Ade-Plutone:
l’invisibile
di
Manuela
Caregnato
IL MITO
Ade è il grande sovrano del mondo sotterraneo, o regno degli inferi,
e presso i romani divenne Plutone.
Il significato del suo nome in greco è “l’invisibile”,
in romano “il ricco”.
Altri nomi con cui fu identificato erano “il buon consigliere”,
“il rinomato”, “l’ospitale”, “colui
che chiude le porte” o il “detestabile”. Sin dal nome
colpisce la sua natura ctonia e la valenza positiva e negativa al contempo.
Egli è il Dio della ricchezza, dell’oro e della fecondità.
Ma la sua ricchezza è invisibile, e il suo carattere si presenta
ambivalente, sacro e distruttivo contemporaneamente.
Figlio di Crono (Saturno) e Rea, egli appartiene alla prima generazione
di Dei dell’Olimpo, e i suoi fratelli sono Zeus (Giove) e Poseidone
(Nettuno), le sue sorelle Demetra,
Estia ed Era.
Appena nato fu inghiottito dal padre, che temendo di essere destituito
da un figlio, come predettogli da una profezia, era solito ingoiarli alla
nascita, ad eccezione di Zeus che fu salvato con uno stratagemma dalla
madre.
Fu infatti Zeus che, con l’aiuto di Meti (dea della saggezza), una
volta cresciuto liberò i suoi fratelli e dopo una lunga battaglia
mandò il patriarca Crono in esilio.
A quel punto i tre fratelli (alle Dee non spettavano regni, conformemente
alla cultura greca patriarcale) si spartirono l’universo e a Poseidone
toccò il regno dei mari, a Zeus la terra e il cielo, mentre ad
Ade toccò il regno sotterraneo, dove vivevano le ombre dei morti
ed alcuni personaggi immortali ivi confinati da Zeus.
I miti che lo vedono protagonista sono ben pochi, giacché trascorre
tutto il tempo nel suo regno, abitato da entità che somigliano
a ombre, immagini per lo più evanescenti, lontana eco di ciò
che furono da vivi.
Quando esce dalle viscere della terra, indossa un elmetto che lo rende
invisibile, dono dei Ciclopi.
Solo due sono le volte in cui uscì, secondo il mito: la prima perché
era ferito e chiese aiuto, la seconda per rapire Persefone.
E’ senza dubbio il meno conosciuto tra gli Dei, il più misterioso,
ed anche l’unico a dare il nome al suo stesso regno.
“Egli è il gemello oscuro, ma altrettanto potente, dell’onnipotente
padre celeste (Zeus), ma gode di uno status superiore, tant’è
che la sua legge ed il suo giudizio sono immutabili, mentre la legge di
Zeus può essere contraddetta. Virtualmente non si intitolavano
templi o altari ad Ade.
Si riconosceva semplicemente che la morte è ovunque entro la vita
stessa, ed ogni cosa vivente ha nel proprio corpo mortale il proprio altare
ed il proprio ineluttabile seme di morte, nato contemporaneamente alla
vita fisica.
Ade non può essere visto dagli esseri umani del mondo dei Superi,
poiché porta un elmo che lo rende invisibile. E’ lui il legame
segreto, il destino segreto, il mondo interno a ciò che ci è
dato.
Noi non possiamo percepire Ade, ma egli è in ogni luogo e ogni
momento, intrinseco al nascere di ogni pensiero, di ogni sentimento, di
ogni ispirazione, di ogni rapporto interpersonale o atto creativo, quale
atto finale di essi, preordinato e inevitabile”(1).
Sotto il profilo iconografico veniva solitamente rappresentato come un
uomo maturo, con la barba, spesso seduto su un trono e dotato di una patera
(2) e di uno scettro, con il cane a tre teste protettore degli Inferi,
Cerbero. A volte si trovava anche un serpente ai suoi piedi. Indossa molto
spesso un elmo, oppure un velo che gli copre il volto e gli occhi.
IL REGNO
DELL'ADE
Non esiste un'unica versione sulla struttura
dell'Ade, la quale cambia in base all'autore e all'epoca storica.
A partire da Omero, i vari poeti inserirono nuovi particolari, anche in
contraddizione: ad esempio, nell'Odissea tutti i morti subiscono la stessa
sorte, mentre nell'Eneide c'è la distinzione tra Tartaro ed Elisio
(una specie di inferno e paradiso)(3).
Ciò che accomuna le varie versioni è che l'Ade è
un luogo tenebroso situato all'interno della terra (4).
Va detto che il regno dell’Ade, così come ci viene descritto,
corrisponde ad una visione della realtà già fortemente intaccata
dal patriarcato, come risulta evidente nell’intera mitologia greca,
dove i ruoli di potere più importanti spettano solo a divinità
maschili.
L’inferno pre-patriarcale in realtà era un santuario uterino,
una specie di caverna di rinascita, e veniva indicato con la parola norvegese
Hellir ( da cui deriva hell in inglese).
Dunque il mondo sotterraneo era in origine un regno materno.
In particolare vi è un mito molto antico, di origine sumerica,
dal quale probabilmente Omero stesso prese spunto, che ci aiuta a meglio
comprendere ed ampliare il significato di Ade: esso è il mito di
Ereshkigal il cui nome significa
“signora del grande luogo sotterraneo”.
Il mito racconta di un viaggio compiuto da Inanna, per raggiungere la
sorella oscura Ereshkigal all’interno del suo regno, e starle vicina
nel momento di lutto per la morte del marito. Nel suo viaggio di discesa
Inanna dovette passare 7 porte sorvegliate da altrettanti guardiani, e
a mano a mano spogliarsi fino a rimanere nuda, di fronte alla sorella.
Poiché di fronte alla verità si è nudi.
Dopo tre giorni di sofferenza, Inanna potette riprendere il suo cammino
verso il mondo luminoso, portando con sé tutti i doni che aveva
acquisito, di gran lunga superiori a quanto aveva lasciato.
C’è qualcosa di matriarcale ed ancestrale in questo
mito e nei suoi rituali.
Ereshkigal aveva molti guardiani e schiavi, tutti maschi, ed un visir
di nome Namtar, che significa destino, e tutti erano esecutori dei suoi
ordini, suoi servitori.
Se per il patriarcato la morte è una violazione della vita, qualcosa
da temere e a cui opporsi, per la coscienza matriarcale essa rappresenta
solo il naturale continuum della vita, l’inevitabile e giusta trasformazione
dell’energia. Infatti Ereshkigal dopo aver affrontato il suo lutto,
onorandolo, scoprì di essere incinta.
Fu dunque con l’avvento del patriarcato e delle religioni patriarcali
che l’Ade andò assumendo un carattere progressivamente più
nefasto, fino a diventare un luogo di male dove regna satana.
Ciò dipende solo da una totale identificazione con Zeus e gli dei
del cielo, che pone il mondo sotterraneo ad un livello inferiore, e quindi
lo descrive quale luogo spaventoso anziché fonte di ricchezza(5).
Il regno dell’Ade della mitologia greca e romana, per quanto intaccato
dal patriarcato, risente ancora molto della visione matriarcale, ed infatti
pur nella sua qualità di sovrano del regno oscuro, Ade non ha nulla
a che vedere con Satana e con l’inferno cristiano.
La morte infatti è il continuum della vita e Ade/Plutone, per quanto
severo ed inflessibile, e come tale molto temuto, non è un dio
del male, né ha in odio l’umanità.
LA DISCESA E L'INCOSCIO PSICOLOGICO
In termini psicologici il dominio di Plutone
è l’inconscio.
L’ego è il fulcro della coscienza, ciò di cui siamo
consapevoli e in cui ci identifichiamo.
Oltre il livello della consapevolezza dell’Ego vi è però
l’inconscio, costituito da tutte le qualità ed elementi del
nostro essere con cui non siamo ancora entrati in contatto, o non abbiamo
integrato.
L’inconscio è il serbatoio dei complessi emotivi
e degli impulsi primitivi soffocati, e le ombre hanno a che fare
con tutto quanto è stato rimosso dalla cultura e dall’educazione,
dal Super-Io.
Ma l’inconscio è anche lo scrigno delle potenzialità
non sviluppate, e come tale contiene i nostri tesori nascosti.
Da qui la duplice valenza di Ade-Plutone, il cui nome significa invisibile
ma anche ricchezza e potere e come tale veniva rappresentato con una cornucopia,
simbolo dell’abbondanza della natura.
Nella vita come nella mitologia non è semplice accedere a questo
regno.
Alcuni possono scendervi e farne ritorno, altri possono accompagnare le
anime e fare da guida, altri ancora vi abitano o ci vivono periodicamente.
Per conoscerlo indubbiamente occorre effettuare una discesa, che può
comportare molto dolore, ma questa è l’unica possibilità
per entrare in contatto con le immense ricchezze che ivi si celano, segregate
oltre i confini della razionalità.
E poiché la vita tende verso la completezza, Plutone asseconda
questo impulso a rompere i limiti e gli attaccamenti dell’ego, per
costringerci a riconoscere le parti di noi che sono escluse dalla coscienza.
Sappiamo bene come per diventare integri si ha bisogno anche del mondo
sotterraneo, e in nome di questa completezza, Plutone ci obbliga a confrontarci
con tutto ciò che si cela in noi e in particolare con i nostri
potenziali inutilizzati, oppure con i nostri fantasmi rimossi(6).
PLUTONE SECONDO L'ASTROLOGIA
Talmente piccolo da far ritenere agli astronomi che non meritasse neppure
lo status di pianeta(7), Plutone è
anche il più lontano dal Sole (sennò come potrebbe essere
il Dio delle ombre?).
Al contrario l’astrologia non ha ne fa certo una questione di massa
o di peso.
Plutone è l’ultimo tra i pianeti dello zodiaco, la sua scoperta
è contemporanea a quella dell’atomo (1930), e analogamente
all’atomo, il suo potenziale è immenso.
Impiega circa 248 anni per compiere la sua orbita, sostando circa 20 anni
in ogni segno e questo ci dà l’idea di quanto incisivi possano
essere i suoi passaggi, vista la lentezza con cui si muove. Per questo
fa parte dei pianeti trans-personali, quelli che determinano i grandi
movimenti di massa.
Sia sul piano individuale che collettivo, esso è il grande
principio di trasformazione.
Abbiamo visto come sul piano psicologico possa essere paragonato all’inconscio,
la scatola nera dove sono celati i nostri più profondi misteri.
Su un piano spirituale autorevoli astrologi della portata di Liz Greene
non esitano a definirlo il “Sé superiore”, quella parte
di noi che sa da dove veniamo e dove siamo diretti, quella parte di noi
che è nascosta ed è in contatto con la Verità, la
scintilla divina che c’è in noi.
Indubbiamente la sua energia ha molto a che fare con il concetto di “intento”,
ovvero le nostre motivazioni profonde, ciò da cui dipende l’intero
progetto della nostra esistenza.
Infatti quando Plutone non dialoga armoniosamente con il Sole o i pianeti
personali (mercurio venere marte) all’interno della mappa
astrale, si verifica come una dissociazione tra i propositi dell’Io
e quelli del Sé, un senso di estraneità e di incapacità
a sentire una vera motivazione nella vita, nelle proprie scelte, nel proprio
agire.
A quel punto transiti e progressioni avranno proprio lo scopo di riconnettere
l’Io al Sé, spesso attraverso processi di profonda trasformazione
il cui unico obbiettivo sarà rendere l’individuo più
autentico.
Plutone ha molto a che fare con quella cosa che chiamiamo “destino”,
e come tale vi è un’impossibilità da parte dell’uomo
a controllare questo potente dio, il quale ci ricorda la nostra natura
divina ma al contempo gli unici peccati che punisce sono quelli legati
all’”hybris”(8), ovvero l’orgoglio divino, rammentando
a noi esseri umani che siamo tutti divini, ma nessuno è onnipotente.
IL GIUDIZIO
Nel Tartaro le anime dei malvagi sono condannate a patire un immutabile
tormento per l’eternità, ma si tratta di qualcosa di completamente
diverso dall’inferno cristiano.
Il tormento del tartaro infatti è raffigurato con immagini di desideri
frustrati, non torture.
Nell’inferno dantesco troviamo peccatori medievali (adulteri, usurai,
bestemmiatori, ecc), riflesso dell’ossessione medievale nei confronti
della peccaminosità della vita e della sessualità.
Nel Tartaro i peccati di questo tipo non sono considerati tali. L’unico
vero peccato di cui si viene puniti è l’hybris . Le figure
mitiche che si trovano nel tartaro sono uomini e donne che si sono spinti
oltre il limite, trasgredendo la legge naturale, hanno insultato Moira
(9) e sfidato gli dei (hanno concupito con una dea, si sono burlati di
una divinità, o hanno asserito di essere più potenti degli
de)i.
Plutone infatti non è interessato a imporre la sua legge sul comportamento
civile degli uomini, egli non è un patriarca (quale invece è
Saturno) e non incarna una morale.
Casomai lui è un matriarca, e come tale
punisce solo chi vuole sovrapporsi alla legge divina, che è la
legge di natura.
Nel tartaro troviamo Sisifo, che tradì i segreti di Zeus e per
punizione spinge un macigno su un monte per poi vederlo rotolare giù
eternamente. Tantalo che ricerca acqua e frutta per l’eternità
vedendosela negata perché ha insultato gli dei facendosene beffe.
Issione ha tentato di sedurre Era e così spinge una ruota irta
di serpenti. Queste sono immagini di una frustrazione, di un’umiliazione
che non ha mai fine, che punisce la boria (10).
Dunque Plutone non si interessa di punire gli uomini per i peccati legati
ai loro istinti (egli stesso è uno stupratore!), né per
i peccati contro altri uomini.
Plutone punisce l’hybris, la mancanza di rispetto nei confronti
del divino, e in particolare punisce un solo tipo di tradimento: quello
a sé stessi, alla propria vera essenza.
Questo è il peccato che Plutone non perdona, e i suoi transiti
saranno tanto più dolorosi e travolgenti, quanto più l’uomo
è lontano da sé stesso, dal suo vero Sè.
I TRANSITI
I transiti di Plutone corrispondo spesso ad una crisi che ci mette dolorosamente
in contatto con una realtà che prima stentavamo a prendere in considerazione.
La nostra natura più autentica e profonda è illimitata ed
infinita, anche se ignota alla maggior parte degli individui. Quanto più
si è portati a legare il proprio senso dell’identità
ad elementi esterni (una carriera, un affetto, uno status), tanto più
il transito di Plutone andrà a minare le nostre finte certezze,
per favorire nuove e più ampie possibilità di identificazione.
In qualche modo si rende necessaria
una morte dell’ego, di una parte di noi, che spesso coincide con
l’immagine che conosciamo, su cui fondiamo il nostro senso di identità.
Ecco, in questo caso Plutone chiede la rinuncia agli attaccamenti negativi,
quelli che impediscono all’Io di diventare veramente sé stesso.
Il mezzo più evidente usato da Plutone è la crisi
di trasformazione, nella quale qualcosa deve andare perduto,
deve morire in noi per fare spazio a nuovi semi che emergono, potenziali
che probabilmente non potrebbero uscire, sommersi da scorie che impediscono
a questi semi di germinare.
Dunque la crisi, come insegna lo Scorpione
(domicilio primo di Plutone) è funzionale a far si che un vecchio
io muoia per liberare un nuovo io, come accade nel mito della Fenice,
che di volta in volta brucia nel fuoco da lei stessa provocato per poi
rinascere dalle sue stesse ceneri e volare via nel cielo.
Quanto più l’individuo è in contatto con la sua interiorità
tantomeno faticoso sarà il processo di spogliazione del superfluo.
Al contrario quanto più forte sarà la resistenza al cambiamento,
tanto più il passaggio di Plutone sarà necessariamente faticoso.
In certi casi sarà necessario che Esso irrompa nella vita dell’individuo
sconvolgendola completamente, come accadde a Persefone.
Il RATTO DI PERSEFONE
ratto di proserpina-valerio castello
Kore è la fanciulla spensierata che gioca in un prato con altre
dee vergini, nell’abbraccio protettivo della madre. Come tale rappresenta
la fase esteriore della vita, l’inconsapevolezza.
Afrodite, Dea dell’amore
molto attenta agli squilibri, la trova troppo ingenua ed innocente per
essere vera, e per questo decide di darle una lezione. Ordina ad Eros
di colpire Plutone con una sua freccia e così questi si innamora
di Kore e la rapisce, mentre lei sta cogliendo un narciso, fiore del mondo
sotterraneo.
Appare evidente come fu proprio il desiderio verginale di Kore a provocare
la reazione di Afrodite e quindi lo stupro di Plutone (11) .
Egli la trascina in un mondo fatto di passione, sesso e intense emozioni
e lì ne fa la sua sposa.
Da quel momento la fanciulla non è più Kore, ma Persefone
- “colei che ama l’oscurità”.
Liberatasi dal dominio materno, è diventata una donna con una sua
individualità.
Ebbene, se in qualche modo rifiutiamo di assumere la nostra natura fino
in fondo, può accadere come a Kore, che Plutone irrompa nella nostra
vita con una modalità violenta.
La sua intrusione nel conscio assomiglia ad uno stupro e noi come Persefone
non possiamo opporre resistenza. Vi è un senso di invasione, di
penetrazione violenta, quanto necessaria per l’evoluzione dell’uomo.
Nel corso di un transito di Plutone, è possibile vivere la sensazione
di sentirsi travolti da qualcosa che è completamente fuori dal
controllo. Ma proprio come Persefone, possiamo scoprire finalmente chi
siamo e cosa si nasconde dentro di noi, e dopo la crisi rinascere a persone
nuove e più complete (12).
Plutone è fondamentalmente un’energia equilibrante:
se siamo eccessivamente identificati con il principio maschile o animus
(autorevolezza affermazione di sé), esso può toglierci il
potere.
Se siamo eccessivamente identificati con l’aspetto femminile, l’anima
(sentimenti emozioni e relazioni affettive), Plutone può privarci
di un legame, per farci scoprire la nostra vera natura. Se abbiamo sviluppato
un orgoglio eccessivo, Plutone si interesserà di ridimensionarci.
Se invece abbiamo incorporato troppa moralità, per effetto di un’educazione,
potremmo scontrarci con modelli e opportunità completamente diversi.
Plutone è il grande vendicatore della legge di natura.
Esso ci ricorda che ogni essere vivente ha un suo livello e limiti ben
precisi. Se ci spingiamo oltre, Plutone attrarrà su noi le Erinni,
magari attraverso una malattia che ci obblighi ad ascoltare i nostri limiti
(13).
LO SCRIGNO DEI TESORI:
Abbiamo visto come Plutone si incarichi di renderci più autentici,
di portarci in contatto con le nostre parti nascoste, con l’inconscio.
E l’inconscio non solo è il serbatoio dei complessi emotivi
e degli impulsi primitivi soffocati, ma è anche e soprattutto lo
scrigno delle potenzialità non sviluppate.
Poiché Plutone era il dio dei tesori nascosti, un viaggio in ciò
che si cela dentro di noi rivelerà ricchezze segrete, di alcune
delle quali non avremmo mai conosciuto l’esistenza (14). Tra questi
riconosciamo in particolare:
Il potere
Il potere è un grande simbolo plutoniano, qualcosa che ha a che
fare con un grande potenziale.
Il potere è un concetto molto distorto dalla morale cattolica e
specialmente per una donna è molto difficile incarnare il potere,
poiché è un’energia in sé stessa molto maschile.
Tuttavia Plutone ci parla di un potere, e la sua posizione nel tema
natale indicherà se e quanto siamo in grado di usare questo
potere. Plutone chiede sempre di fare una scelta e nel fare ciò
ci chiede fino a dove siamo disposti ad arrivare. La linea di demarcazione
è tra il potere e l’abuso di potere. La scelta spetta all’individuo.
L'istinto creativo
L’altro grande simbolo di Plutone è la creatività,
qualcosa che ci appartiene nel profondo, ma che spesso è completamente
repressa, insieme a tutti gli altri istinti.
Durante i transiti di Plutone veniamo testati anche rispetto il nostro
potenziale creativo, e l’utilizzo che ne facciamo. Il potenziale
creativo non ha molto a che fare con il costruire qualcosa, come verrebbe
spontaneo pensare. Esso ha più a che fare con l’intento,
la motivazione profonda che ci muove nella vita. Tantopiù la morale
blocca la nostra parte istintiva, tantomeno questo potenziale creativo
avrà modo di esprimersi. Ecco che plutone si incaricherà
di sprigionare questa energia, rendendola manifesta.
GLI INGRESSI:
In senso fisico gli ingressi dell’Ade sono solitamente caverne o
fenditure, crepacci o crateri di vulcani (15).
In senso psicologico essi rappresentano quelle fenditure dell’inconscio,
ad esempio l’erompere incontrollato delle nostre emozioni, le angosce
e fobie dove l’io sente di essere dominato da “qualcos’altro”.
Attraverso tali fenditure può accadere di precipitare in quegli
abissi.
“Quel pertugio, o cratere del vulcano, è situato nel
punto dove si trova Plutone nella nostra mappa astrale”(16).
CONCLUSIONI:
Concluderei con una citazione di Liz Greene, e l’invito (anche a
me stessa, che da oltre un anno sono interessata dal transito di plutone
in quadratura al mio sole natale) a riflettere sulle parole che contiene:
“E’ ironico quanto paradossale il fatto che la sincera
accettazione di ciò che non può essere cambiato sia spesso
una delle chiavi per un vero e profondo cambiamento della psiche”.
Testo di Manuela Caregnato
Inserito nel sito www.ilcerchiodellaluna.it nell' ottobre 2008
Immagini di Ade
tratte dalla rete
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Note e approfondimenti:
(1) “astrologia e destino”- Liz Greene cap.2
(2) piatto ampio e poco profondo, usato in antichità per bere,
soprattutto in un contesto rituale – Wikipedia
(3) Le tre aree in cui risiedono i morti sono:
A) Nella prateria degli Asfodeli si riunivano le anime degli ignavi e
di coloro che in vita non si erano macchiati di colpe gravi, ma nemmeno
erano stati buoni e virtuosi. La prateria è caratterizzata da un
tedio senza fine, dove solo il cacciatore Orione, inseguendo eternamente
dei daini, sembra godere del conforto di avere qualcosa da fare.
B) Il Tartaro è destinato agli empi che nella vita si erano macchiati
di colpe verso gli Dei o verso i propri simili (ad esempio, i Titani,
Tantalo, Issione, Tizio). Il Tartato è immerso nel buio ed ogni
tanto è rischiarato dalle vampe di fuoco del fiume Flegetonte.
I dannati vengono perseguitati da mostri infernali che rimproverano loro
le colpe di cui sono macchiati.
C) I Campi Elisi (o Elisio) sono riservati ai giusti, ai virtuosi, ai
saggi e agli eroi, dove essi vivevano eternamente sereni, in luoghi pieni
di luce e di fiori, dediti alle occupazioni che più li avevano
dilettati in vita. Ad allietare questo luogo ridente ci sono musiche,
danze, canti e banchetti. Due figli della Notte abitano in questo regno:
Thanatos, il demone della morte, e Hypnos, il sonno. Figli di questi sono
i Sogni, che abitano in una grande casa al di là dell'Oceano. Questa
casa ha due grandi porte: una di avorio e una di corno. Dalla seconda
escono sogni premonitori, dalla prima escono sogni falsi e ingannevoli.
- Oltre l'Elisio vi sono le Isole Beate, riservate a coloro che nacquero
tre volte e ogni volta vissero virtuosamente.
www.saint-seiya.it/sito1/mitologia/grecoromana/strutturaade.html
(4)"Non appena avrai attraversato il mare, scorgerai i bassi
lidi e, denso di alti pioppi e improduttivi salici, il Bosco di Proserpina:
a quella spiaggia battuta dal mare profondo, àncora la nave ed
entra nei domini di Plutone. Lì si alza una rupe presso la quale
due fiumi si mescolano rumoreggiando e, uniti, si gettano nell'Acheronte:
il Cocito, ramodello Stige, e il Piriflegetonte."
"Passato il giorno e d'oscurità ricoperte le strade, dell'Oceano
la nave toccò
i gelidi confini, là dove vive il popolo dei Cimmeri, avvolti dalla
nebbia e dal buio eterno." Omero (Odissea Libro X, XI)
"C'era una grotta profonda e immensa per la sua vasta apertura, rocciosa,
protetta da un nero lago e dalle tenebre dei boschi, sulla quale nessun
volatile impunemente poteva dirigere il proprio volo con le ali, tali
erano le esalazioni che, effondendosi dalla nera apertura, si levavano
alla volta del cielo." Virgilio (VI libro dell’Eneide)
(5) “Gli dei del cambiamento” cap.8 -Sasportas
(6) “Gli dei del cambiamento” cap.8 - Sasportas
(7) il 24 agosto 2006 Plutone è stato declassato a pianeta nano
dall'Unione Astronomica Internazionale, ricevendo il nome di 134340 Pluto.
E’ stato inoltre assunto quale elemento di riferimento della classe
dei pianeti nani trans-nettuniani, denominati ufficialmente plutoidi dalla
Unione Astronomica Internazionale.
(8) In grecia antica con Hybris si intendeva la tracotanza, l’orgoglio
divino e la superbia che spinge a sfidare gli dei per un presunto senso
di superiorità.
(9) In greco antico moira significa "sorte". Nella mitologia
greca le Moire erano figure connesse con l'esecuzione del destino assegnato
a ciascuna persona. Wikypedia
(10) “Astrologia e destino” Liz Greene
(11)“astrologia e destino” Liz. Greene
(12)” Gli dei del cambiamento" sasportas
(13)"gli dei del cambiamento" sasportas
(14) "gli dei del cambiamento" sasportas
(15) L'entrata può essere situata:
- nella più remota parte occidentale, dove non giungevano i raggi
del sole.
- in Sicilia, sul monte Etna.
- il Capo Tenaro, all’estremità del Peloponneso.
- caverne di Colono vicino ad Atene.
- nella costa ionica della Grecia, nella baia di Ammoudia. Ora il luogo
è cambiato per opera dell'uomo, ma un tempo, vicino alla palude
Acherusia, c'era l'Oracolo dei Morti (Necromànteion). L'oracolo
rimase in attività fino alla conquista romana, nel 176 a.C. Secondo
gli antichi, la regione circostante, che si allunga tra il golfo, la riva
destra dell'Acheronte e le montagne, era popolata dai leggendari Cimmeri,
foschi abitanti delle tenebre, usi a vivere sottoterra senza mai uscire
alla luce del giorno.
- presso Cuma, in Campania, nelle vicinanze del lago Averno, formato dal
cratere di un vulcano profondo, circondato da rupi e pieno di esalazioni
mefitiche. Secondo l'etimologia, Averno vuol dire "senza uccelli"
ed effettivamente gli uccelli non vi potevano vivere a causa delle esalazioni.
I greci che da tempo popolavano le colonie campane non si rassegnarono
ad accettare, come dimora dei morti, una terra d'origine ormai troppo
lontana (la baia di Ammoudia) e provvidero per tempo a trasferire la sede
dell'oltretomba in un luogo più accessibile, scegliendo i Campi
Flegrei. Qui una moltitudine di crateri, la natura selvaggia, il suolo
ancora ribollente, la tetra immobilità delle acque raccolte nei
vulcani spenti, fornirono gli elementi di una facile identificazione.
Anche questa, quindi, potrebbe, essere la terra del leggendario popolo
dei Cimmeri.
- Kurumada colloca un'altra entrata nel castello di Pandora, in Turingia
(Germania).
www.saint-seiya.it/sito1/mitologia/grecoromana/strutturaade.html
(16) Astrologia e destino- Liz Greene
Approfondimenti sulla struttura del territorio dell’Ade
e i suoi corsi d’acqua:
In base alle testimonianze della scultura attica e della
pittura vascolare classica, si riesce a ricostruire il viaggio delle anime:
- E' Atropo (una delle Parche) che decide di tagliare il filo della vita
di un uomo. Sono Ipno (il sonno) e Tanatos (la morte), adolescenti alati,
ad allontanare il corpo di un guerriero morto sul campo di battaglia.
- Ermes Psicopompo (Mercurio) prende in consegna le anime dei morti e
le trasporta alle porte dell'Ade o le consegna a Caronte.
- Caronte traghetta le anime al di là del fiume Acheronte, al prezzo
di un obolo (come descritto sopra).
- Oltrepassato il fiume, i morti percorrevano un lungo viale, attraversavano
un boschetto di pioppi e di salici ed infine arrivavano ad una grandissima
porta da cui tutti potevano passare. Lì c'è un terribile
guardiano che veglia rabbioso contro i vivi che tentano di entrare e contro
i morti che cercano di uscire: Cerbero, cane mostruoso fornito di tre
teste, sempre vigile e pronto a scagliarsi contro i trasgressori delle
leggi divine.
Dopo di che, la disposizione delle aree dell'Ade varia leggermente in
base alla fonte.
- Varcata la soglia, le anime attraversavano la prateria degli Asfodeli
(Asphodelos, da a= non, sphodos= cenere, elos= valle, ovvero valle di
ciò che non è stato ridotto in cenere, ossia l'ombra dell'eroe
dopo la cremazione). Nella prateria le anime degli eroi vagavano tra altri
morti che svolazzavano qua e là come pipistrelli. Il loro unico
piacere era bere il sangue delle offerte dei vivi.
- Oltre la prateria si trovano l'Erebo (=coperto), il palazzo di Ade e
di Persefone, cinta da possente mura sulle quali stanno le Furie. Le Furie
o Erinni sono tre: Tisifone, Aletto e Megera, esse hanno il compito di
torturare le anime che si sono macchiate di gravi colpe verso i familiari
e gli dei. Solo quando la a pena era stata interamente scontata, la loro
persecuzione cessava, ed allora, diventate benevole, erano venerate col
nome di Eumenidi. Ai lati della reggia sorgono due cipressi bianchi da
cui sgorgano due fontane: quella dell’Oblio e quella della Memoria.
Le acque della prima cancellano il ricordo della vita passata, quelle
della seconda rinnovano la memoria delle cose amate.
Un'altra versione narra che, per giungere l'Erebo, bisogna attraversare
lo Stige su una barca guidata da Caronte. Davanti alle porte sta Cerbero.
- Minosse, Radamento ed Eaco sono i giudici infernali, che stanno su un
incrocio di tre strade: da qui loro giudicano le anime e le indirizzano
verso una delle tre aree. La leggenda narra che Eaco, anche custode delle
chiavi, si dovesse occupare delle anime di provenienza europea, Radamanto
di quelle di provenienza asiatica e Minosse i casi più difficili.
I corsi d'acqua
Un tempo si pensava che tutti i fiumi della terra confluissero sottoterra
nel baratro immenso del Tartaro, per poi defluire e assumere aspetto diverso
a seconda della natura del terreno. Alcuni fiumi sotterranei, prima di
riversarsi nelle profondità del Tartaro, percorrono numerose gallerie;
altri ancora circondano la terra con uno o più giri a spirale,
come dei serpenti, fino a scendere al centro della terra (non oltre perchè
altrimenti ci sarebbe una salita verso l'emisfero opposto).
Quindi, è cosa certa è che in Ade sono presenti diversi
corsi d'acqua, anche se la loro disposizione viene riportata diversamente
a seconda delle fonti. Alcuni corsi d'acqua, che possono essere fiumi
o paludi, scorrono lenti e minacciosi, altri avere correnti violente o
infuocate. I principali sono:
- Acheronte, il fiume del dolore o dei guai: nominato
per la prima volta nell'Odissea, spesso è descritto come il fiume
principale, che circonda l'Ade ed è situato subito dopo l'ingresso.
La sua riva è sempre colma della infinita torma dei morti, in attesa
di Caronte, il traghettatore.
Questi è un vecchio di orribile squallore, ma dagli occhi fiammeggianti
come brace e dalle membra ancor piene di vigore. Per traghettare le anime
dei morti sull’altra riva, si serve di una grossa barca, vecchia
e malandata. Trasporta solo i morti che possono pagarlo con l'obolo, un'antica
moneta greca che i parenti pongono in bocca prima degli onori funebri
(secondo Virgilio, trasporta solo quelli che sono stati sepolti); gli
altri devono aspettare 100 anni (secondo alcuni, per l'eternità),
in una lunga attesa che è per loro causa di indicibile tormento
anche se sanno che, al di là del fiume, li attende una pena terribile
ed eterna.
- (Piri)Flegetonte, fiume del fuoco: circonda il Tartaro
(che secondo alcuni è una sezione dell'Ade) e ogni tanto lo rischiara
con le sue vampe di fuoco. Secondo Omero, si unisce al Cocito nel formare
l'Acheronte. Secondo Platone, si riversa in una grande pianura arsa da
fuoco violento e forma una palude più grande del mare, tutta ribollente
d'acqua e di fango; da qui scorre circolarmente, torbido e fangoso e,
sempre sotto terra, volge a spirale il suo corso fino a giungere alle
estreme rive della palude acherusiade, ma senza mescolare le sue acque;
dopo molti altri giri sotterranei, si getta in un punto del Tartaro che
è più in basso. Il Piriflegetonte riversa sulla terra torrenti
di lava dovunque trovi uno sbocco. I mitografi e i poeti immaginarono
che vi si punissero i violenti.
- Stige, fiume dell'odio: esistono più versioni
di questo fiume che, secondo alcuni, è invece una squallida palude.
Secondo Platone, Stigia sarebbe il fiume, caratterizzato da un colore
blu cupo, mentre Stige sarebbe il nome dato alla palude che forma.
Stige è considerata essa stessa terribile divinità (un'Oceanina
figlia della Titanide Teti, oppure figlia della Notte e di Erebo).
Secondo Omero ed Esiodo, la sua acqua ha proprietà magiche e proprio
in questo fiume la Nereide Teti avrebbe immerso il figlio Achille per
renderlo invulnerabile; e sull'acqua di Stige giurano gli dei, che subiscono
castighi terribili se non rispettano il giuramento (per un anno il dio
giace senza respiro, avvolto nel torpore e non può avvicinarsi
al nettare e all'ambrosia; poi per nove anni non può avvicinarsi
agli altri dei). Gli effetti dello spergiuro sono in un branodella Teogonia
di Esiodo, che offre altri particolari sulla natura di quest'acqua fatale:
essa rappresenta un braccio dell'Oceano, equivalente a un decimo del fiume
iniziale, e forma con gli altri nove le nove spire con cui il fiume circonda
il disco della terra. Questa cifra delle nove spire si ritrova nella descrizione
virgiliana dello Stige infernale, il quale circonda con i suoi meandri
il regno degli Inferi. Nell'Odissea lo Stige è più chiaramente
definito come fiume; poi, nella tradizione posteriore, la figura della
divinità tende a scomparire e prevale un'antichissima tradizione
che fa derivare dallo Stige fiumi terrestri, o addirittura l'identifica
in corsi d'acqua o paludi, presso le quali sarebbe stato l'ingresso dell'oltretomba.
- Cocito, fiume dei lamenti o del pianto: menzionato
già da Omero come affluente dell'Acheronte e ramo dello Stige.
In esso sono immersi, secondo la descrizione di Platone nel Fedone, gli
omicidi. Il Cocito acquista una corrente violenta a partire dalla palude
Stige, si inabissa e scorre a spirale, in senso contrario al Periflegetonte,
fino a toccare, dalla parte opposta, le sponde della palude acherusiade;
ma nemmeno questo fiume vi mescola le sue correnti e, dopo aver compiuto
un largo giro, si getta nel Tartaro dalla parte opposta al Periflegetonte.
Secondo Virgilio, è una palude stagnante di fango nero e canne
deformi. Nell'Inferno dantesco, così come in Saint Seiya, il Cocito
è la confluenza di tutti i fiumi infernali ed è ghiacciato
nell'ultimo girone dei traditori.
- Palude acherusiade: citata da Omero e Platone, è
la palude principale situata all'ingresso dell'Ade. E' formata dalla acque
dell'Acheronte, del Flegentonte e del Cocito. Secondo Platone, qui si
raccolgono le anime di coloro che hanno condotto una vita mediocre.
- Lete, fiume dell’oblio: non nominato da Omero,
secondo Virgilio è il fiume che attraversa l'Elisio; chi beve o
si immerge nella sua acqua, perde la memoria della sua vita passata e
può quindi reincarnarsi in un altro corpo.
In un'altra versione, non c'è il Lete, ma due cipressi bianchi
dove sgorgano due fontane: quella dell’Oblio e quella della Memoria.
Le acque della prima cancellano il ricordo della vita passata, quelle
della seconda rinnovano la memoria delle cose amate.
www.saint-seiya.it/sito1/mitologia/grecoromana/strutturaade.html
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