Galleria delle Dee
Incontrare le Dee/gli Dei attraverso storia, mito, immagini e racconti



MEDUSA , la GORGONE
Testo di Alessandro Zabini, tratto dall'artico: Porta sull'altrove: note per una simbologia dello specchio

GORGO: sguardo e maschera

«Before ever land was,
Before ever the sea,
Or soft hair of the grass,
Or fair limbs of the tree,
Or the flesh-coloured fruit of my branches, I was, and thy soul was in me.»


Algernon Charles Swinburne, «Hertha»

Esite una divinità che è l’altro volto della Grande Dèa, come anche «l’altro aspetto della bella Persefone» (4). A lei, Athena, nell’osservare il proprio riflesso nell’acqua, si vide, con orrore, somigliante. È una dèa che fu decapitata da colui che ne guardava il viso riflesso da una lustra superficie: un guerriero la cui ombra riflessa sul mare fu successivamente azzannata da un mostro marino. Questa dèa è Gorgo, il cui volto è simile a uno specchio, per chi, seppure terrorizzato, osa fissarlo.

Figlie dell’«altero Forco» e di sua sorella, «Ceto dalla bella guancia», divinità degli abissi marini e terrestri, le Gorgoni, «tremende e innominabili» divinità marine, «avevano teste avvolte da scaglie di serpenti, zanne grosse come quelle dei cinghiali, mani di bronzo e ali d’oro, con cui potevano volare. Steno, il cui nome richiamava la forza, ed Euriale, appartenente al vasto mare, erano «immortali e prive di vecchiaia». Medusa, la sovrana, era invece mortale. Tramutavano in pietra coloro che le guardavano», e dimoravano «lontano dagli dèi e dagli uomini», «al di là dell’Oceano famoso, sul confine ultimo della notte, dove stanno le Esperidi dalla voce armoniosa» (5), ovvero nel mondo infero e tenebroso, in cui, anziché trovare silenzio, si udivano le «grida raccapriccianti» delle «schiere infinite dei morti» (6).
L’alterità radicale, pura e assoluta di questo mondo, al quale i vivi non possono accedere, se non eccezionalmente, come pure la confusione della Notte, l’orrore della Morte, il terrore primordiale e immotivato del Numinoso, ma anche l’estasi che la possessione infera produce, sono rappresentati da Gorgo, testa isolata che nessun essere umano può guardare senza morire all’istante. Oltre «sentieri sperduti e impervi», oltre «orridi nell’intrico di foreste», presso la sua dimora, «qua e là in mezzo ai campi, nei sentieri», si vedevano «figure di uomini e belve mutati da esseri vivi in granito» per averla vista (7). La sua testa, il suo volto, debbono essere paragonati a una maschera, simile a quelle che rappresentavano Ecate, e in suo onore si affiggevano. Essa era inoltre ciò che, come loro volto proprio, portavano al collo Artemide e Demeter Erinys (Demetra adirata). In essa, nel suo volto, come nello specchio, s’incrociano e si confondono gli opposti: maschile e femminile, giovane e vecchio, bello e brutto, umano e bestiale, celeste e infernale, divino e umano.

Dunque, Gorgo dimora nel mondo infero, accanto a Stige, Echidna e Cerbero. Come quest’ultimo, ella sorveglia le frontiere del regno di Persefone, ma non per impedire ai morti di uscirne, bensì per proibirne l’accesso ai vivi. Infatti, il vivo che voglia varcarne la soglia deve guardarla in faccia e diventare come lei: una testa tronca e mostruosa, ammantata di tenebre, simile a un’ombra o ad un riflesso in uno specchio: una testa di morto. Per il «verde orrore» che la «lucente Persefone» gli mandasse incontro dall’Ade la sua testa pietrificante, la quale annullava ogni identità, anche nella morte, Odisseo fuggì dall’«ombra nebbiosa» del mondo infero, in cui era sceso, vivo, seguendo le istruzioni di Kirke, per interrogare «le stirpi dei morti» (8). Specchio e maschera, Gorgo è simbolo dell’uscita da sé e dell’accesso all’Altrove, che può essere catabasi iniziatica, mediante l’invasamento e l’estasi erotica. La sua maschera rappresenta lo spirito del defunto, e la si indossa per mimare la potenza del mondo infero, estraneo tanto al mondo divino quanto al mondo umano.

Per simulare il «funereo lamento» che stillava con «luttuoso travaglio» dai «capi di vergini e dalle teste inaccessibili dei serpi» delle «violente Gorgoni», quando Medusa «dalle forti gote» fu uccisa da Perseo, la dèa Atena fabbricò il flauto (9). Chi ode o crede di udirne le note, che sono i suoni spaventosi del mondo infero e dell’Altrove, sprofonda nell’entusiasmo, nell’estasi, e si abbandona a una trance furiosa in cui è invasato dalla divinità, la quale gl’impone la maschera della possessione e lo monta come una cavalcatura, trascinandolo nel delirio. È la musica del terrore soprannaturale, la musica della Gorgone, anguicrinita figlia della Notte, dallo sguardo pietrificante. È la possessione di Ecate, dèa della Luna Nera, spesso evocata con il nome di Gorgo. Invaso dal terrore che ascende dal mondo infero, il posseduto danza all’orribile melodia del flauto, mimando la Gorgone, di cui indossa la maschera, e trasformandosi in essa, cioè in una potenza dell’Altrove.

Come uno specchio, la maschera di Gorgo rivela se stesso a chi la guarda, nella verità della propria immagine riflessa: il viso stravolto dell’invasato che danza nell’estasi terrifica [del terrore] alla musica infernale. Esige che la si guardi negli occhi, restandone affascinati, come dall’ombra o dal riflesso da cui non ci si può staccare, privati della vista e pietrificati dal terrore, smarriti nello sguardo alieno, accecati dal fulgore della Notte, spossessati di se stessi e posseduti dalla divinità, nella fusione e nella distanza del contatto intimo, come nell’amplesso degli amanti, proiettati e trasformati nel mondo che la divinità medesima governa, ovvero l’orrore terrificante dell’alterità radicale del mondo infero, il soprannaturale che è nell’umano: l’Altrove, in cui ci si identifica diventando pietra, e da cui si è posseduti. Allora Gorgo si specchia in chi la osserva e si riconosce nel proprio doppio, l’umano divenuto fantasma.

Come la maschera di Gorgo riflette l’Alterità con cui ci si identifica attraverso un incrocio di sguardi che pietrifica, così lo specchio riflette colui che guardandosi diviene altro da sé, qualcosa di enigmatico e di misterioso, come l’ombra, il fantasma, il doppio. Attraverso lo specchio, ci si riconosce e ci si ritrova, purché ci si divida, ci si distanzi da sé; si appaia a se stessi come esterni, estranei, altri. Così lo specchio è illusione, apparenza, e al tempo stesso la realtà dell’Altrove, «una potenza demoniaca e soprannaturale» (10). È una porta sull’ignoto, attraverso la quale ci si sdoppia e si diviene affini all’Altrove, cioè si vive l’esperienza essenziale, la quale consiste nel divenire altro da sé.

Qualcosa di analogo avviene nell’amore. Il delirio erotico è una forma di follia divina, ovvero di possessione da parte di una potenza soprannaturale (nonché di iniziazione ai Misteri). Quando gli amanti si guardano, e il flusso erotico scorre dall’uno all’altra attraverso gli occhi, l’uno si vede riflesso nella pupilla dell’altra come in uno specchio, vede se stesso attraverso l’altra, si perde, diviene altro da sé, si vede trasfigurato nell’altra come in uno specchio che non mostra il riflesso, bensì il volto della divinità da cui si è posseduti, l’alterità assoluta che si nasconde nel profondo, e che trasfigura gli amanti, illuminandoli con lo splendore dell’Altrove, con la luce e l’immagine della Bellezza. Così, per ritrovare se stessi attraverso l’amore, occorre perdersi nell’altro. Per l’uomo, questo significa perdersi nell’Altrove e nel Numinoso attrraverso la donna, ossia perdersi nella donna. Allorché il patriarcato prevale, quando l’armonia è infranta, tanto che il rinnovamento non appare più possibile, e perciò questa esperienza di smarrimento per giungere a ritrovarsi risulta spaventevole, annichilante, la donna appare all’uomo come una minacciosa incarnazione dell’annientamento. Non più una dèa della vita, bensì un demone della morte.


                        
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La Medusa del Caravaggio
La Medusa dl Bernini ai Musei Capitolini
Volto di Medusa sulla soglia del tempio di Apollo a Didyme
Perseo e Medusa del Cellini
Testa di Medusa, artista fiammingo, Uffizi






* Articolo scritto da Alessandro Zabini (alessandrozabini@tin.it) per Il tempio della Ninfa,
pubblicato su www.ilcerchiodellaluna.it nel settembre 2008 con il permesso dell'autore.
Severamente vietata la riproduzione anche parziale senza il permesso dell'autore.




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