La Grande Dea
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La Dea nella Sardegna Neolitica



Un breve viaggio iconografico nel vasto mondo della Dea nella Sardegna, dall'alto neolitico all'epoca nuragica.
L'isola ci offre alcune delle raffigurazioni caratteristiche della dea della Generazione e della Vita, della Dea della Morte, della Dea Madre.

In molte domus de Janas del V e IV millennio a.C., ma anche altrove, in Sardegna, sono state trovate in grandi quantità statuine di divinità femminili in argilla, alabastro, calcarenite, caolinite, marmo, osso o arenaria quarzosa.
Sono più di 130 statuine di epoca pre-nuragica sono state rinvenute in Sardegna, di varia tipologia, materia e cronologia. Solo 5 di esse sono figure maschili, le altre sono tutte femminili, a testimonianza del dominante culto della Dea.
Si inseriscono per tratti comuni a figure coeve nella vasta circolazione culturale dell'antica europa confermando come la cultura matriarcale fosse basata su un linguaggio omogeneo diffuso in tutto il mondo, come ha affermato l'archeologa Marija Gimbutas. Nella loro varietà ci offrono alcuni dei volti principali della Dea con una potenza evocativa che ci lascia meravigliate.




  La Venere in stile antico
Qui a fianco, uno dei più antichi reperti della Sardegna neolitica: la Venere di Macomer,
un statuina trovata mutilata - o forse fin dall'origine solo abbozzata.
La statuetta stetopigia - dai glutei e dalle coscie formosi - di S'Adde (Macomer) è simile agli idoli ritrovati in Anatolia e nel nord Europa.
Attribuita inizialmente al paleolitico per la sua somiglianza con molte veneri mediterranee del tempo, è invece con certezza neolitica, anche se la sua datazione non è certa. Probabilmente V - IV a.C.



Le figure della Dea Madre
Nelle figure a tutto tondo, la dea si mostra epifanica nella posizione stante, insediata in terra per farsi contemplare, quale dispensatrice di ogni abbondanza, di ogni bene. Nella posizione seduta, sta anche accosciata con l'addome rigonfio tanto da sembrare incinta o in atto di partorire. Infine trattiene il bimbo nato tra le braccia per allattarlo.
È il femminile divino, misto di cielo e di terra, visibile e invisibile, immanente e trascendente insieme.
Terra ricca e feconda che si manifesta nella rotonità delle forme abbondanti, nei seni sottolineati, nella compattezza della pietra.

    

  La Dea Madre nel suo aspetto generativo in alcune statuette a tutto tondo, datate tra il 4.000 e il 3.000 a.C.
Si trovano al museo archeologico di Cagliari e provengono da diverse località sarde (Decimoputzu, Cabras, Mara, Santa Giusta...).
Alcune di esse sono scolpite in varietà di pietra che non si trovano in Sardegna.
      
  Tipiche della Dea della Generazione sono l'abbondanza delle forme, le natiche, le mani a sottolineare i seni.
Una di esse è anche raffigurata come Dea Madre con bambino al seno.




Le figure a sviluppo piano
Nella cultura di Ozieri del IV millennio a.C. le figure diventano piatte e stilizzate in forma di T, con la parte inferiore a cono.
Tra le dee soprannominate "cicladiche" per la loro impressionante somiglianza con altre rinvenute nelle isole Cicladi, spicca la grande immagine della "Signora Bianca" di Turrigu, Senorbì.

Caratteristiche rappresentazioni della Dea della Morte, la Bianca Signora, come delineata dalla e Gimbutas e comune a numerose necropoli, tombe e santuari: di colore perlopiù chiaro o bianco, le forme schematiche con assenza di braccia e piedi o braccia ad angolo, conserte.
la figura è rigida, i seni o la vulva incisa o sagomata a determinarne il sesso, la testa tipo uccello.

Qui incontriamo quelle figure femminili della Dea di forma spianata, appiattita, rigorosamente geometrica nell'insieme e i cui particolari sono rappresentati in immagine antropomorfa. Qui la semplificazione è portata al suo massimo grado, a un astrattismo che trascende il sentimento del rapporto con la Dea che poteva essere espresso nelle statuine alle forme accentuate. Qui in Sardegna trova la sua espressione più alta la figura della Dea come Morte, infinitamente astratta, indifferente alla realtà, toccando il livello massimo del passaggio verso l'invisibile, verso il trascendente.


  Dea della Morte neolitica, Sardegna


 



Alcune figure del genere che la Gimbutas caratterizza come raffigurazioni della Dea della Morte. Epoca neolitica, IV a.C. Cultura Ozieri, IV a.C.

Da sx: Dea dalla necropoli di Portoferro,Sassari; Signora Bianca di Turrigu; Senorbi; figurina in stile 'cicladico', Santadi. Sopra, frammenti da Portoferro




Al tempo dei nuraghe
Un'iconografia completamente diversa ci offre la civiltà nuragica, con rappresentazioni di 'madonne' con bambino, sculture in bronzo risalenti a tempi più recenti, intorno al 1.00 a.C.
Le figure sono quelle della classica Dea Madre assisa in trono del neolitico, con bimbo in braccio, nella rappresentazione tipica di Iside, che nel cristianesimo diverrà caratteristica della Madonna. Sono le madri che affiancano i bronzetti guerrieri, espressive in pose e figure, regali sugli scranni con  figli non più neonati seduti sulle loro gambe. Figure più vicine all'umano, alla Dea incarnata.

1     Madonne Nuragiche, Sardegna, bronzo. 1.000 a.C.
Altezza: circa 10 cm.



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Fonti:
Viaggio nella Sardegna matriarcale: dee, deinas, janas, fadas, donni di fuora, di Rosanna Fiocchetto
Giovanii Lilliu, Arte e Religione della Sardegna pre-nuragica, reperibile online in pdf.

Ultimo aggiornamento della pagina: febbraio 2009.

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Per contattare creativamente il mondo della Dea neolitica,
il Cerchio della Luna propone laboratori e workshop di lavorazione dell'Argilla sulle forme dell'Antica Dea:
a Milano un laboratorio settimale per ritrovare la nostra creatività e i molti volti della Dea che vive in noi.
a luglio, un seminario in natura, per incontrare la Dea attraverso l'argilla, immerse negli elementi.




 





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