Le Dee della Primavera
Primavera è la stagione del risveglio
della natura. L’improvviso sbocciare dei fiori, il volo degli
uccelli migratori che fanno ritorno e la gioiosa danza di accoppiamento
degli animali hanno sempre rappresentato un richiamo ancestrale molto
potente, oltre che una fonte di inesauribile ispirazione per poeti e
artisti.
Il simbolo della Primavera è il tenero trifoglio, mentre i suoi
colori sono tutte le tinte pastello, e in particolare il rosa, che ci
ricorda i rami dei peschi in fiore.
Est è la sua direzione, quella dove sorge il sole, che è
anche sede dell’elemento aria. Impalpabile e leggera, l’aria
ci ricorda tutto ciò che è fluido, mutevole e impermalente.
Essa ha un'energia di "disponibilità", è esposta
a contatti e influenze (il fuoco la riscalda, l’acqua la appesantisce),
e come il vento di primavera, non è possibile imprigionarla poiché
la libertà le appartiene.
Per analogia, e poiché noi tutti vibriamo nella stessa energia
della natura, anche gli esseri umani come gli animali e le piante sperimentano
in primavera un desiderio di apertura, che spinge a fare nuovi progetti,
a creare nuovi scambi e desiderare nuovi incontri.
E’ un po’ come se si risvegliasse ogni volta, con l’arrivo
della primavera, l’emozione della giovinezza, con tutto il carico
di inquietudine, curiosità e allegria che la caratterizza.
Innumerevoli sono i poemi, i miti e le allegorie che l’umanità
ha saputo creare intorno al tema del risveglio della natura dopo il
sonno invernale.
Altrettanto numerose sono le Dee che le varie tradizioni hanno collegato
a questa stagione, che archetipicamente rappresenta quella fase della
vita che segue l’infanzia ma precede la maturità: la fanciullezza,
quel tempo in cui tutto deve ancora accadere e la vita appare piena
di possibilità.
Quasi ogni cultura ha prodotto la sua Dea della primavera, o dea del
mattino o della luna crescente.
Eostre
I popoli del Nord Europa, ad esempio, che erano particolarmente legati
alla natura con i suoi ritmi, accoglievano la primavera identificandola
in Oestara, o Eostre, giovane dea celtica dall’aspetto di una
fanciulla.
La dea, archetipo di madre natura stessa, veniva rappresentata con fiori
tra i capelli e abiti colorati come i prati a primavera, simbolo stesso
della giovinezza e di tutte le sue più belle qualità.
Il suo nome significa stella dell’Est, e questo ci riconduce a
Venere, la stella del mattino e ad Afrodite, la dea dell’amore.
Eostre dà il nome alla pasqua (che in ingelse si chiana Easter)
e molte delle tradizioni cristiane hanno le loro origini proprio in
questa giovane ma antica dea sassone.
I suoi simboli sono sono le lepri e le uova, infatti una dolce leggenda
narra che un leprotto voleva così piacere a Eostre che lasciava
in giro uova dipinte con i colori dell’arcobaleno per lei. Quando
si presentò a lei con il suo dono lei fu così contenta
che desiderò condividere la sua gioia con tutti gli uomini della
terra e chiese al leprotto di andare in giro per il mondo a donare le
uova colorate, e forse per questo ancora oggi noi le decoriamo.
Conigli e lepri sono noti simboli di fertilità e la Dea veniva
rappresentata dagli antichi con un coniglio nella luna piena.
Dunque la lepre di Eostre, che deponeva l'uovo della nuova vita per
annunciare la rinascita dell'anno, si è trasformata nell'odierno
coniglio pasquale che porta in dono le uova di cioccolato.
L’uovo a sua volta è un antichissimo simbolo di vita, di
creazione e di rinascita.
In numerose mitologie un uovo primordiale, embrione e germe di vita,
è il primo essere ad emergere dal Caos. E’ l'"Uovo
del mondo" covato da una Grande Dea e dischiuso dal Dio Sole. L'uovo
è il principio da cui nascono tutte le cose, e rappresenta ciò
che contiene la potenzialità di tutto ciò che esiste e
in seguito si manifesta.
Non a caso la nascita del mondo da un uovo cosmico veniva celebrata
presso molte civiltà in corrispondenza con la festa equinoziale
di primavera, quando la Natura risorge e le ore di luce iniziano a prevalere
su quelle notturne.
Kore
Per l’antica Grecia invece l’arrivo della primavera era
connesso al mito del ritorno di Persephone
dal regno notturno, dove era regina.
La Dea era caratterizzata da due aspetti: era Kore, la fanciulla, la
figlia quasi indistinta dalla madre, ed era Persephone,Regina degli
Inferi, sapiente Guida dell’aspetto oscuro delle cose.
"Io sono Kore: la giovinezza, l’innocenza, la leggerezza.
Sono la Dea del Fiore, una stagione nella natura e nella vita di ogni
donna.
Io ho conosciuto l’oscurità dell’Ade, ho assaggiato
i chicchi della melagrana
ritrovando così il mio nome: Persefone, la Terribile,
Silenziosa Signora del Regno dei Morti.
Solo dopo aver varcato la soglia del buio,
traversato il mondo delle ombre, posso risalire alla luce
tenendo fra le mani la sacra melagrana,
simbolo dell’eterno ritorno" (Omero).
Kore/Persephone era la sola figlia di Demetra
e la sua vicenda mitica si snoda intorno al suo rapimento da parte di
Ade, fratello sotterraneo di
Zeus, la disperazione di Demetra per il distacco (che coincide con la
stagione invernale sulla terra) e il loro ricongiungimento che dà
l’avvio al ciclo stagionale, sancendo che Kore trascorra due stagioni
all’anno – primavera ed estate - con la madre (che per la
felicità restituisce la fecondità alla Terra) ed una –autunno/inverno
– con Ade nel regno dei morti.
Tutto questo divenne il fulcro dei Sacri Misteri
Eleusini, che venivano celebrati in prossimità dell’equinozio
d’autunno (la discesa di Persephone) e dell’equinozio di
primavera (il suo ritorno).
Dunque Kore rappresenta la primavera, la giovinezza, la fase di luna
crescente.
Su un piano psicologico la primavera è il riflesso della freschezza,
l’ingenuità e la spensieratezza di quella fase della vita
in cui non vi è ancora la presa di responsabilità e l’immaginazione
regna sovrana.
Di fatto Kore non è poi così ingenua e il suo cogliere
il fiore proibito è sintomo del suo desiderio di diventare donna,
di spezzare il cordone ombellicale che la lega alla madre e di trovare
la sua strada. Tuttavia ogni pulsione è ancora inconscia, non
pienamente riconosciuta sul piano della consapevolezza. Esattamente
come la primavera, dove i fiori sui rami degli alberi vivono nella pienezza
della loro essenza e sembrano inconsapevoli del fatto che un giorno
diventeranno frutti.
Il mito di Kore-Persephone pone l’accento sulla ciclicità
della vita, e sulla possibilità che ha ogni donna di ritornare
fanciulla più e più volte nella vita.
Artemide
Sempre nell’antica Grecia troviamo Artemide
(Diana), dea della luna crescente, simbolo della natura selvaggia e
incontaminata, della libertà dell’essere, e della condizione
di donna libera da legami fissi.
Il mito la descrive mentre vaga per i boschi con i suoi cani e le sue
ninfe, in totale indipendenza.
Per queste ragioni divenne simbolo dell’autonomia femminile, della
capacità e bisogno, tipicamente femminile, di stare con le proprie
simili, di creare solidarietà e legami di sorellanza.
Per quanto single per vocazione, la bella Artemide non disdegna gli
accoppiamenti, e nella stagione degli amori il mito così ne descrive
la sua ascesa:
“ Ora accadde che Diana ebbe nostalgia della luce del mondo e
dei suoi molti figli. Così lei giunse al mondo e fu accolta con
grandi celebrazioni. E Diana vide lo splendore del nuovo dio mentre
solcava i cieli ed ella lo desiderò. Ma ogni notte egli ritornava
nel Reame Nascosto e non poteva vedere la bellezza della dea nel cielo
notturno.
Così una mattina la dea si alzò mentre il dio arrivava
dal Reame Nascosto. E lei si bagnò nuda nel sacro lago di Nemi.
Quindi i signori del quattro angoli apparvero a lui e dissero: “Guarda
la dolce bellezza della Dea!” Ed egli la guardò e fu colpito
dalla sua bellezza. Così discese sulla terra nella forme di un
grande cervo.
“ Io sono giunto per giocare al tuo fianco” disse. Ma Diana
fissò il cervo e parlò: “ Tu non sei un cervo, ma
un dio!” E così egli rispose: “Io sono Herne, dio
della foresta. E ancora, mentre sto sopra il mondo io tocco anche i
cieli e sono Lupercus, il Sole, che ha bandito il Lupo della Notte.
Ma, oltre a tutto ciò, io sono Pan, il primo nato di tutti gli
dei!”
La dea sorrise e uscì fuori dall’acqua un tutta la sua
bellezza: “ Io sono Artemide, dea della foresta, ma quando sono
davanti a te sono Selene, dea della Luna. Ma, oltre a tutto ciò,
io sono Diana, la prima nata di tutte le dee!”
E Fauno le prese per mano e assieme camminarono per i prati e le foreste,
raccontando i loro racconti di antichi misteri. Si amarono e furono
uno e assieme governarono il mondo.”
Era la vergine
Tale era la predilezione dei greci per la stagione primaverile che anche
Era, la moglie di Zeus (che non fa certo parte delle dee fanciulle),
in primavera viene onorata come “Era la Fanciulla” o “Era
la Vergine”. Non a caso il rito che la rappresenta è la
raffigurazione della dea immersa in un bagno che le restituisce simbolicamente
la verginità (sebbene sia l’ Estate il tempo in cui questa
dea realizza la perfezione dei suoi scopi attraverso il matrimonio rituale,
in cui è onorata come Era la Perfetta, la Realizzata).
Afrodite
Ma la divinità greca che per eccellenza ci ricorda la primavera
è Afrodite, la giovane
e splendida dea dell’amore, che evoca il lato più sensuale
della stagione, ovvero quel magico potere di attrazione che rende possibile
l’accoppiamento e la conseguente nascita di ogni cosa.
Cita il mito che “al suo passaggio spuntano i fiori, cantano gli
uccelli e tutta la natura sembra gioire”. Lei rappresenta quella
potenza che spinge un essere irresistibilmente verso un altro essere,
l’amore passionale. Infatti veniva raffigurata, cinto il corpo
di rose e di mirto, su un carro tirato da passeri, colombe e cigni,
mentre indossava il famoso cinto magico, che rendeva irresistibile chiunque
lo possedesse.
Dea della primavera, stagione dei fiori e dell’amore, le erano
sacre le rose, ma anche molte altre piante, quali il melograno e il
mirto. Anche la mela, antico simbolo dell’amore, si trova nella
sua mano.
Afrodite incarna il principio del piacere fine a sé stesso ed
è simbolo dell’amore, di cui si fa portatrice.
La Venere romana era meno complessa della Afrodite greca. Dea delle
bacche selvatiche e delle erbe, delle pigne e dei cipressi, era una
dea delicata, diremmo una dea dell’amore giovanile, quello che
nasce quando si va in giro a raccogliere le fragole.
Ochun
Per la sua vibrante sensualità, per la bellezza e per la giovane
età, Oshun è la dea
africana che più somiglia a Venere. Figlia di Jemanja, Oshun
è la patrona dell’amore, della sensualità e della
danza.
La più bella tra le belle, Oshun sprizza femminilità da
ogni poro della pelle e nell’iconografia più autentica
viene rappresentata come una splendida giovane mulatta, sempre allegra
e sorridente, amante della danza, e delle feste, ove si reca sempre
accompagnata dal suono dei suoi campanelli.
Flora
Tornando alla mitologia dell’antica Roma, vi è un’altra
dea, forse meno nota, che merita di essere citata: Flora,
la dea della natura, della nascita e della primavera.
Questa antichissima Dea romana incarnava il fiorire della natura in
tutte le sue forme quindi anche quello della natura umana. In virtù
del fatto che i fiori sono gli organi sessuali delle piante, ad essa
si attribuiva anche il ruolo di protettrice delle prostitute. Durante
le feste in suo onore, le Floralia, il corpo femminile veniva onorato
in modo particolare, e se ne prediligeva la nudità. Flora era
la regina di tutte le piante, comprese quelle commestibili, ma veniva
anche invocata per proteggere i bambini e per avere raccolti e fioriture
rigogliose. I romani ritenevano che senza il suo aiuto la città
sarebbe morta.
A lei era associata anche Feronia, dea dei fiori primaverili e dei boschi,
e Maia, altra antica dea romana della fecondità e del risveglio
di natura.
Molto significativa per i romani era anche Anna Parenna, antichissima
divinità femminile di oscura origine che veniva festeggiata alle
Idi di Marzo nel bosco sacro a lei dedicato, poco fuori le mura di Roma,
dove si svolgevano riti e cerimonie di carattere sociale che avevano
per tema l’esplosione vitale della primavera.
Seppur la nostra primavera non coincida con
le primavere di altri popoli geograficamente a noi lontani, ogni cultura
ha prodotto le sue dee della primavera. Vediamone alcune.
Gendenwitha
Gendenwitha significa “colei che porta il giorno” ed è
il nome della Dea che per gli irochesi rappresenta la stella del mattino.
Kono-Hana-Sakuya-Hime
I giapponesi hanno una predilezione per i ciliegi in fiore e così
Kono-Hana-Sakuya-Hime era la loro dea del ciliegio, il suo nome significa
“la signora che fa fiorire gli alberi”.
Yaya-Zakura è un’altra dea giapponese
dell’albero di ciliegio. Essa era una bella e giovane dea di primavera
che restava nubile finchè la sua bellezza durava e si prendeva
degli amanti solo quando i suoi petali erano caduti.
Ushas
Per gli indù è Ushas la dea alba, chiamata talvolta Urvasi.
Essa aveva la fama di restare sempre giovane, ma di fare invecchiare
gli uomini al suo fianco. Ogni mattina compariva denudandosi lo splendente
seno che riempiva di luce il cielo. Si diceva fosse la madre o l’amante
del sole.
Xochiquetzal
Per completare questa panoramica di dee appartenenti ad altre tradizioni,
ricorderemo anche Xochiquetzal, la dea azteca dei fiori e della sensualità
di primavera. Le calendule erano i suoi fiori prediletti ma amava tutte
le piante e tutte le creature di un amore tanto passionale da esser
talora chiamata madre cagna. Altri suoi appellativi erano “fiore
dalla ricca piuma”, “fiore penna”, e “signora
dalla veste azzurra”. Molto amata dalle donne azteche, era onorata
con figurine di terracotta che la mostravano con penne nei capelli.
Sarebbe ingiusto
tralasciare le divinità maschili della primavera, e l’importanza
del loro culto.
Il dio della vegetazione per eccellenza era Pan, che
non è però necessariamente legato alla stagione della
primavera.
Invece un rito molto primaverile che si svolgeva nel mondo ellenico
era quello delle cosiddette Adonìe, ovvero la
festa di resurrezione di Adone.
Bellissimo giovane amato dalla dea Afrodite, venne ucciso da un cinghiale
(forse Ares ingelosito). In suo onore, nei "giardini di Adone"
(che erano vasi) si seminavano cereali e ortaggi che germogliavano rapidamente
al sole primaverile e venivano poi gettati in mare o nelle sorgenti
per propiziare il rinnovamento della Natura. Tale usanza è sopravvissuta
nelle celebrazioni della Pasqua cristiana: ancora oggi in molte località
d'Italia si prepara nello stesso modo il cosiddetto "grano del
sepolcro".
Adone era in realtà il dio assiro-babilonese Tammuz,
a cui i fedeli si rivolgevano chiamandolo " Adon" (Signore).
Proprio come Persephone, egli dimorava sei mesi all'anno negli inferi
(quando il sole si trova al di sotto dell'equatore celeste) e se ne
festeggiava a primavera la sua risalita alla luce e il suo ricongiungimento
alla dea Ishtar, l'equivalente per certi aspetti all'Afrodite greca.
Sempre in Atene, nel mese successivo all'Equinozio si festeggiavano
le Grandi Dionisìe, in onore di Dioniso,
dio morto e resuscitato. La processione compiuta per celebrarlo portava
per le strade simulacri di falli, simbolo della fertilità nel
suo aspetto maschile.
Tutti questi miti mostrano l'unione di un
simbolismo cosmico celeste, legato al cammino del sole nel cielo, e
un simbolismo terrestre, legato al risveglio della Natura.
Il matrimonio fra una divinità maschile, celeste o solare, ed
una femminile, legata alla terra o alla luna è una dei temi costanti
della stagione primaverile, ed in particolare dell’equinozio,
questa fase dell’anno in cui lo yin e lo yang sono in perfetto
equilibrio, come il giorno con la notte, e generano così quell'irresistibile
attrazione tra gli opposti da cui ha origine la vita.
Ad ogni primavera il giovane dio sole si accoppia con la giovane dea
terra, dando luogo a un nuovo ciclo di vita.
Inserito nel sito www.ilcerchiodellaluna.it
nel Marzo 2009
Fonti: "il dizionazio delle Dee
e delle Eroine" di Patricia Monoghan
Wikipedia
Immagini tratte dalla rete