SELENE
Testo e ricerca di Rosa Versaci.
Un'immagine di
Selene dipinta da Susan Seddon
Dalla titanessa della luce, Teia (detta anche
Tia o Tea o Theia oppure Euryphaessa) "colei che splende fin lontano”
e dal fratello Iperione, identificato con la luminosità del cielo
nacquero: Elios, il grande Sole, Selene, la splendida Luna, ed Eos, la
luce dell'Aurora.
La dea viene generalmente descritta come una bella donna con il viso pallido,
che indossa lunghe vesti fluide bianche od argentate e che reca sulla
testa una luna crescente ed in mano una torcia.
Da lei, dal suo immortale capo,
un diffuso chiarore
si spande sulla Terra e una sovrumana bellezza appare
sotto la sua luce: l'aria buia si fa luminosa
di fronte alla sua corona dorata, e i raggi splendono
quando dall'Oceano, lavate le belle membra,
indossata la veste lucente, la divina Selene,
aggiogati i bianchi puledri dal collo robusto,
lancia in avanti il cocchio splendente
e appare, dopo il tramonto, al culmine del mese.*
Luna al suo culmine, regina della notte, collegata alla natura ed al culto
dei morti, Selene era anche la dea della fecondità. Per i greci
la dea Selene, sorella di Elios e di Eos, guidava il carro lunare. I romani
invece vedevano in essa la dea della caccia Diana mentre gli egizi la
identificavano con Iside.
Selene è la personificazione della luna piena, insieme ad Artemide,
la luna nuova, alla quale è a volte assimilata, ed a Ecate, la
luna calante.
Selene, da Sèlas: “splendore”, era spesso raffigurata
nel firmamento alla guida del carro lunare trainato dai candidi buoi che
Pan le aveva donato per consolarla dell'inganno grazie al quale era riuscito
a sedurla: "nascosto il pelo irsuto e nerastro sotto il vello di
una bianca pecora, aveva potuto avvicinarla convincendola a salire sulla
sua groppa per poi goderla, ormai consenziente" (Kâroly Kerênyi).
Questo racconto cela probabilmente la traccia di un antico rito orgiastico,
che aveva per scenario il chiaro di luna della magica notte di Calendimaggio,
quando la regina della festa cavalcava in piedi un maschio prima di congiungersi
con lui in un sacro amplesso.
Un'altra versione racconta la travolgente passione del dio Pan, tanto
brutto e oscuro quanto Selene era bella e splendente, ma Selene amava
l'oscurità ricevendone l'abbraccio ogni notte.
Secondo il mito, ogni sera Elios adagiava la sua aurea quadriga sull'Oceano,
dove sorgeva Selene, con la quale giaceva nella notte. Poi si salutavano
e, mentre il dio solare dormiva nella coppa forgiata da Efesto aspettando
l'arrivo della sorella Eos, Selene percorreva il cielo stellato in compagnia
delle nove sacerdotesse che badavano al suo argenteo cocchio. Per venticinque
giorni i due fratelli amanti s'incontravano, ma gli altri cinque Selene,
all'insaputa di Elios, si recava dietro la catena montuosa del Latmo,
in Asia Minore, per dedicarsi all'amato Endimione col quale giaceva per
tre giorni (quelli del novilunio quando la Luna non è visibile).
Il nome Endimione significa "colui che dimora dentro" e con
"dentro" si intende il grembo della grotta, dove la dea lo vide
per la prima volta, innamorandosene perdutamente. Così sdraiatasi
al suo fianco, lo baciò sulle palpebre e da quel momento i suoi
occhi non si riaprirono più, suggellando un sonno eterno. Non è
univoca la spiegazione che si dà per questa condizione particolare:
c'è chi dice essergli stata imposta proprio da Selene per poterlo
ammirare e baciare liberamente ogni volta che lo desiderava; chi parla
di un dono di Ipnos, il dio alato del sonno che, innamoratosi di questo
bellissimo giovane, gli avrebbe consentito di vivere per sempre dormendo
a occhi aperti; chi parla di un dono di Zeus su espressa richiesta di
Endimione di cui Zeus era il padre. Infine c'è chi sostiene che
si trattasse di una punizione voluta dallo stesso Zeus, per aver Endimione
mancato di rispetto a Era, regina degli dei.
*Inno omerico
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