LA DEA DOPO, AD ESEMPIO IN GRECIA Vorrei dare solo un breve sguardo alla Dea dopo, ad esempio in Grecia, uno dei luoghi culturali della ‘molteplicità’ delle dee distinte, interessante in particolare per il fatto che, accanto ad una notevole presenza ‘femminile’ nel pantheon divino, lo status sociale della donna in Grecia era simile a quello degli schiavi: per lo più privata di ogni diritto, fra cui la cittadinanza, nel caso di Atene(1), ella era sostanzialmente ‘proprietà’ degli uomini, padre, marito o fratelli a seconda dell’età e della situazione. Non a caso già nella Grecia del V° secolo le fonti riportano disturbi psichici quali crisi depressive e propensioni al suicidio come specifici delle donne(2). Prenderò ad esempio solo tre fra le molte dee (le tre del giudizio di Paride), senza alcuna intenzione di completezza e raccontando solo alcuni frammenti delle loro ben più complesse figure: La Dea senza Madre (Atena) la Dea adattata (Era) , la Dea diminuita (Afrodite). Vedremo invece più avanti alcune delle più note dee ‘furiose’, fra cui le Erinni e le Gorgoni. Era, la Dea adattata Benché I miti greci facciano di Era la subalterna del marito (colei che deriva la propria gloria dal giacere fra le braccia di Zeus), è probabile che in precedenza fosse la Grande Dea, suprema e indipendente (Herwa, “la protettrice”). In questo caso, scegliendo Zeus come consorte, lo avrebbe onorato, secondo le celebrazioni più antiche del matrimonio. Erodoto riteneva che Era fosse molto più antica degli dei dell’Olimpo e che il suo culto derivasse dai Pelasgi. La leggenda di Era che sposa Zeus è probabilmente il racconto della presa di potere ellena di Creta e della Grecia micenea e il conseguente decadere del culto della Dea in tutta la regione(3). Era richiama la scelta difficile che alcune donne di potere dovettero fare nei confronti degli invasori: ribellarsi – come fecero, a quanto sembra, le regine amazzoni - o adattarsi, cedere al nuovo potere e cercare di proteggere il proprio popolo accettando il matrimonio regale? In quanto ‘protettrice’ Era accetta di continuare a regnare, pur nel segno di un potere diminuito. Era sembra per certi versi rappresentare l’attitudine conservatrice di chi si opponeva al ‘mescolarsi’ delle sacerdotesse della Dea con gli invasori elleni, o perlomeno così potrebbe essere letta la sua profonda avversione nei confronti degli ‘amori’ di Zeus, che per molti secoli è stato considerato pù un semidio che un Dio(4), quando ancora la successione al trono era matrilineare e il potere del re derivava da quello della Dea. Evidentemente deprivata dell’originario potere, Era ci appare dunque nei miti perennemente impegnata in intrighi e vendette, in cui esercita un potere che diventa avversione nei confronti del femminile ‘reo’ di cedere alle lusinghe del potere maschile. La sua ira, perché in Era alberga qualche tratto delle dee ‘furiose’, si volge verso ninfe, mortali e Dee, con esemplare deflessione di tale energia dal naturale bersaglio della sua rabbia, il consorte Zeus. Come Lilith o Medusa, la sua ira non si esprime direttamente, ma prende a bersaglio il femminile nei suoi momenti più deboli. Era mantiene della grande Dea i molteplici aspetti, ma in una forma ‘adattata’ al nuovo regime. Così nel suo culto i tre aspetti della sua natura - la triplice Dea tratteggiata da Graves - vennero visti esclusivamente in relazione al suo rapporto con Zeus: giovinetta, sposa e anziana(5). Mi chiedo se sia da tale ‘adattamento’ che prese forza quello che è uno dei tratti della descrizione dei diversi volti della Dea: la loro rappresentazione come diverse età della donna. La presenza del tre come numero di forme divine, tipico delle popolazioni patriarcali, è assente nelle epoche paleolitica e neolitica, in cui la Dea, nei suoi diversi volti, è sempre giovane – di contro – semmai – al Dio che invecchia e muore. Atena, Dea senza madre Dei molti volti e caratteristiche di Atena, cito qui alcuni aspetti concernenti la sua nascita, che fece di lei la ‘figlia di solo padre ‘ o ‘figlia senza madre’ che la portò ad essere, per certi versi l’antitesi del divino femminile come era concepito nell’epoca delle civiltà della Dea e ne fa anche la rappresentante di quella ‘doppia inversione’ accaduta nella concezione del divino, di cui ho parlato nella prima parte. Come spiega Graves(6), il mito sacerdotale, riportato da Esiodo, narra di come Zeus inseguisse vogliosamente la Titanessa Meti, la quale prese varie forme per sfuggirgli; alla fine fu raggiunta e fecondata. Un oracolo disse che per prima sarebbe nata una figlia, e che se Meti avesse concepito una seconda volta, sarebbe nato un figlio maschio che avrebbe spodestato Zeus. Allora, mentre giaceva con lei, Zeus inghiottì Meti, l’antica sapienza femminile. A tempo debito, Zeus ebbe una forte emicrania, lungo il lago Tritone, ma giunse Ermete che capì quale fosse il problema. Egli chiamò Efesto o Prometeo e questi aprì la testa del dio con un'ascia. Così, nacque Atena, adulta e armata di tutto punto, urlando.Questa narrazione eliminerebbe le origini matriarcali di Atena, rendendola figlia del patriarcato. Infatti, il mito parla della saggezza come di un attributo diventato maschile; ma fino a quell'epoca, solo la Grande Dea era stata saggia(7). Graves ritiene che Esiodo abbia così conciliato tre fattori contrastanti: a) Atena era nata da partenogenesi dalla titanessa Meti, legata a Mercurio, alla saggezza e alla sapienza; la partenogenesi era una filiazione ‘naturale’ nell’ambito della Grande Dea Madre neolitica b) Zeus, inghiottendola, ne avrebbe acquisito la saggezza (quindi gli Achei soppressero il culto dei Titani, gli antichi Dei, fa cui la Dea e attribuirono il monopolio della saggezza a Zeus); c) Atena era figlia di Zeus (cioè gli Achei insistettero perché gli Ateniesi riconoscessero il supremo potere patriarcale di Zeus). Ricordando il fatto che Zeus era in origine il susseguirsi degli ‘zeus’, i capitribù, anche qui il riferimento è al passaggio di potere di governo. Quindi, Atena diventa qui la fedele interprete di Zeus e nega la discendenza matriarcale. Al suo servizio officiano sacerdoti e non sacerdotesse. Da questa origine proviene, nel corso dei miti, anche il ruolo di Atena nel processo di Oreste e nella trasformazione e nell’uccisione della Gorgone Medusa. Afrodite, la Dea diminuita E infine Afrodite, la bella vincitrice del premio nel concorso che vide Paride giudice fra le Dee. Ella è una presenza ‘recente’ nella mitologia greca:: non fa parte del pantheon più antico e appare per la prima volta oggetto di culto in Grecia intorno al VI a.C(8). Acquisizione recente, anche Afrodite era in origine la Grande Dea, nella sua funzione di Generatrice e Fertilità, venerata a Cipro e soprattutto a Paphos dal 3.000 a.C. circa in santuari a lei dedicati. Il genere di culto e di iconografia che la caratterizzano sembrano collegati sia a quello della Dea Madre nel neolitico più antico, intorno al 6.000 a.C. nel continente, e in Anatolia in particolare, sia, secondo alcuni, al più vicino culto di Inanna/Ishtar. Entrando a far parte del mondo Olimpico, Ella non può che trovarvi posto ‘diminuita’. La sua funzione Generatrice diventa di secondaria importanza, la Fertilità si evidenzia fin dalla nascita – non appena tocca terra sull’isola, ad ogni suo passo l’erba comincia a crescere sotto i suoi piedi – ma Ella non è più l’origine unica della vita vegetale. Era chiamata, a Cipro, Sovrana e governava i raccolti e le ricchezze della comunità, come facevano in suo nome le sue sacerdotesse. Aspetti che non trovano – né potevano trovare – un analogo greco. Dell’antica Dea Inanna-Ishtar-Astarte, Afrodite conserva fascino della Dea, il suo legame con l’atto amoroso come manifestazione della presenza divina, ne conserva il profumo e la dolcezza della seduzione. Seduzione e fascino, due aspetti che, vedremo, faranno poi parte del femminile negativo dei demoni femminili nel mondo giudaico-cristiano. ... continua con la Quarta Parte Testo originale di Anna Pirera 2008-2009 Inserito nel sito www.ilcerchiodellaluna.it nell'Ottobre 2009 Note: 1 - Che la situazione femminile non fosse sempre stata tale è testimoniato anche dai miti in cui le donne ateniesi rinunciano ai loro precedenti ‘diritti’, fra cui quello di trasmettere il loro nome ai figli, diritto che da un certo momento in poi diviene del padre.
2 - Cfr l’articolo di G. Guidorizzi, La follia delle Donne.
3 - R. Graves, op.cit., p. 42
4 - Ibid. p. 47 “Zeus” era l’appellativo del re sacro del culto della quercia
5 - Husain, la Dea, p. 98
6 - R. Graves, op. cit. , carattere e imprese di Atena.
7 - Meti, la sapienza femminile, è un sapere ma è anche un modo di pensare. Metis è infatti il nome che la Valcarenghi dà a quella forma del pensiero femminile che si affianca al logos maschile: essa viene qui divorata, inglobata dal Dio. Il maschile logos diventa l’unica via del pensiero di cui anche Atena è rappresentante.
8 - A differenza di Era e Atena, che, con Artemide, erano citate già nel XIII a.C.
|
|
Aditi, |
Cailleach |
Hathor, |
Oestara, Reitia, |
Ade Apollo Ares Attis |
|
Questa pagina del sito del Cerchio della luna è in regime di Copyleft: la riproduzione dei materiali presenti in questo sito è libera ed incoraggiata purché citando la fonte per esteso [nome del sito , dell'autore - e del traduttore - dell'articolo citato) |