La Grande Dea |
Marija
Gimbutas e l’Europa della Madre E’ consuetudine presso la più parte delle tradizioni
wiccan e neopagane riconoscere nella figura della Dea, intesa come
principio femminile del tutto, la sua triplice natura di Vergine,
Madre ed Anziana, proprio come cantano i versi del “Triple Goddess
Chant” di Zsusanna Emese Budapest (1)… Nata a Vilnius il 23 gennaio 1921 da buona famiglia, viene educata
fin da bambina allo studio delle tradizioni e del folklore della sua
terra, e viene iscritta in una scuola fondata dai genitori (medici
entrambi, il padre si interessava di storia ed era anche editore)
proprio nel rispetto di queste ultime come alternativa alle scuole
polacche e cattoliche allora presenti in tutto il paese. Uno dei meriti più eclatanti di Gimbutas è sicuramente
l’averci proposto una visione alternativa a quella oramai da
qualche centinaio di anni accettata dai più nell’ambito
archeologico e più in generale dello studio dell’antico.
La Dea della Morte, che rappresentava non la fine dell’esistenza,
bensì una tappa fondamentale e necessaria che ne permetteva
il naturale procedere, come un costante e inarrestabile ciclo, la
quale veniva rappresentata diversamente dall’aspetto precedente,
bianca (il più delle volte scolpita nell’osso o nell’avorio),
dalla postura rigida, con occhi grandi e rotondi simili a quelli di
uccelli rapaci, a lei sacri perché legati al rito della scarnificazione
(20), spesso rappresentata con la lingua pendula, una pallida prefigurazione
delle Gorgoni di classica memoria, immagine insomma che incute timore
e mistero, tematiche legate all’oltretomba che da sempre si
è prospettato al genere umano come il regno dell’ignoto,
e da sempre ciò che non si conosce stimola un sentimento di
paura. Per passare all’ultimo aspetto di cui volevo trattare in questo
articolo, trovo che sia utile accennare anche ad un lavoro molto interessante
di Gimbutas: la studiosa infatti, come antesignana dell’archeomitologia,
cerca di creare dei parallelismi (e ne abbiamo una esempio molto chiaro
nella parte finale di “Living Goddesses”) tra il culto
antico-europeo della Dea e le figure divine femminili proprie delle
tradizioni religiose posteriori, solitamente molto calzanti in ambito
pagano. È pur vero che l’importanza della Dea continuerà
durante tutte le ere del Paganesimo e le culture pagane con le figure
per esempio di Athena, Artemide,
Demetra, Astarte,
Dione, Melusine, Arienrhod
ecc…tutti aspetti di un unico archetipo iniziale: quello della
Dea. Le argute intuizioni di cui si è fatta portavoce la studiosa
lituana a noi seguaci dell’Antico Culto sembrano talvolta essere
animate da qualcosa di più di una passione archeologica… Per
contattare creativamente il mondo della Dea raccontatoci dalla Gimbutas,
Bibliografia: • “Il Linguaggio della Dea”, M. Gimbutas, Neri-Pozza Testi consigliati oltre a quelli bibliografici: |
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