CIBELE
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Madre degli Dei immortali,
Lei prepara un carro veloce, tirato da leoni uccisori di tori:
Lei che maneggia lo scettro sul rinomato bastone,
Lei dai tanti nomi, l'Onorata!
Tu occupasti il Trono Centrale del Cosmo,
e cosi' della Terra, mentre Tu provvedevi a cibi delicati!
Attraverso Te c'è stata portata la razza degli essere immortali e mortali!
Grazie a Te, i fiumi e l'intero mare sono governati!
Vai al banchetto, O Altissima! Deliziante con tamburi, Tamer di tutti,
Savia dei Frigi, Compagna di Kronos, Figlia d'Urano,
l'Antica, Genitrice di Vita, Amante Instancabile,
Gioconda, gratificata con atti di pietà!
Dea generosa dell'Ida, Tu, Madre di Dei,
Che porta la delizia a Dindyma e nelle città turrite
e nei leoni aggiogati in coppie, ora guidami negli anni a venire!
Dea, rendi questo segno benigno!
Cammina accanto a me con il Tuo passo grazioso!
Virgilio - Eneide - preghiera di Enea
La grande Dea anatolica
Dea creatrice che ha dato origine allintero
universo* senza bisogno di intervento maschile, vergine inviolata e tuttavia
madre degli dei. La grande dea anatolica si manifestava nella dura sostanza
della roccia e si riteneva fosse caduta dal cielo sotto forma di una
Pietra nera.
Sul confine occidentale della Paflagonia cera una scogliera deserta
che si chiamava Agdo e Cibele vi veniva adorata sotto forma di una pietra
nera.
La leggenda narra che Zeus era innamorato di Cibele ma invano cercava
di unirsi alla dea e nell'angoscia di una notte d'incubo, mentre la
sognava ardentemente, il suo seme schizzò sulla pietra generando
l'ermafrodito Agdistis. Questi era malvagio e violento, con le sue continue
prepotenze aveva già maltrattato tutti gli dei. Sicché
Dioniso, giunto allesasperazione, volle vendicarsi e architettò
ai suoi danni uno scherzo atroce. Gli portò in dono dell'ottimo
vino e lo accompagnò a bere in cima a un grande albero di melograno,
finché Agdistis si addormentò ubriaco fradicio in bilico
su un ramo. Pian piano con una cordicella Dioniso gli legò i
genitali al ramo e, sceso in terra, scosse l'albero con tutta la sua
forza. Nel brusco risveglio il malcapitato precipitò strappandosi
di netto il prezioso organo: così Agdistis morì dissanguato
mentre il suo sangue lavava il melograno e lo faceva rifiorire rigoglioso
e stupendo e carico di succosi magici frutti. La ninfa del Sangario,
il fiume che scorreva nelle vicinanze, sfiorò con la sua pelle
vellutata uno di quei frutti e rimase incinta di un dio.
Fu così generato Attis il bello, il grande amore di Cibele. La
Signora delle fiere suonava la lira in suo onore e lo teneva perennemente
occupato in voluttuosi amplessi. Ma, ingrato e irriconoscente, Attis
volle abbandonare quelle gioie celesti e se ne fuggì via per
vagare sulla terra alla ricerca di un'altra donna. Cibele sapeva bene
che nessuna infedeltà avrebbe potuto sfuggire alla sua vista
onnipotente e, trainata dai leoni, lo sorvegliava dall'alto del suo
carro. Colse così Attis mentre giaceva spensieratamente con una
donna terrena, convinto che le fronde di un alto pino fossero sufficienti
a nascondere il suo tradimento. Vistosi scoperto, Attis fu assalito
da un rimorso tormentoso e implacabile, finché all'ombra del
pino si evirò.
La castrazione divina
Limmagine dellape regina, che durante latto nuziale
effettua la castrazione del fuco, incarna lessenza del mito classico
su Cibele. Presso gli Ittiti, Kumarbi stacca con un morso i genitali
del dio del cielo Anu, ne inghiotte una parte dello sperma e sputa il
resto contro la roccia, ove si genera una bellissima dea. Benché
argomento apparentemente peregrino, la castrazione è un tema
mitico universalmente diffuso e si collega al nucleo della trasmissione
del potere regale cui si è alimentata tanto la tradizione egiziana
(Osiride) che quella Greca (con Urano).
Il culto
Cibele era la grande madre di tutti i viventi, protettrice della fecondità,
signora degli animali selvatici e della natura selvaggia, attraversava
le foreste montane su un cocchio tirato da leoni, accompagnata dal corteo
orgiastico dei coribanti.
Era anche una divinità poliade, fondatrice di città e
patrona del suo popolo in pace e in guerra, aveva anche caratteri oracolari.
Il suo culto,che aveva il centro principale in Pessinunte, in Asia minore,
era in
origine di carattere nettamente orgiastico, con danze sfrenate
al suono di flauti, timpani e cembali ed estasi deliranti, durante le
quali i galli, suoi sacerdoti servitori,
si flagellavano e arrivavano
a autoevirarsi. In seguito il suo culto passo in Grecia e specialmente
a Creta, sotto il nome di Rea. Sotto l'influenza greca, questo culto
perse molte delle sue caratteristiche barbariche, che riaffiorarono
in epoca ellenistica.
A Roma ella fu venerata a partire dal 205 a. c. come simbolo di
fecondita.
I suoi scerdoti si chiamavano Galli nella Galizia, Coribanti nella Frigia,
Dattili Idei nella Troade e Cureti a Creta. In suo onore furono incisi
svariati fregi e solchi su marmo quale atto per ridestare linsita
sua presenza. Santuari imponenti le venivano dedicati in posti inaccessibili,
ricavandoli nelle pareti a picco mille metri sul mare. Il suo misterioso
culto ctonio era praticato nelle fenditure della montagna, entro nicchie
e gallerie. Talora lapertura era un lontano punto visibile su
un dirupo, tal altra corrispondeva al punto più alto di unacropoli:
era lingresso a tunnels scavati interamente nella roccia con gradinate
discendenti nelle viscere della montagna, ad andamento elicoidale e
senza sbocco. Ieratica in trono, Cibele riceve gli omaggi delle processioni
che avanzano al ritmo frenetico di timpani, cembali, flauti e tamburi.
Porta sul capo un ornamento cilindrico, di solito a forma turrita; è
coperta da un velo o da un mantello, regge uno specchio nella mano e,
sette volte su dieci, possiede una melagrana. Come Demetra, impugna
le spighe dorzo la cui Claviceps purpurea
forniva la bevanda allucinogena.
Il leone è il veicolo di Cibele ed immancabilmente lo troviamo
ai suoi piedi. Anche nei bassorilievi della corrispondente dea ittita
(Kubaba) compare un leone ai piedi del trono. Non solo in Anatolia:
nel 1200 a.C. liconografia di una donna nuda in equilibrio sulla
schiena del leone era presente in una vasta area del bacino mediterraneo
orientale che interessava Assiri (Ishtar), Fenici (Astarte) ed Egiziani
(Quadesh). La criniera del leone e le sue fauci spalancate sono lemblema
del pube femminile. Solo più tardi, quando le società
patriarcali hanno sviluppato concezioni misogine, nel pelo leonino è
stata proiettata limmagine raggiata della corona solare. Non deve
stupirci la banalità dellattribuzione sessuale, lidea
dellantro genitale femminile è insita nel nome stesso di
Cibele, che significa grotta. Bisogna considerare che in Cibele
cè la continuità con le semplici concezioni religiose
delluomo del neolitico e che in Anatolia, già nel 6.000
a. C., la grande dea veniva rappresentata seduta in trono fra due leonesse.
La MAGNA MATER
Patrona dei Mermnadi di Lidia, nel mito greco fu assimilata a Rea e
associata a Demetra e venerata ovunque, in genere sotto l'appellativo
di Grande Madre o Madre degli dei.
Perciò essa sola fu detta Gran Madre degli dei
e madre delle fiere e genitrice del nostro corpo.
Di lei cantarono un tempo i dotti poeti di Grecia
che dal trono su un cocchio guidasse due leoni aggiogati,
significando così che l'immensa molte terrestre
è sospesa negli spazi dell'aria e che la terra non può poggiare sulla terra.
Lucrezio, De Rerum Natura
La Magna Mater altri non è che la dea Cibele, la grande divinità
della Frigia, il cui culto è importato a Roma nel 204 a. C.,
durante le guerre con Cartagine, quando il senato decide di far venire
da Pessinunte la "pietra nera" (magica, perché caduta
dal cielo), simbolo della dea e di costruirle un tempio sul Palatino.
Nelle intenzioni del senato il culto di Cibele avrebbe forse rinfrancato
il sentimento religioso e il morale della popolazione, stremata dalla
guerra. L'adozione del culto di Cibele sarebbe stata suggerita dagli
auguri, che avevano consultato i Libri Sibillini e ne avevano ricavato
un'allusione alla dea e all'opportunità di introdurla in Roma,
per avvantaggiarsi nella situazione bellica. Per questo vengono mandati
ambasciatori al re Attalo, che acconsente, dietro assicurazione che
alla dea sarà tributato il culto che le compete. A Roma la pietra
sacra doveva essere accolta dall'uomo e dalla donna migliori tra i cittadini.
Per gli uomini fu scelto Publio Scipione Nasica, lo strenuo avversario
dei Gracchi. Più confusa, nelle fonti antiche, l'identità
della donna prescelta per il delicato incarico. Insieme a Cibele giungono
a Roma anche i suoi sacerdoti, detti Galli, il cui capo è l'Arcigallo.
Il culto di Cibele, rappresentata con la testa coronata di torri,
accompagnata da leoni, o su un carro trainato da questi animali, sopravvive
a lungo nella storia dell'impero romano.
Dal 4 aprile iniziavano le feste dedicate alla dea Cybele, Magna Mater. Avevano termine il 10 aprile. Nello stesso periodo si svolgevano i Ludi Megalenses. L'11 si celebrava la dedicatio del tempio sul colle Palatinus.
Ave, Grande Madre dell'Ida, Madre degli Dei!
Ave, O piu'antica Sacra Dea!
io ti offro preghiere devote, O Cibele,
Berecinziana Madre di Dindymus!
Accoglici sotto la Tua protezione
Che Tu possa difenderci!
A Te offro questa supplica
Per garantire pace, sicurezza,
E salute alla nostra famiglia.
Possa tu essere benevolente e a noi propizia
e non abbandonare mai la Tua progenie.
se si presenta un'offerta di vino:
Per queste cose sii Tu onorata da questa libagione.
Sii Tu benevola e a noi propizia!
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NOTE:
*Il mito pelasgico della creazione
In principio la grande Dea emerse nuda dal Chaos.
Non trovando nulla ove posare i piedi, divise il mare dal cielo e intrecciò
sola una danza sulle onde. Danzando si diresse verso sud e il vento
che turbinava alle sue spalle le parve qualcosa di nuovo e di distinto,
pensò allora di cominciare lopera della creazione: si voltò
allimprovviso, afferrò il vento del nord e lo sfregò
tra le sue mani finché apparve un enorme serpente.
La Dea danzava accaldata, danzava con ritmo sempre più selvaggio
e il serpente, acceso dal desiderio, lavvinghiò nelle sue
spire e si unì a lei.
Volando a pelo dellacqua la Dea assunse forma di colomba e poi,
a tempo debito, depose luovo cosmico.
Ordinò allora al serpente di avvolgere luovo per sette
volte: il guscio si dischiuse e ne uscirono tutte le cose esistenti.
Ma ben presto il serpente si vantò dessere egli stesso
il creatore e irritò così la grande Madre che lo relegò
nelle buie caverne.
E questo il mito Pelasgico, che alcuni Autori ascrivono ad unorigine
anatolica. Si tratta di una versione in accordo con la tradizione indoeuropea
degli antichi Veda (i testi sacri degli invasori giunti in India da
nord e attraverso le steppe caucasiche). Vè un parallelo
con Vinata, dea primordiale che guarda verso dove il limite delloceano
si unisce con il cielo: dalluovo cosmico che ella depone nasce
un figlio alato il cui primo compito sarà di riscattare la madre
dal potere dei serpenti.
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IMMAGINI:
Dea sul trono (Chatal Huyuk, 6.000/5.000 a. C.)
Bassorilievo con Cibele e Attis, Roma, II d.C.
Cybele, bassorilievo votivo, Ai-Khanoum (Alessandria di Oxus), II a.C
Cybeele, bassorilievo votivo romano (alla mater Dei)
.
Cibele, statua romana
Cybele Formiae, 60 a.C:
Cybele frigia, 1.600 a.C.
Cybele-Rhea su vaso greco, V a.C.
Ricerca per https://www.ilcerchiodellaluna.it © 2003
Inserito nel sito www.ilcerchiodellaluna.it
nel 2003 e aggiornato nel 2012
Fonti:
https://www.geocities.com/kubyla/Dea_anatolica.htm
https://www.aztriad.com /cybeleit.html
https://www.romanoimpero.com/2010/03/il-culto-di-cibele.html
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