Galleria delle Dee
Incontrare le Dee/gli Dei attraverso storia, mito, immagini e racconti



gorgone   LE DEE FURIOSE
Aspetti dell'Ombra nella storia e nel mito; le ferite nell'immagine divina femminile
Testo di Anna Pirera

(Nona parte, Torna all'Ottava parte, o vai all'Introduzione)

CONCLUSIONI

Alla fine del viaggio, mi resta l’impressione di un riducibile e di un irriducibile.
Rassegnazione, Rabbia e Potere al femminile sono luoghi difficili, al contempo storici, sociali e individuali.  Non condivido la maggior parte del pensiero femminista su questi temi, come ritengo che la preistoria e le sue vicende siano per noi più il luogo del mito che quello della ricostruzione storica. Intendo dire che mi sembra che la prospettiva della ricostruzione perda, del senso, di più o perlomeno tanto quanto guadagni.
Io non credo, come ritiene invece la Valcarenghi, che ci sia un inconscio collettivo femminile sofferente e che alcune donne – particolarmente sensibili? – ne manifestino le patologie.
O perlomeno, non è nel mio interesse enfatizzare di questo ambito l’apetto sociale, che mi sembra anche, qui da noi, perlomeno, non più attuale. Molto di più, mi interessa il terreno per così dire dello spirito – ammesso che abbia senso distinguerlo da altro -  quello del mito, appunto, quello della relazione con il divino.

erinni

Le Dee della Morte più diffuse nel mediterraneo hanno perso il senso originario, perso il contatto con il loro sfondo, persa l’origine della loro solitudine, persa la loro relazione. Lilith, Medusa, e le loro malinconiche affini sirene, lamie e schiere demoniache turbano, richiamano aspetti torbidi, oscuri e paludosi. Si pensi a come è cambiato l’immaginario della palude, da luogo della Grande Dea uccello neolitica ad ambiente mefitico di un femminile percepito soprattutto come infido e pericoloso.

Altre Dee, perlopiù orientali, mantengono la possibilità di un senso più ampio, di una connessione. Hanno più potere – basta pensare a Kali – e per questo ci propongono una comprensione più profonda del tema della distruttività femminile.

La riflessione sulla scomparsa delle civiltà della Dea ha portato oggi ad una vasto movimento, cui mi sento di appartenere, di riscoperta del Femminino sacro. Stiamo tornando a rivolgerci a una Dea, o a molte Dee, per la prima volta da molti secoli. Solo che mi talvolta mi chiedo se stiamo dimenticando che una Dea sconfitta non può più essere tale.
Da qualche parte, in noi, alberga la coscienza che il suo potere non è stato abbastanza. 
Dov’è finito il dolore della sconfitta? Dove il pianto per la Dea perduta?
Le Dee furiose portano parte di questo dolore, di questo lutto, ma sembra che come tale non sia facilmente visto. Di queste Dee è stata percepita l’energia liberatrice; è stato sottolineato il loro essere proiezione della paura del maschile; ne sono stati esaltati gli aspetti profondi, trasformativi, il loro essere frammenti di antica sapienza.
Ma frammenti significa anche qualcosa che è stato spezzato. E giardino dell’Eden significa qualcosa che è per sempre perduto.
Dopo la rabbia del femminismo, noto che in molti luoghi si desidera velocemente passare alla ricostruzione, saltando un passaggio, saltando il dolore. E non intendo il dolore della donna divenuta schiava. Quello, tante volte è stato pianto. Intendo il dolore per la Dea.
Ma in che modo può essere espresso il dolore per una sconfitta divina?

Occorrono nuovi miti, nuove storie.
Mi piacerebbe ci fosse una storia di un Dio che, come un tempo fece Iside con Horus, intraprende una lunga ricerca e molti viaggi sulla terra e nei mondi di sotto, per recuperare a uno a uno i pezzi dell’amata Dea che è stata smembrata. Non bastano dopotutto le donne a raccontare nuove storie e abbiamo visto come sia in Shiva il potere, riflessivo, di far riemergere Devi dall’ira di Kali.
Quella Devi che è anche Kali, intendiamoci, che danza con Shiva la distruzione del mondo.







Testo originale di Anna Pirera 2008-2009
Inserito nel sito www.ilcerchiodellaluna.it nell'Ottobre 2009

 



 


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