BAST
In Egitto, il simbolismo del fuoco appartiene
di solito alla forma della dea Bastet, dal corpo o dalla testa di gatto,
e a Sechmet, dea dalla forma di leonessa. Mentre la dea leonessa simboleggia
l'aspetto negativo e divorante del fuoco-sole-deserto, l'occhio del sole
che brucia e giudica, Bastet, pur essendo una dea orientale, è
una dea non solare, ma lunare. Per la luna, come per il sole, infatti,
l'oriente simboleggia la nascita e l'occidente la morte.
Il gatto notturno, con i suoi occhi che, come si crede, diventano rotondi
quando c'è la luna piena, è, come si può comprendere,
un animale lunare; perciò è verde, appartiene alle donne
incinte e ha per figlio la luna, il cui compito è "rendere
feconda la donna e far crescere il seme umano nell'utero della madre",
"e si credeva che egli avesse questo potere speciale per il suo carattere
di 'luna che genera la luce'."
Nel vasto e multiforme pantheon egiziano Bastet
è la dea gatta, rappresentata come donna dalla testa di gatto o
come una gatta nera, il suo luogo di culto era la città di Per
Bast –che i Greci chiamavano Bubastis- , nei pressi dei delta del
Nilo, a circa 80 km a nord-est del Cairo.
Dalla VI dinastia il culto si diffuse
nell’Egitto, da locale che era inizialmente, e sotto il regno di
Pepi II si immaginava Bastet come l’equivalente della Hathor di
Dendera; Bastet aveva il potere di stimolare l’amore e la sessualità,
e questa è una delle ragioni per cui il suo culto fu così
popolare.
Erodoto racconta vi si svolgevano dei
festeggiamenti periodici in onore della dea, con grande afflusso di fedeli
e…
“Arrivano in barca, uomini e donne assieme, in gran numero su ogni
imbarcazione; mentre camminano molte donne fanno musica con dei sonagli,
degli uomini suonano il flauto, mentre altri cantano e battono le mani.
Quando incontrano una città lungo il fiume portano la barca a riva,
ed alcune donne continuano a suonare, come ho detto prima, mentre altre
lanciano insulti alle donne del luogo ed iniziano a ballare agitando i
loro abiti in tutti i sensi.
All’arrivo celebrano la festa con dei sacrifici, e si consuma in
questa occasione più vino che in tutto il resto dell’anno”
Lo stesso Erodoto afferma che il tempio di Bastet, costruito in granito
rosso, era il più bello del paese e che vantava il maggior
numero di fedeli, parlando di almeno 700000 persone, “bambini esclusi”.
L’importanza di queste feste sembrava poco realistica agli egittologi
del tardo ‘800, ma nel 1887 un archeologo di nome Henri Édouard
Naville, scoprì il sito e dimostrò la veridicità
dei resoconti di Erodoto.
A Bubastis è stata rinvenuta una grande necropoli di gatti e, sempre
Erodoto, ci dice:
“I gatti defunti vengono portati a Bubastis, dove sono mummificati
e sepolti dentro delle urne sacre”
Migliaia di felini furono sepolti in gallerie sotterranee della città
e dei dintorni di modo che potessero portare il messaggio del loro padrone
fino agli dei. Naville fece ricerche sia nel sito del tempio di Bubastis
sia nelle catacombe dei gatti, oltre che in alcune sepolture faraoniche,
e provò così che si trattava eventi religiosi considerevoli,
i cui devoti erano di ogni classe sociale della popolazione egizia.
Bastet nasce come divinità solare, personificando il calore benefico
del sole, al contrario di Sekhmet che ne incarna il calore bruciante;
solo in epoca greca venne assimilata ad Artemide, diventando così
una dea lunare.
Dalla II dinastia Bastet fu rappresentata come un gatto selvatico o come
una leonessa; e solo dal 1000 a.e.c. ebbe la forma di un gatto domestico,
ed in epoca greca divenne anche più comune la raffigurazione come
donna dalla testa di gatto; inoltre fu associata al dio leontocefalo Mihos,
venerato a Bubastis assieme a Thot, in qualità di sua madre e ad
Atum, il demiurgo, come sposa.
Secondo altre fonti, però, Mihos è figlio di Ptah e Sekhmet.
Bastet è indicata figlia di Ra, oltre che come uno dei suoi “occhi”,
ossia che veniva inviata per annientare i nemici dell’Egitto e dei
suoi dei. È una dea dal duplice aspetto, pacifico e
terribile: nella sua forma di gatta o di donna gatto è la dea benevola,
protettrice dell’umanità, dea della gioia e delle partorienti;
nel suo aspetto feroce è nota per le sue collere, rappresentata
con testa leonina, ed identificata con Sekhmet, la Possente, dea della
guerra (oltre che della medicina). Come tutti i felini è attraente
e pericolosa assieme, dolce e
crudele: è il simbolo della femminilità, la protettrice
del focolare e della maternità, ma è anche pronta a lottare
quotidianamente col serpente Apophis, colui che contrasta la corsa della
barca solare e delle forze benigne della creazione. In una delle tombe
della valle delle regine è raffigurata portando dei coltelli per
proteggere il figlio del re, e si dice che abbia partorito ed allattato
il faraone, del quale sarebbe la dea protettrice.
Suo attributo era il sistro, strumento musicale creato da Iside, e detenuto
anche da Hathor; uno degli appellativi della dea gatta era “Signora
delle Bende”.
Una leggenda dice che Ra, offeso dall’umanità, inviò
Hathor per punirla e sterminarla; la dea, una volta assunta la forma di
Sekhmet, iniziò la strage; in seguito Ra, mosso a più miti
consigli anche dagli altri dei, cercò di richiamare la dea
furiosa: a questo scopo fece preparare della birra mischiata con ocra
rossa per avere una liquido simile al sangue, e lo fece versare sul terreno.
Sekhmet lo vide e lo bevve, ed ubriaca si addormentò, calmandosi.
Passata la collera la dea assunse la forma di Bastet; un’altra variante
del mito afferma che Bastet si bagnò nel Nilo e che in seguito
tornò a Bubastis: sembra i devoti egiziani ripercorressero questo
viaggio in onore della dea e come venerazione per i gatti.
Il tema della dea in forma terrificante, ed intossicata dalla distruzione
è presente anche in altre culture: basti pensare al mito della
nascita di Kali per gli induisti, che presa dall’ebbrezza del sangue
mentre distruggeva i demoni mise a rischio l’umanità intera
finché il marito Shiva non le si sdraiò sotto i piedi, facendola
così riscuotere e tornare alla realtà.
Mauro Melon
fonti: it.wikipedia.org e fr.wikipedia.org
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