LE
DEE GUERRIERE
A cura di Manuela
Caregnato
Immagine tratta dal sito https://www.Kimya.org/
Siamo il frutto di un tipo di educazione, in cui valori come la forza,
il potere, o peggio ancora la rabbia fanno ancora molta paura, se espressi
da una “femmina”.
Il patriarcato ha generato una profonda scissione, tale per cui la donna
può essere solo madre o vergine.
Ma la storia, e soprattutto l’antica religione ci dimostra che così
non è sempre stato, e culture precedenti alla nostra hanno prodotto
divinità femminili
che combattevano esprimendo una grande forza, cui gli uomini stessi si
rivolgevano per avere protezione in guerra ed anche in tempo di pace.
A questa categoria appartengono le cosiddette Dee Guerriere, figure archetipiche
che esprimono coraggio, forza, fierezza ed un grande potere.
E che ci autorizzano a ritenere che la femminilità è un
valore che, per quanto si fondi sull'amare e proteggere la vita, non ha
nulla a che vedere con essere deboli.
Come la natura insegna, a volte bisogna combattere.
Per affermare sé stesse, per raggiungere i propri obbiettivi, per
tutelare i propri diritti, oppure per difendere, come fa la tigre con
i suoi cuccioli.
ATENA
La più nota alla cultura mediterranea è la greca Atena,
la Dea che nasce corazzata e che indossa un elmo sulla testa.
La leggenda narra che Atena non fu sempre la protettrice dell’omonima
città.
Accadde invece che litigò con Poseidone per il possesso di Atene.
Allora fu indetta una votazione dove i greci dovevano decidere. Le donne
votarono per Lei e gli uomini per Lui, ma vinsero le prime per un voto.
Così fu che gli uomini, non sapendo perdere, si rivalsero sulle
donne togliendo loro il diritto al voto e decisero che i figli da allora
avrebbero assunto il nome del padre e non più della madre.
Poi prepararono una nuova identità per la Dea, sostenendo che era
una vergine, una dea senza madre nata dalla testa del padre, tutti concetti
che depongono a favore del nuovo ordine patriarcale che stava emergendo.
Si è stabilito con certezza che Atena (il cui nome è tanto
antico da non essere mai stato tradotto) era in origine una Dea della
casa, minoica o micenea, che aveva un tempio sull’acropoli ateniese.
Questa originaria Atena era l’essenza del legame famigliare e reggeva
gli strumenti delle arti domestiche (il fuso, il telaio, il vaso). Di
conseguenza era la protettrice della casa e per estensione della città.
Una Dea vergine, a quanto pare di nome Pallade, arrivò con i greci:
era una guerriera, una sorta di valchiria, protettrice della tribù.
Questa figura fu collegata a quella del simbolo tribale indigeno e ne
venne fuori Pallade Atena, la cui leggenda fu riformulata e riadattata
al nuovo ordine sociale.
Ogni anno a mezza estate la sua immagine veniva estratta dal tempio e
portata fino al mare con una solenne cerimonia, poi veniva detersa e rinnovata
in forza e purezza e addobbata con una nuova veste.
BELLONA
L’antica Roma dava grandissima considerazione alla sua Dea della
guerra, Bellona.
Spesso descritta come l’ombra femminile di Marte, essa era molto
di più, poichè il suo regno abbracciava tutti gli aspetti
del conflitto, quelli diplomatici e quelli militari.
Perfino il suo nome mostra la sua importanza poiché in latino bellum
significa guerra, dal nome di questa Dea.
Nel tempio di Bellona, che aveva serpi per capelli e teneva in mano una
frusta insanguinata, i romani cominciavano e finivano le loro campagne
militari.
Davanti al tempio un sacerdote dava inizio a una guerra alzando una lancia
cerimoniale e vibrandola in una zona di terreno che simboleggiava il territorio
nemico.
Al termine della guerra era ancora nel tempio di Bellona che il senato
decideva quale ricompensa dare ai generali vittoriosi.
Sia in tempo di guerra che di pace il senato riceveva gli ambasciatori
dei paesi in conflitto con Roma nello stesso suo tempio.
Quando iniziò l’assimilazione delle divinità romane
con quelle dei paesi conquistati, Belllona venne identificata con la dea
della cappadocia Mah, una forma tardiva della sumera Mami.
Entrambe rappresentavano il conflitto armato necessaro per difendere il
diritto al governo e negli ultimi tempi dell’impero romano la Dea
venne chiamata Mah-Bellona.
DURGA
Secondo la dottrina induista tutte le dee sono in definitiva una sola
dea, o Devi, ma essa appare sotto molteplici forme con nomi diversi.
Una delle forme più terribili di Devi è Durga.
Essa era anche la più antica:durante la guerra dei primordi tra
dei e antidei, Durga fu la prima manifestazione della Dea energia.
La guerra non portava alla vittoria di nessuna delle parti e le battaglie
si trascinavano stancamente, così gli dei si riunirono e concentrarono
le loro energie. Dalle loro bocche uscirono fiamme che formarono Durga,
la prima divinità femminile dell’universo. Pur prodotta dagli
dei, Durga era ben più potente di ognuno di loro anche tutti insieme
ed era fieramente bramosa di combattere.
In segno di riconoscimento gli dei consegnarono le loro armi a Lei, che
cavalcando una tigre si diresse verso il capo degli anti-dei, il demone
Mahisa.
Questo essere, terrorizzato dalla nuova apparizione, usò i suoi
poteri per assumere una forma terrificante dopo l’altra. Ma la Dea
seguitava ad avanzare finche lo trucidò mentre aveva assunto le
sembianze di un bufalo.
Il demone tentò di fuggire dalla bocca dell’animale morente
ma Durga lo prese per i capelli e ne fece scempio, liberando la terra
che ora gli dei poterono abitare.
Durga rappresenta non solo il potere intrepido di chi combatte contro
il male, ma anche il ruolo della sfera intellettuale poiché Durga
(l’inavvicinabile) rappresenta la fine di tutte le cose; cercare
di capirla vuol dire impegnarsi nell’indagine intellettuale di gran
lunga più difficile.
All'interno del pantheon induista ricordiamo anche KALI,
la potentissima dea della distruzione e trasformazione.
ANAT
La grande Dea del pantheon ugaritico si chiamava Anat e aveva quattro
aspetti distinti: guerriera, madre, vergine e prostituta. Creatrice del
suo popolo, essa poteva essere anche un’assassina assetata di sangue
che combatteva furiosamente.
La forza che personificava era immensa ma non inferiore all’energia
sessuale.
Dea del desiderio, era la compagna del fratello Baal, per i cui amplessi
si preparava con un bagno di rugiada e una pioggia di ambra grigia.
Il loro appetito era prodigioso ed una volta copularono 77 volte in mezzo
ai boschi, dove lei aveva assunto aspetto di una giovenca e partorì
in seguito buoi e bufale.
Altrettanto forte era la sua sete di sangue. Una volta per celebrare una
vittoria del fratello invitò gli sconfitti ad una festa sulle montagne
celesti.
Dipintasi di rosso con l’hennè, Anat fece il suo ingresso
nella sala, poi chiuse le porte e trucidò tutti, smembrandoli.
Così facendo Anat rappresentava la spaventosa indifferenza della
sessualità, che riproduce senza fine la mortalità: il sesso
produce vita e la vita finisce con la morte.
Sekhmet
Veniva raffigurata come leonessa o come una donna dalla la testa leonina,
ed a partire dalla XVIII dinastia acquisì anche i simboli divini
quali il disco solare, l'ureo ed il bastone uadj. Dalla parola
egizia sekhem che significa potere derivano sia lo scettro e, con l'aggiunta
della desinenza et indicativa del femminile, il nome della Dea.
Figlia di Ra, nella tarda teogonia menfita a partire dal Nuovo Regno,
era membro della triade come sposa di Ptah e madre di Nefertem, prendendo
anche l'epiteto di "La grande, amata da Ptah".
Era la terribile dea della guerra che impersonificando i raggi dal calore
mortale del sole incarnava il potere distruttivo dell'astro ma anche l'aria
rovente del deserto i cui venti erano il suo alito di fuoco e con i quali
puniva i nemici che si ribellavano al volere divino. Rappresentava anche
lo strumento della vendetta di Ra contro l'insurrezione degli uomini imponendo
l'ordine del mondo.
Portava morte all'umanità ma era anche la dea protettrice dei medici
come citano i papiri medici Ebers ed Edwin Smith ed i suoi sacerdoti,
molto potenti erano spesso chiamati per la cura di patologie ossee, quali
le fratture.Dal carattere molto pericoloso questa dea aveva quindi un
lato benevolo che richiedeva rituali specifici soprattutto durante gli
ultimi cinque giorni dell'anno lunare, giornate queste estremamente pericolose.
Era temuta persino nell'Aldilà dove il malvagio Seth ed il serpente
Apopi venivano sconfitti dalla dea che abbracciava con le sue spire di
fuoco Ra nel suo viaggio notturno.
Sekhmet incarnava il fiammeggiante Occhio di Ra ed era in questo caso
assimilabile a Tefnet. Narra il mito della Dea Lontana che Ra, adirato
con gli uomini che avevano cospirato contro di lui, la inviò per
ucciderli, ma dovette poi fermarla ubriacandola con la birra, colorata
di rosso come il sangue, per far sopravvivere il genere umano. La dea,
assetata di sangue, che stava uccidendo sistematicamente tutti gli uomini
dopo aver bevuto la birra si addormentò ed al risveglio prese le
sembianze di Bastet che rappresentava solo le qualità benefiche
del sole.
Per ricordare la terribile circostanza, nacque la Festa dell'Ebbrezza,
celebrata nella stagione di Akhet ossia dell'inondazione del Nilo e nella
quale venivano preparate grandi quantità di birra.
Le Amazzoni e le Valchirie
Si dice che esistesse una terra popolata interamente da queste donne che
venivano chiamate le Amazzoni: ci credevano i greci,
che pensavano vivessero ai loro confini, in un paese sul fiume Termodonte.
Una o due volte l’anno le Amazzoni si recavano alle frontiere per
accoppiarsi con gli uomini delle tribù vicine, poi trattenevano
le figlie femmine e restituivano i maschi.
Due regine, una per difesa e una per comando interno, si dividevano il
potere.
Guidate dalla loro regina guerriera le amazzoni formavano un possente
esercito a cavallo, munite di scudi a forma di edera e asce a doppio taglio.
Sul loro territorio vivevano pacificamente provvedendo a tutti i propri
bisogni economici e producendo tesori artistici, e per quasi 4 secoli
(1000-600 ac) ebbero il dominio sulla zona dell’asia minore che
costeggia il mar nero.
O almeno questo era quanto i greci cedettero circa le guerriere leggendarie
con cui finirono per scontrarsi.
Ancora oggi si discute sulla veridicità di questo mito e gli storici
si chiedono se siano esistite veramente. La leggenda narra anche che queste
donne per meglio tirare con l’arco si amputassero il seno destro,
ma non vi sono prove di ciò e nelle opere d’arte dei greci
stessi esse vengono ritratte con i due seni nudi ma integri.
Una delle fatiche di Ercole consistette nell’andare nel paese delle
amazzoni e rubare la cintura d’oro della regina. Ercole sbarcò
nella loro terra con un esercito ma la regina Ippolita
gli offrì spontaneamente la sua cintura e con essa il proprio letto.
Ma le amazzoni non capendo cosa stesse succedendo presero a combattere
con l’esercito di eracle, e molti furono i morti. Esse ebbero la
peggio e in tale occasione le loro cape, Melanippe e Antiope
furono fatte prigioniere mentre la stessa Ippolita trovò la morte.
Le amazzoni partirono per la grecia per liberare antiope da teseo e giunsero
fino all’acropoli, ma dopo una crudele battaglia persero e dovettero
ritirarsi al Nord, alla volta della terra che porta il loro nome. Molte
furono le morti in questo percorso che rimase segnato dalle loro pietre
tombali a forma di scudo.
Le Valchirie
La vergine coperta dall’elmo e pronta al combattimento, sul suo
cavallo soprannaturale, “colei che sceglie tra i trucidati”
è forse l’unica immagine femminile della mitologia scandinava
tuttora famigliare. Ma ve n’è un’altra più violenta
e possente che è stata dimenticata. Prima delle battaglie le valchirie
tessevano le sorti della guerra usando come contrappeso le teste umane
realizzando una trama di gocce rosse con spole fatte con frecce.
Quando avevano deciso il risultato del combattimento abbandonavano la
loro dimora zeppa di sangue sotto forma di corvi in cerca di carogne per
divorare i corpi trucidati.
Queste dee avevano molto in comune con le moire ed altre reggenti del
fato che filavano o intessevano le vite umani in una dimora soprannaturale.
Gli anglosassoni le hanno identificate con le erinni. L’interpretazione
corrente semplicemente vede queste donne al servizio di Odino, pronte
a volare sulla terra per recuperare gli eroi da lui prescelti, ma questa
leggenda omette i racconti secondo cui le valchirie si oppongono alla
volontà di Odino, insegnando la magia a coloro che vogliono salvare.
Secondo alcuni scrittori ve ne erano due generi: quelle divine che erano
nove e le vergini semi-mortali visibili in forma umana ai veggenti, mente
agli altri sotto forma di aurora boreale.
La loro capa era FREYA,
grande Dea dai molteplici aspetti.
Sempre nell'ambito nord-europeo ricordiamo MORRIGAN,
la tre volte nera.
AL-UZZA
E per finire ricordiamo Uzza, la vergine guerriera venerata dagli antichi
arabi della civiltà pre-isalmica.
Prima di dichiararsi profeta della divinità maschile, Maometto
la adorava come la Dea del deserto e stella del mattino, il cui nome significa
“possente” o “più forte di tutti”.
Malgrado ciò egli le si rivoltò contro, distruggendo il
suo santuario tra gli alberi di acacia a sud della Mecca, in cui generazioni
di devoti si erano radunati per venerare la pietra sacra che la rappresentava.
Con Al-lat e Menat essa componeva la grande triade degli arabi antichi
e il suo culto si spense solo un millennio dopo la distruzione del suo
luogo sacro.
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Inserito nel sito www.ilcerchiodellaluna.it nell'Aprile2009
Fonti: "il dizionazio delle Dee e
delle Eroine" di Patricia Monoghan
Wikipedia
Immagini tratte dalla rete
le Gorgoni: "Gorgons"di Klimt
La triade araba - www.thaliatook.com
le Valchirie- www.imageshak.us
Le Amazzoni - "Ansreitenden Amazonen" di Willelm Tischbeim
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