La Grande Dea |
DEMETRA
e i Misteri Eleusini
Demetra, conosciuta come la Dea greca del Frumento era venerata a Eleusi, una città attica di origine Micenea, situata a occidente di Atene. La più importante e antica testimonianza che ci resta del suo culto è l'Inno omerico a Demetra(2) , tutte le altre informazioni ci vengono da frammenti di autori greci posteriori, talvolta cristiani. Il suo nome deriva da un arcaico Dè Meter che potrebbe discendere dal miceneo Gè Meter, Terra Madre(3) , da intendersi forse nel senso di « Madre Natura ». Il mito rappresenta una delle varianti più famose dei culti agrari dedicati al ciclo di morte, rinascita e trasformazione della vegetazione e narra le drammatiche vicende della Dea delle Messi, che partita da Creta(4) giunse a Eleusi, per ritrovare la figlia Core/Persefone, rapita da Ade, il dio degli Inferi.
« Coloro che entrano qui non hanno più luce. Di polvere e creta debbono nutrirsi. Sono vestiti come uccelli, vestiti di ali. Polvere è sparsa sulle porte e sulle serrature.» In questo caso la Dea Inanna non deve liberare sua figlia, ma il suo compagno Tammuz/Dumuzi, il dio della vegetazione e scende lei stessa agli Inferi, in quello che sembra velare uno dei primi rituali iniziatici, collegato a oggetti simbolici, a punti energetici e piani di realtà. Man mano che la dea varca i 7 portali degli inferi viene privata delle vesti e degli ornamenti: della corona al primo portale [la regalità, ma anche il Chakra della Corona], degli orecchini al secondo (il senso dell'udito), quindi delle collane (centro della gola), dei pettorali (centro del cuore), della cintura (Sessualità e Fertilità), dei braccialetti e delle catenelle alle caviglie (i legami e il movimento) e infine delle vesti (il corpo stesso). Condotta nuda al cospetto della sorella, questa la fa torturare con “sessanta afflizioni” in ogni parte del corpo e di conseguenza nel periodo in cui la dea dell'amore e della guerra rimane prigioniera negli inferi, la terra perde la sua fertilità. « Da quando Ishtar è scesa nel luogo da cui non si torna il toro non salta più sulla vacca, l’asino non monta più la compagna, l’uomo nella strada non si unisce più alla fanciulla(5). » Allo stesso modo, Iside,
la Dea Egiziana della Sapienza e della Magia, andrà alla ricerca
del suo compagno/fratello Osiride, il dio del Grano e della Birra,
fatto a pezzi dal fratello Set, come una spiga viene che battuta per
separarne i chicchi. Osiride, una volta “ricomposto” da
Iside, andrà a regnare negli Inferi come aspetto della luce
del Sole in fase decrescente(6) , (il sole estivo la cui luce inizia
a diminuire dal solstizio d'estate a quello d'inverno) e notturna
(la parte di giornata nella quale si immaginava che il disco solare
viaggiasse sottoterra, per tornare all'alba) . Perché un tempo il ciclo
agrario era celebrato ritualmente? Viviamo in un’epoca e in una parte del mondo in cui è diventato piuttosto raro partecipare in prima persona alla preparazione del pane: dal momento della semina a quella del raccolto, dal momento della macinatura a quello della panificazione”. Al contrario, anticamente, in periodi astronomici e meteorologici precisi, tutto questo processo era vissuto attraverso una serie di momenti sacri, scanditi e celebrati ritualmente non solo dalle piccole società agricole produttrici, ma anche dalle grandi città, dipendenti dai prodotti delle campagne e delle colonie(7) . Durante l’anno liturgico venivano indette Grandi Feste nelle quali si rappresentavano le tragiche(8) vicende di quelle divinità che incarnando “gli spiriti” della Natura, sacrificavano se stesse per la collettività, morendo (frutti) e risorgendo (semi) stagione dopo stagione. «Quando Demetra giunse nel nostro paese, nel suo peregrinare a seguito del rapimento di Core, e provò un sentimento di benevolenza nei confronti dei nostri antenati per i servizi ricevuti (di cui solo agli iniziati è consentito sentire parlare), concesse due doni, che sono i più grandi che esistano, i frutti della terra grazie ai quali non viviamo come bestie, e l’iniziazione, in virtù della quale coloro che vi partecipano godono delle più dolci speranze per la fine della vita e per l’intera durata della loro esistenza(9) .» Le sacre feste avevano due livelli di partecipazione: uno collettivo e uno iniziatico. Nel primo si celebrava il raccolto materiale, mentre con il secondo si comprendeva che c'era un modo di “coltivare il proprio futuro” che offriva anche un raccolto “spirituale”. A quel tempo l'essere umano si sentiva ancora figlio della Natura e aveva logicamente dedotto che le leggi, i cicli e le metamorfosi che trasformavano un seme in frutto, erano le stesse che regolavano le stagioni della vita psicofisica dell’individuo. Si poteva quindi ottenere un prospero raccolto sia da vivi che da morti se ci si preoccupava di coltivare anche il “terreno”(10) dell'Anima. In questa prospettiva, lo stesso Ade, Signore dei Morti, non veniva rappresentato dagli Eleusini come personificazione della morte ingiusta, ma come espressione della ritmica danza della Vita che si alterna con la Morte, se a Roma il dio, venne identificato con Plutone, il nume tutelare della ricchezza, esprimendo un chiaro parallelismo tra il raccolto messo via per l’inverno(11) , e la giusta ricompensa dopo la morte: « […] subito alla sua casa mandano, nume tutelare, Pluto, che dispensa ricchezza agli uomini mortali(12) . » « Felice tra gli uomini che vivono sulla terra colui ch’è stato ammesso al rito! Ma chi non è iniziato ai misteri, chi ne è escluso, giammai avrà simile destino, nemmeno dopo la morte, laggiù nella squallida tenebra(13) .» « ... Quando Demetra ... concesse
... l'iniziazione, in virtù della quale coloro che vi partecipano
godono delle più dolci speranze per la fine della vita e per
l'intera durata della loro esistenza(14) » DEMETRA come espressione di Madre Natura e mitica fondatrice dell'agricoltura. Il culto di Eleusi nella sua forma più
antica, a differenza degli altri culti agricoli, è una religione
“al femminile”. In esso non troviamo la coppia divina
della Dea e del Dio. Demetra non ha un figlio, fratello e compagno,
ma la storia gravita intorno al rapporto affettivo tra una Madre e
una Figlia. La figura di Dioniso, all'interno di questi misteri, compare
più tardi e anche Ade, fratello di Demetra, non è il
suo “paredro”(15), ma al pari di Ereshkigal, serve a spiegare
il motivo per cui la vegetazione in autunno si ritira attraverso la
discesa di una divinità femminile collegata al grano, invece
che per mezzo di un dio della vegetazione. In un culto al femminile
verrebbe da pensare a una triplice manifestazione della Dea, se non
fosse che Demetra e Core, pur rispecchiandosi l’una nell’altra
sono solamente in due, se non si calcola l'aspetto di donna anziana
che la Dea delle messi assume mentre cerca la figlia. Potremmo allora
essere in presenza di una Dea Doppia, come manifestazione di un’unica
divinità della Natura, nel suo duplice aspetto di Vita e di
Morte, tenendo conto anche del fatto che alcuni studiosi associano
il nome di Demetra con quello di Core partendo dal miceneo ko –
wa (Core e) fino a ma – ka che diventerebbe Ma – Gà
e successivamente Da – meter. Nell'Inno a Demetra, la figlia
della Dea viene però sempre chiamata Persefone, quindi in mancanza
di prove, la cosa più semplice è considerare le due
Dee come manifestazioni della Natura stessa, sul modello di quella
che diverrà poi l'idea di un una Unità che si manifesta
nella Molteplicità dei doni della terra . Madre Natura rivela
se stessa nella forma di Demetra come Dea delle messi, quindi della
Terra(16), ma si dimostra anche Dea Celeste, perché nell’inno
le tappe della ricerca della figlia vengono distinte attraverso precisi
momenti stagionali. La Natura si manifesta in Demetra, che si incarna
sul piano materiale in Persefone, così da poter nutrire l'umanità
nella sua qualità di dea seme . « Per la terza parte
dell’anno » compie il suo ciclo in questa condizione restando
« dentro la densa tenebra », mentre per due terzi torna
dalla madre e con gli altri immortali. Non è ovviamente la
Natura che ha dato di sé l'immagine di una Dea(17), ma la percezione
culturale degli esseri umani, che la immaginano come una Donna Immortale
i cui stati d'animo spiegano metaforicamente perché e quando
la vegetazione si ritira e si occulta, oppure inonda i campi di fiori
rigogliosi e messi abbondanti. All'immagine di Demetra, gli abitanti
di Eleusi affidano il loro oscuro passato protostorico di cui anche
loro hanno perso memoria, rendendola mitica fondatrice, protettrice
e divulgatrice(18) delle tecniche per seminare, raccogliere e trasformare
uno degli aspetti vegetali più importanti per la sopravvivenza
della società rurale stanzializzata: il Grano. Questo fa pensare
a certe teorie che vedono la nascita dell'agricoltura collegata all'azione
soprattutto delle Donne. Persefone, da parte sua, rappresenta il prodotto
della Natura, il seme di Demetra, che ricorda il successivo mito cristiano
del dio Ebraico che si manifesta in suo figlio, il Cristo, il cui
culto si fregerà del pane di Demetra e del vino di Dioniso
come simboli della sopravvivenza spirituale.
Il fatto che il ciclo del grano nel mito Eleusino venga descritto con 3 fasi, può essere spiegato sia che ci si riferisca a 4 stagioni(19) , che ci si affidi al calcolo delle levate eliache(20) , rintracciando la quarta fase non nell'Inverno e neanche nell'Autunno che fanno entrambi parte delle fasi della vita del seme, (quando cioè questo è nascosto nella terra), ma in un momento simile a quello indicato simbolicamente dalla Luna Nera, una fase “invisibile” che non fa parte apparentemente del ciclo riproduttivo della semente, ma che comunque esiste come “fase nascosta” , come “occultamento” del seme prima che venga ri-piantato. Questo momento potrebbe coincidere con la fine dell'estate, quando i semi raccolti sono “prigionieri” nel buio dei granai di Plutone, in attesa di essere ricondotti nel regno sotterraneo di Ade. Questo luogo “della vita dopo la morte” e “della morte che conduce alla vita”, dove il seme attende(20) il tempo della prossima trasformazione è equiparabile in un certo senso all'ingresso dell'aldilà, uno spazio nel quale le anime attendono di reincarnarsi o dove soggiornano il tempo di rendersi conto della nuova vita che le attende . Nel periodo in cui Demetra va in cerca di sua figlia per liberarla indossa l’abito nero, come nera è la terra ricca di humus dopo che è stata arata dalle energie incanalate del Toro. Non siamo ancora in inverno, ma potrebbe trattarsi proprio del tempo che intercorre tra la mietitura e la semina, tra fine estate e inizio autunno. La terra in questa fase è apparentemente sterile, nel senso che non ha ancora ricevuto il suo stesso seme da ritrasformare, ma nasconde dentro di sé tutta la potenzialità della generazione. Siamo molto lontani dalla visione della Donna e quindi della Terra(21), svilita a contenitore di un seme maschile introdotta da Aristotele e Platone(22) e passata nel cristianesimo: «Nei campi coltivati a frumento l’aratura inizia a metà giugno, subito dopo si concima e si ara una seconda volta a metà settembre, perché la terra destinata a frumento deve essere pronta per i primi di novembre. Ogni aratura è da ritenersi una ripulitura della terra dagli agenti infestanti ed un arricchimento in azoto ed ossigeno. Il gelo poi frantumando la zolla, la rende polverosa e la depura dagli insetti(23) .» I Rituali dei Misteri Eleusini si celebravano tra settembre e ottobre e il tempo della semina, si collocava proprio a metà autunno, verso ottobre, il mese dei morti e del moderno Samhain. « La Semina, a spaglio, varia infatti con il clima: nelle regioni settentrionali in pianura inizia in ottobre, in quelle meridionali nella seconda metà di novembre. Il seme va sottoposto preliminarmente a vagliatura, un altro degli strumenti sacri a Demetra ed a Dioniso, per eliminare le impurità. Si effettua una selezione preliminare del seme mediante crivello a maglie larghe. Nei paesi freddi vengono preferiti i semi grossi perchè contenendo più sostanze di riserva, sopportano meglio il freddo. » Prendendo per buono quanto ipotizzato fino
ad ora, nel momento in cui Demetra si ferma a Eleusi, la semina è
stata finalmente compiuta. La Dea, “ospite dei mortali”,
riposa e attende sotto le mentite spoglie di una vecchia nutrice,
ma in realtà è una Madre che attende di partorire, è
la terra che ha riavuto il suo seme, e attende di “ritrovare”,
cioè dare di nuovo alla luce sua figlia. Il nascondersi nei
panni di una Vecchia può essere simbolicamente ricollegabile
al fatto che la Donna incinta e la Donna anziana condividono una condizione
simile, cioè l'essere “divenute sterili”. Questo
stato permette loro di acquisire una maggiore saggezza e potere, perché
l'energia viene rivolta verso la creazione interiore, rispetto a quella
esteriore. La donna incinta è sterile solo per il tempo che
le serve a portare avanti la crescita del seme che sta facendo sviluppare
dentro di se (allattamento compreso). In questo periodo il suo ciclo
ovulatorio(25) si interrompe, così come la vegetazione in inverno
rallenta il suo battito, ma questo non vuol dire che le energie non
siano comunque impegnate in uno sforzo creativo, perché è
proprio in inverno che il seme sviluppa le radici e coltiva quelle
energie che gli permetteranno di spingersi con forza fuori dalla terra. «O mortali sciocchi e insensati, incapaci di prevedere il destino, buono o cattivo! [...] avrei reso tuo figlio immortale, ora invece non potrà sfuggire alla morte e al fato [...] ». Subito dopo aver pronunciato queste parole di rimprovero, decide però di istruire gli abitanti sui suoi “Riti di perfezionamento” e chiede che per questo motivo le sia costruito un Tempio nel quale insegnare all'anima come poter accedere alle zone più felici dell'aldilà. Qui termina la funzione del divino come mitico antenato neolitico(27) ed entriamo in epoca protostorica con il passaggio dall'allevamento all'agricoltura. La divinità affida i suoi segreti a sacerdoti che vengono scelti tra gli esponenti delle famiglie che l'hanno ospitata, ovvero una stirpe di ierofanti formata in prevalenza da pastori (Eumolpo), procari (Eubuleo) e bovari (Trittolemo(28)) . Questi sono forse i mitici discendenti dei clan familiari che svilupparono e/o importarono le tecniche dell'agricoltura(29) e che trasformano un sistema di istruzione iniziatica da familiare-tribale in sociale-urbano ritualizzando i modi per “addomesticare” (30)la Vita e la Morte: « ... Allora niente di meglio
di quei misteri, che ci hanno sottratto a una vita rozza e selvaggia
e resi civili e disponibili alla cultura umana; e le iniziazioni,
come sono dette, così davvero abbiamo conosciuto i principi
della vita, e abbiamo ricevuto la dottrina non solo per una vita felice,
ma anche per una morte sostenuta da una speranza migliore(31) .» PERSONAGGI IMPORTANTI nell'EPOPEA di DEMETRA 1) IAMBE Nell’Inno a Demetra vi è un episodio che ha precedenti o similitudini nei miti di altri popoli. Iambe (o Baubo a seconda delle fonti), una delle figlie della regina, cerca di consolare la Dea, dai bei capelli, che chiusa nel suo dolore se ne sta in silenzio e digiuna. Vi riesce facendola ridere con scherzi e motti osceni: «Ma Demetra signora delle messi, ricca di doni, non volle sedersi sul trono splendente e aspettò silenziosa, abbassando i begli occhi, finché l'accorta Iambe le pose vicino un robusto sgabello, e sopra vi stese un candido vello. Qui sedendo, la dea si teneva il velo con le mani. A lungo rimase seduta, muta e angosciata, senza rivolgere parole o gesti ad alcuno: non sorrideva, non toccava né cibo né bevanda, struggendosi di nostalgia per la figlia dall'alta cintura. Finché l'accorta Iambe, con scherzi e con molti motteggi, indusse la dea veneranda a sorridere, a ridere e a rasserenare l'animo (Iambe che anche poi fu sempre cara al suo cuore(32)) . » Anche se si potrebbe trattare di riferimenti riguardanti la pratica ritualistica della purificazione e del segreto iniziatico, non si può negare alla vicenda un ruolo catartico. Provocare una risata in una persona che sta attraversando un brutto momento è come veder sbucare all’improvviso un raggio di sole in un cielo in tempesta. Un motto di spirito, una frase oscena, interrompono e spezzano con effetto esplosivo e terapeutico (risoterapia), il silenzio e l’isolamento nei quali finiamo per rinchiuderci a causa del dolore. Il riso spezza la tensione e riequilibra le energie in una situazione drammatica. Il nome Iambe, non a caso, è anche l’eponimo della poesia giambica, tradizionalmente scurrile (sessuale) e “violenta” (satirica), la cui origine è connessa con le feste di Demetra e Dioniso. La comicità oscena e il fare l’amore sono legati, perché entrambe le cose rendono sicuramente allegri(33) . Non dimentichiamo, infatti, che la Sessualità è collegata direttamente alla fertilità e all’azione creativa–trasformativa. A questa categoria di personaggi “satirici” appartengono anche il dio egiziano Bes che mostra i genitali per distrarre le partorienti dal dolore e la dea Celtica Sheila na Gig(34) che mostra il suo sesso femminile allargato per indicare la porta della vita, tutte similitudini che confermerebbero l'episodio di Iambe come momento in cui Demetra è in attesa di “partorire” Persefone, facendola cioè tornare dagli inferi uterini della Terra.
«Dicono che “portatore di luce [fosforon] è il fuoco misterico ... L'iniziazione avviene di notte e in forma oscura perché i non iniziati non ne vengano a conoscenza ovvero perché è di notte che si celano i misteri ... (35)» ; «Chiamavano “astro che porti la luce” [fosforon] il fuoco misterico, perché i misteri si svolgevano di notte(36) .» Nel culto di Mitra esistono due figure maschili chiamate dadofori, i “portatori di fiaccola”, uno la tiene alzata e l'altro abbassata, indicando sia le porte solstiziali attraverso le quali entrano ed escono le anime, sia la luce e il buio che si contendono il loro posto nel mondo quando le giornate si allungano o si accorciano(37) . Nel culto di Demetra questa funzione di portatrice di fiaccola è assegnata a Ecate. Questa Dea appare di sfuggita all’inizio del racconto per confermare il rapimento e subito dopo si mette in viaggio con Demetra, stringendo nelle mani fiaccole ardenti. Potrebbe trattarsi anche in questo caso di un riferimento alle porte solstiziali collegando il ciclo solare non a un Dio, ma a una Dea attraverso la metamorfosi stagionali del grano. Anche Ecate, successivamente collegata alla magia, alla Luna e agli inferi, potrebbe essere stata in origine una Dea Celeste intermediaria, così come si scorge anche dagli Oracoli Caldaici(38) : « “Nel fianco sinistro di Ekate risiede la sorgente della virtù che permane tutta quanta all'interno, senza perdere la verginità”. [...] Icaldei descrivono Ekate come una dea che occupa l'ordine divino intermedio e gioca un ruolo centrale posto tra tutte le potenze. Così, mentre pongono nella parte destra del suo corpo la fonte delle anime, nella sinistra pongono la sorgente delle virtù.» La prima fonte antica che nomina Ecate è Esiodo nella sua Teogonia, anche se, secondo gli studiosi, si tratterebbe di una Dea Madre preolimpica assorbita dal pantheon greco(39) . Di lei il poeta dice che « sopra tutti Giove Cronide onorò, alla quale dette fulgidissimi doni: parte le dette della terra, del mare che mai non si miete: e anche ella ha potere nel cielo gremito di stelle(40) ». Si tratta quindi di una dea al di sopra di tutti gli dei, che più «d'ogni altra, riscuote onore fra i Numi immortali». Il suo epiteto è anghelosa, (in italiano Angelo), ovvero la messaggera , essa appare all'inizio della storia per avvertire Demetra del rapimento e appare alla fine quando Persefone viene liberata, divenendo presenza fissa nel corteo rituale di Demetra. Appare dunque per segnalare e annunciare come i dadofori la discesa e la salita del Sole in rapporto al Grano: ovvero di Persefone Seme che scende agli inferi dopo il Solstizio di Inverno(41) e si manifesta in tutto il suo splendore di spiga matura da mietere con il Solstizio d'Estate, per venire liberata dalla materia e ascendere all'Olimpo con la Madre e gli altri immortali: « Venne loro vicino Ecate dal velo splendente e abbracciò stretta la figlia dell'augusta Demetra: da allora la dea è sua battistrada e sua scorta(42) .» In virtù di questa potestà
su tutti i mondi nessuno meglio di Ecate può essere guida per
tutti coloro che stanno attraversando territori fisici e psichici
sconosciuti e quindi “oscuri”(43) . Come una luce nel
buio(44) la Dea segnala la strada ai viaggiatori aiutandoli a non
smarrirsi nella traversata tra un mondo e l'altro, tra l'angoscia
della perdita e la felicità del ritrovamento, tra il buio della
“notte più lunga dell’anno(45) ” e il momento
in cui la luce “rinasce(46)” . Ecco allora che anche il
grano, come il Sole scende sotto forma di energia vitale nella terra
in autunno (discesa), dove crescere fino a riemerge aprendosi la strada
nel buio del grembo materno in inverno (risalita): un chiaro parallelismo
con il viaggio spirituale del profano (seme) che si trasforma in neofita
(nuova pianta), per raggiungere la sua maturazione di iniziato (spiga).
All'inizio ho definito il Culto di Demetra
come una religione “al femminile”, perché i personaggi
chiave sono Dee, ma questo non deve fare pensare che all'epoca si
trattasse di una religione rivolta solo alle Donne, anche laddove
Erodoto dice che: Nelle fonti i Misteri vengono presentati come aperti e rivolti a tutta la popolazione, semmai, come spesso accadeva in altri culti della Dea Madre i ruoli più importanti non erano sempre ricoperti in ugual misura da sacerdotesse e sacerdoti. Forse per il passaggio da un'epoca neolitica più paritaria a un'epoca storica sempre meno disposta a dividere il potere e la conoscenza con le donne. Si trovano effettivamente più citazioni riferite a iniziati che a iniziate (le « Melissai(47) », le Api di Demetra). Si riscontrano comunque frammenti in cui si parla di Donne Ieronfantidi, e Donne che iniziano gli Ierofanti, cosa che induce a pensare che la tradizione mista dei clan familiari religiosi Eleusini riuscisse a conservare in parte le sue tradizioni e quindi a opporsi alla cultura e alla filosofia classica Ateniese, famosa per il suo maschilismo. « ... le Ceropidi mi consacrarono ierofante di Deò(48) » ; « È una famiglia di Atene, dalla quale era tratta la sacerdotessa di Demetra e Core; questa precedeva a iniziare i misti a Eleusi(49) » ; « ... Lo ierofante, le ierofantidi, il daduco e le altre sacerdotesse portano una corona di mirto e per queste ragioni [Sofolcle] lo attribuisce come corona a Demetra(50) .» ; « ... [Le ierofantidi] Quelle che fanno vedere gli oggetti sacri a chi viene iniziato(51) .»
Non bisogna pensare che il senso profondo
di un culto antico, possa venir limitato da problematiche socioculturali
e sessuali. Il vero ostacolo alla sua comprensione sono le informazioni
insufficienti e la mancanza di testimonianze dirette, di conseguenza
sento il bisogno di iniziare la seconda parte di questo studio ammettendo
subito che per affrontarlo non potrò fare altro che muovermi
nel terreno dell'opinione soggettiva, in base a un confronto quasi
etnografico, tra i culti esoterici antichi e le mie esperienze nell'esoterismo
del XXI secolo.
Queste descrizioni tecniche moderne, sono importanti per illudersi di riuscire a penetrare almeno un poco le simbologie dei culti misterici antichi. Uno strumento rituale importante sia nel culto di Dioniso che di Demetra era per esempio il Vaglio, il cui significato come strumento iniziatico è palesato dal suo stesso utilizzo. Un altro elemento che collega tecniche agrarie e misteri spirituali si trova nella Villa dei Misteri di Pompei, legata al culto di Dioniso, dove vi è l’immagine di una divinità alata e nuda, (simile ad una nike vittoriosa(53)), che batte con una frusta una iniziata appoggiata sulle gambe di un’altra donna, situazione che ricorda il metodo di battitura al banco del grano, quando viene percosso con un bastone sopra una panca, palesando non solo un simbolismo di fertilità, come nelle feste romane dei Lupercali, ma anche una pratica di purificazione e forse una tecnica di trance indotta(54) . Anche nei miti Cananei c’è una illuminante immagine che esprime la lotta degli elementi e l’azione traumatica e violenta della battitura. La Dea Anat adirata con il dio Mot, il dio sotterraneo dei morti, per scongiurare la siccità decide di convincerlo a rimandare in cielo il dio Baal, il dio della pioggia, nonché fratello e marito di questa , usando “periodicamente” le maniere forti, trattandolo, cioè “come un grano da semina” : « […] lo afferrò e lo spaccò in due con la spada, lo bruciò con il fuoco e lo pestò con macine da mulino, poi lo gettò in un campo e gli uccelli predarono le sue carni(55) ». Tornando a Eleusi, una fonte cristiana,
ci rivela invece che il momento più importante del rituale
eleusino era l’essere ammessi alla “contemplazione”
della spiga di grano mietuta in silenzio. 2) Il NARCISO 3) LA FARINA 4) LA MELAGRANA « Figlia, non avrai certo mangiato
del cibo là sotto? Parla non nascondermi nulla. [...] Se no,
scendendo di nuovo nei recessi della terra vivrai laggiù ogni
anno per un terzo delle stagioni e per gli altri due terzi con me
e con gli immortali. Non appena la terra a primavera si coprirà
di fiori profumati e variopinti, dalla tenebra densa risalirai, grande
prodigio per gli dèi e per gli uomini immortali(62) . » « O tre volte beati i mortali, che visti quei misteri, vanno nell'Ade, perché solo per essi laggiù c'è vita, mentre per gli altri, non vi è che male(64) » ; « [...] Sembra che coloro che vengono iniziati siano destinati a stare tra i pii... [...] ... Sembra che nell'Ade gli iniziati godano di maggiori privilegi rispetto ai non iniziati(65) . »
Parallelamente al culto agricolo si svolgevano
celebrazioni a carattere iniziatico. Di questi riti abbiamo informazioni
assai scarse e frammentarie pervenuteci per lo più in forma
sincretistica, secondo la tendenza eclettico-ellenistica del tempo,
che tendeva a sovrapporre e mescolare religioni diverse o attraverso
fonti cristiane il cui scopo non era capire, ma denigrare le altre
fedi. Il Culto di Eleusi si celebrava nel santuario di Demetra e di
Persefone, alle pendici di una collina in posizione bassa ed esterna
rispetto alla acropoli di Eleusi (24 km nord-ovest di Atene). Era
esplicitamente indicato nel fitto calendario di festività religiose
ateniesi con la formula « ta Mystêria », traducibile
con “cerimonie” o “pratiche segrete”. Questa
parola finì per denotare tutte le manifestazioni religiose
diffuse in Grecia e in Magna Grecia, che prendevano come modello i
Misteri Eleusini. Sinonimo di « Mystêria » era «
Mystiká » che indicava “le cose indicibili dei
misteri” , ovvero le segrete pratiche rituali. Gli autori greci
cogliendo nei culti stranieri delle analogie con i loro misteri, (le
cui sfumature a noi sfuggono), per esigenze di traduzione chiamarono
anche i riti agrari orientali con l’aggettivo Mysteria. Erodoto
per esempio lo usò per indicare i Misteri di Iside e Osiride,
ma chiamò «Teletè» le Tesmoforie di Demetra.
Due termini che in età ellenistica divennero interscambiabili,
anche se nel testo greco dell’Inno a Demetra per indicare la
pratica rituale eleusina, non si usa mai altro termine che
Parte integrante del rituale misterico era la segretezza sottolineata da due aggettivi « arretha » , “ciò che non va detto, in quanto esperienza personale incomunicabile a parole”, che richiede di vivere il rito di persona e « aporrheta», “ciò che è indicibile perché è proibito parlarne”, ovvero l’obbligo a non rivelare i segreti del rito: « [la Dea] mostrò loro l'esecuzione dei riti e rivelò a tutti - a Trittolemo, a Polissero, e inoltre a Diocle – i sacri misteri, che non è consentito profanare, né indagare, né rivelare, poiché la reverenza per le Dee frena la voce(67) » ;« ... Le iniziazioni hanno tramandato alcune lamentazioni celebrate in segreto di Core , di Demetra e persino della stessa grandissima madre(68)» Tutto quello che sappiamo su questi riti misterici è che erano divisi in una sorta di Primo e Secondo Grado. Nel mese di Antesterione (febbraio/marzo) si celebravano i Piccoli Misteri di Persefone(69) mentre i Grandi Misteri di Demetra(70) appartenevano al mese di Boedromione(71) . « Ogni anno si celebrano due culti misterici in onore di Demetra e Core, i piccoli e i grandi. I piccoli si configurano come purificazione e conseguimento di uno stato di prezza, preliminari ai grandi misteri (72)». « ... Per prima cosa, infatti, bisogna deporre la rozzezza, e contemplare i piccoli misteri prima dei grandi e danzare prima di essere daduco, ed essere daduco prima che ierofante(73) .» ; « ... dopo essere stati iniziati ai piccoli misteri prima che ai grandi, ... niente è di ostacolo alla ierofania realmente divina, una volta che sia stato preliminarmente purificato e delineato ciò che deve essere prima indagato e spiegato(74) .» ; «L'iniziazione si articola in cinque tappe; per prima viene la purificazione; [...] Dopo la purificazione la seconda tappa è costituita dalla trasmissione dei riti iniziatici misterici; la terza è quella denominata contemplazione (epoptia); la quarta, e questo è anche il compimento della contemplazione è la legatura e l'imposizione delle corone, ... la quinta è rappresentata dalla felicità che ne consegue in ragione del favore divino e della convivenza con gli dèi(75) ... » ; «... Sono detti contemplanti coloro che a eleusi vengono iniziati al secondo grado iniziatico(76) [...] » Come il resto della cultura greca, i Misteri non rimasero monopolio delle sole città di Eleusi e Atene, ma attraverso le loro colonie si diffusero per tutto il Mediterraneo. Questo fa supporre che dovettero per forza essere introdotte delle modifiche alle leggi rituali, in quanto le antiche famiglie che detenevano il controllo sul culto, non potevano trasmettere la loro autorità al di fuori dalla Grecia avvalendosi solamente dei loro parenti più prossimi: non ci sarebbero stati abbastanza “consanguinei”. È molto probabile, quindi, che dovettero avvalersi dei loro stessi sacerdoti dando inizio al « mito » delle catene iniziatiche “ininterrotte” : « ... l'iniziazione sia di competenza
di tutti i Cerici e di tutti gli Eumolpidi »; I rituali misterici “comprendevano(80)" : 1. le cose dette, i légomena,
le formule sacre, i giuramenti, la recitazione di una storia sacra
probabilmente la rappresentazione drammatica e catartica delle vicende
delle due Dee; 2. le cose fatte, i drómena, cioè le azioni rituali compiute, comprese le danze, le decorazioni, le corone, di più tipi a seconda forse del grado, le vesti sacre, forse anche tatuaggi e cicatrici, cioè segni con i quali dimostrare esteriormente alla società i simboli e i marchi della avvenuta trasformazione interiore, guadagnati attraverso le prove rituali; «... Era usanza consacrare nel
tempio di un dio le vesti con cui si era stati iniziati(82), come
dice pure Melanzio nella sua opera sui Misteri:” È tradizione
che gli iniziati consacrino alle dee anche gli abiti con cui siano
stati iniziati” .» ; « Coloro che venivano iniziati
ai grandi misteri, allo stesso modo di quando scendevano nell'antro
di Trofonio, non deponevano le vesti con cui erano stati iniziati
o fino alla morte o fino a che queste non fossero completamente consumate(83)
» ; «E perciò si rende una tortura l'accesso [che
si prolunga il rito iniziatico] prima di apporvi il sigillo della
consacrazione e preparano i futuri epopti per cinque anni [...] Ne
discende la legge del silenzio. [...] per cui sulla lingua è
posto per intero il sigillo del segreto [...](84) » ; «
... i misti si legano la mano destra e il piede sinistro con un pezzo
di stoffa, e ciò è “detto coronare lo zafferano(85)”
.» ; « Gli iniziati usavano una corona di mirto e non
di edera e parimenti nelle Tesmoforie si usavano una corona simile
perché Demetra gradiva il mirto e perché era consacrato
agli dèi ctoni(86) .» ;« Non si dice che il narciso
è una corona di Demetra e Core perché esse erano incoronate
di spighe; ... ma è possibile che Sofocle abbia detto che il
narciso era un'antica corona delle grandi dee, usando la forma collettiva
invece di dire che era un'antica corona della dea, cioè di
Core ... perché prima di essere rapita da Plutone se ne compiacque.
[...] Da parte sua Istro dice che la ghirlanda di Demetra è
composta di mirto e tasso(87) »
La “contemplazione”, nel senso di conoscenza ottenuta durante i Misteri non era di tipo dottrinale, ma un tipo di sapere che nasceva da una esperienza sacrale, vissuta in prima persona come momento mistico attraverso il quale si veniva rassicurati sul senso della vita terrena e sulla continuità della vita dopo la morte(88) : «... come ritiene Aristotele, gli iniziati non devono apprendere ma patire e trovarsi in una certa disposizione, evidentemente perché vi sono già predisposti. [...] L'insegnamento e l'iniziazione. Il primo è raggiunto per mezzo dell'udito, la seconda perché la mente stessa subisce l'illuminazione » Ciò fu anche chiamato da Aristotele di tipo misterico e simile alle iniziazioni di Eleusi (dove infatti chi veniva iniziato alle visioni riceveva una impronta, ma non un insegnamento(89) .» «... Siamo stati iniziati(90) ai misteri della festa, cioè abbiamo avuto conoscenza degli indicibili oggetti dei misteri, che non si possono rivelare a chi non è iniziato. Sono infatti detti misteri perché stringono le labbra, cioè agli iniziati chiudono la bocca e non ne parlano con nessuno dei non iniziati .» « ... Il pensiero dell'intellegibile, puro e semplice, attraversa l'anima balenando come un lampo, offrendo talora per una sola volta l'opportunità di toccare e contemplare. Perciò Platone e Aristotele chiamano “epoptica” questa parte della filosofia perché chi ... ha davvero toccato la pura verità di esso (cioè del principio semplice e immateriale), ritiene di possedere, come in una iniziazione, il fine ultimo della filosofia (91)» IL MISTERO Durante il periodo ellenistico le mutate
condizioni politiche, sociali ed economiche, offrivano la possibilità
di essere iniziati a più culti nella stessa città e
molti riti misterici orientali e greci, simili per caratteristiche,
significati e origine, tesero a (ri)fondersi. Questo accadde anche
al culto di Eleusi se le confutazioni dissacratorie e denigratorie
di Tertulliano e altri vescovi cristiani parlano non solo della contemplazione
della « spiga di grano mietuta in silenzio», ma anche
della « rappresentazione del membro virile» e fanno allusioni
riguardo a convegni notturni tra sacerdotessa e sacerdote, da cui
poi il significato sessuale della parola “orgiastico”,
collegato soprattutto a Dioniso: « [...] di Demetra sono gli iniziati, i daduchi e gli ierofanti, di Dioniso i Sileni, i Satiri, i Titiri, le baccanti, le Lenai, le Tiadi, le Mimalloni, le Naidi e quelle che chiamano Ninfe(100) .» Rifacendomi a questa stessa divisione, anche
io termino qui la mia riflessione sui Misteri di Demetra, preferendo
approfondire la figura del dio dell'ebrezza in uno studio a parte,
così da tenere distinte le competenze, le peculiarità
e le gesta della Grande Dea Madre Eleusina, rispetto a quelle del
dio del vino, come lei stessa suggerisce di fare nel testo più
antico che la riguarda: Condividi Testo
e ricerca di Arthea pubblicato nel Cerchio della Luna
© 2008
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