinquatria significa "le cinque sale", presumibilmente cinque
stagioni dell'anno, e le si celebrava cinque giorni dopo la festa primaverile
dell'Anno Nuovo della dea calendariale Anna Perenna (di cui si parlerà
dopo - n.d.r.).
E' quindi possibile che i cinque giorni fossero quelli che restano dopo
la divisione dell'anno in cinque stagioni di 72 giorni ciascuna (si ricordi
che il 5 e il 72 sono numeri sacri anche nel sistema Beth-Luis-Nion)".
Nel capitolo "La canzone di Amergin" si parla delle già
citate origini Libiche di Atena (cosa che sosteneva già Erodoto,
il quale la collegava alla dea Neith), del suo essere una dea-capra e
anche del fatto che la Dea fosse patrona dell'arte augurale.
In "Palamede e la Gru", invece, si parla del suo ruolo nell'uccisione,
da parte di Perseo, della Gorgone, nemica della Dea.
Sembra che in realtà, la gente di Argo, nel periodo di Pausania,
descrivesse Medusa come un'affascinante regina libica decapitata dal loro
antenato Perseo in seguito ad una battaglia e che pertanto, dice Graves,
la si possa identificare con la dea serpente libica Lamia (Neith), tradita
da Zeus e diventata rapitrice e divoratrice di bambini. Quindi, indirettamente,
dovrebbe essere Atena stessa, divenuta secondaria dopo la venuta del patriarcato.
Perseo, prima di andare ad uccidere Medusa, si prepara e va delle tre
Graie/Moire (che avevano come animale sacro il cigno o, probabilmente,
la gru) le vecchie sorelle velate delle Gorgoni, che avevano fra tutte
un solo occhio e un solo dente. Sottratti loro l'occhio e il dente, si
prepara con le armi donategli da Atena (lo specchio) e da Ermes (un falcetto
d'oro) e dai sandali alati come quelli di Ermes ottenuti dalla tre Ninfe.
Sia le Graie che le Ninfe sarebbero aspetti della Dea triplice: come Dea
del fato e dell'amore.
Secondo Graves questo racconto nasconde altro, in modo piuttosto complesso
(descrivere qui il suo ragionamento sarebbe assai difficile), ovvero la
scoperta dell'interpretazione del volo degli uccelli e dell'interpretazione
dell'alfabeto inventato da Carmenta/Atena da parte del Dio, discorso collegato
all'interpretazione che l'autore fa del Beth Luis Nion. Inoltre, egli
sostiene (come già aveva fatto J.E. Harrison) che non sia mai esistita
una vera Gorgone, ma che essa fosse un tipo di maschera indossata dalle
sacerdotesse della dea portate per spaventare i profani; i sibili da loro
emessi spiegherebbero il perché dei serpenti. Analogamente nella
Grecia antica, dice Graves, "si usava mettere una maschera della
Gorgone sugli sportelli dei forni e delle fornaci per spaventare gli spiriti
che avrebbero potuto aprirli e rovinare la cottura." Nello stesso
capitolo si spiega poi che la Gru era un animale sacro ad Atena.
In "Il dio dal piede di toro", invece, si parla della civetta,
sacro alla dea, che la accomuna alla Dea Lilith assiro - babilonese, poi
demonizzata nei miti ebraici come la prima donna di Adamo - una donna
sessualmente libera e che non voleva essere a lui sottomessa - divenuta
un demone succube che torturava nel sonno i bambini, simile alla megera
Annis succhia - sangue nel folklore britannico.
In "Una conversazione a Pafo nel 43 d.C.", invece, si disquisisce
del perché il nome Pallade (Pallas) di origine maschile (e che
si ritrova nei miti greci come nome di molti eroi maschi e delle stirpe
dei Pallantidi) sia potuto divenire un nome della dea.
L'ipotesi è che essa sia divenuta un androgino.
Graves dice: "Ci sono parecchi esempi di questo genere: Sin , la
divinità lunare dei Semiti, Baalith in Fenicia, il persiano Mitra.
All'inizio si tratta di una divinità femminile e onnipotente, poi
compare un dio altrettanto potente e i due o diventano gemelli, com'è
successo ad Artemide, quando accettò di dividere Delo con Apollo
di Tempe, oppure vengono fusi in un'unica divinità bisessuale.
Così l'inno orfico celebra Zeus a un tempo padre e Vergine Eterna.
(…)", come nell'inno orfico ad Atena, dove la si descrive come
"maschio e femmina".
Graves continua: " E Varrone (…) scrivendo della Trinità
Capitolina, dichiara (…) che insieme formano un solo dio: Giunone
è la Natura in quanto materia, Giove la Natura in quanto impulso
creativo e Minerva la Natura in quanto mente che tale impulso dirige.
(…) spesso Minerva impugna la folgore di Giove; e dunque se Giove
è la Vergine Eterna, Minerva è analogamente il Padre Eterno.
(…)
Minerva è universalmente identificata con Pallade Atena, dea della
Saggezza. Atena sta a Pallade come Minerva sta a Giove:è la sua
metà migliore." Inoltre, continua: "una divinità
bisessuale rimane naturalmente casta, a giudicare almeno nel caso di Minerva"
che viene vista come la Dea che vorrebbe "redimere" il Padre/Alter
ego maschile Zeus dalla sua… libertà sessuale.
In "Le acque dello Stige", Graves parla della dea pelasgica
Anna Perenna, "Anna Perenne", che nei Fasti di Ovidio si dice
venisse considerata da alcuni come la dea Lunare Minerva e che fosse legata
alla triplice figura Ana, Badb, Macha; quest'ultima, come dea mortifera,
era legata alla cornacchia come Atena (come anche la Morrigan ecc.; un'altra
cosa che ci fa capire che Atena era in origine anche Dea della Morte).
Graves si riferisce qui ad un altro autore, E. M. Parr, che sosteneva
che "An” in sumero significasse "cielo" e che secondo
lui la dea Atena era un altro tipo di Anna, ossia Athenna, inversione
di Anatha, o la Neith libica.
In "L'unico tema poetico" si parla di un ulteriore epiteto della
dea, "Peonia", da cui nascerebbe il nome del fiore selvatico
omonimo, tipico del Mediterraneo, che sboccia solo all'equinozio di primavera
e perde presto i suoi petali.
© 2005 Questo è un testo
scritto da Xenia per il quaderno Labrys n.2- Imbolc 2005,
e inserito con il permesso dell'autrice, nel sito www.ilcerchiodellaluna.it
il 5 dicembre 2005.
Meditazione Guidata per Atena
In ogni tempo di progetti e battaglie, come nei momenti in cui sentiamo il bisogno contattare la nostra saggezza, la nostra centratura e il nostro potere, può essere importante incontrare le energie di Atena.
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Bibliografi
e fonti:
Enciclopedia delle religioni Garzanti; Milano,2000
Anthony S. Mercatante, Dizionario universale dei miti e delle leggende;
CN, 2003
Robert Graves, I miti greci (Vol. I-II); (edizione speciale per Il Giornale
tratto da Longanesi, 1963); TN.
Robert Graves, La dea bianca (Azzate, 1998)
Inni Orfici,a cura di Gabriella Ricciarelli/Fondazione Lorenzo Valla;
edizione Arnoldo Mondadori.
Losapevi dell'arte, Eroi e Dèi dell'antichità (prima e seconda
parte, volumi 5 e 6); Roma, 2004
Le grandi civiltà del passato, Vol.3, Antica Grecia (a cura di
Furio Durando ); Milano, 2004
La Grande storia dell'arte, vol.15, Arte Greca;Roma 2003
Brian Bates, La sapienza di Avalon- alle fonti del pensiero celtico; Bergamo,
1998.
I grandi musei del mondo, volumi 3 (Louvre, Parigi) e 17 (British museum,
Londra);Milano,
Omero, Odissea; edizione Mondolibri s.p.a; Milano, 2003;
Brian Bates, La sapienza di Avalon – alle fonti del pensiero celtico;
ed. Rizzoli; Bergamo,1998;
La Grande storia dell'arte, Arte greca;( vol.15 ); gruppo editoriale l'espresso;
Roma,2003;
Art dossier n. 128: Simbolismo, a cura di Maria Teresa Benedetti; ed.
Giunti; Prato,1997;
Immagini:
la Nike di Samotracia,
conservata al Museo del Louvre
Altre immagini alla pagina Immagini
di Atena
LO SGUARDO DELLA MEDUSA
Ad Atena
Eccola: avanza
dallo scudo di Atena che tiene nascosto
il bellissimo volto.
Non più la fanciulla che ha conosciuto l’amore
che ha sciolto i capelli nel tempio della Dea
peccando due volte:
la prima per essersi data
la seconda al dio più terribile.
Ora porta la morte
e chiunque la guardi diverrà come pietra.
La sua smorfia ricorda il silenzio perfetto dell’Ade
il gelido trono che sta oltre la soglia.
Sovrana del buio
che in Lei prende forma
di sinuosi pensieri.
Capace di vita capace di morte:
è lo specchio della nostra paura.
E così ancora una volta – si disse la Dea –
ho ingannato gli umani.
E le lacrime bagnavan la terra
trasformandosi in serpi.
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