AMORE E PSICHE
Di Elena Ferrandi e Valerie Aliberti*
La fiaba che vogliamo narrarvi si perde nella notte dei tempi.
È una storia d’Amore e di perdita, di sfida, di coraggio, di cambiamento.
È la favola della crescita dell’anima.
L’anima che incontra l’estasi ed in un soffio la smarrisce ma che superando molte difficili prove si riunirà finalmente al divino Amore e con esso, raggiante, si innalzerà alla verità.
Sedete quindi, ed ascoltate con le orecchie del profondo.
C’erano una volta un re ed una regina che avevano tre figlie.
Le due figlie maggiori erano d’aspetto gradevole, ma nulla più. La minore invece era di una bellezza a dir poco splendente. Il suo nome era Psiche.
Tutti, anche fuori dai confini del paese, conoscevano l’infinita bellezza della fanciulla e molte persone la onoravano, paragonandola a Venere, la Dea dei flutti.
Alcuni addirittura dicevano che Psiche non fosse solo una manifestazione di Venere, ma fosse una Dea ella stessa, nata non dal mare, ma dalla Terra.
Queste voci raggiunsero le orecchie della Dea che, adirata, desiderò vendicarsi sulla dolce fanciulla.
Convocò quindi suo figlio, Amore, intimandogli di scoccare una freccia che trafiggesse il cuore dell'impertinente ragazza, di modo che s'innamorasse di un individuo orrendo e malvagio.
Ma Psiche e la sua famiglia non gioivano del dono di quella straordinaria bellezza, come Venere credeva. Infatti nessun uomo voleva sposare Psiche. Nessuno voleva teneramente amarla in quanto donna. Volevano solo venerarla come una Dea.
Psiche perciò era sola, convinta che il suo futuro sarebbe stato privo d’amore.
I genitori della fanciulla decisero quindi di consultare l’Oracolo di Delfi, e la pitonessa pronunciò parole di sventura.
Psiche avrebbe dovuto essere condotta sulla cima di una rupe e lì abbandonata, di modo che un mostro serpentino potesse portarla con sè per farne la propria compagna. Tutta la famiglia rimase per giorni in preda all'angoscia, ma alla fine si dovette per forza adempiere al volere degli Dei. Così una triste processione accompagnò la giovane, vestita da sposa, verso il suo tetro fato.
Giunta sulla rupe Psiche venne abbandonata tra molti rimpianti, lasciata sola a consumarsi di lacrime. Mentre si trovava paralizzata dalla paura, Psiche sentì d'improvviso spirare una brezza leggera, che delicatamente la sollevò in aria per condurla al di là della montagna, verso una valle segreta.
Qui Psiche si addentrò cautamente nel folto di un bosco e, presso una fonte cristallina, vide un palazzo meraviglioso. Abbagliata dallo splendore delle colonne d'oro e dei soffitti d'avorio, decise di entrare in quella che pareva la dimora di un qualche Dio. All'interno lo spettacolo non era da meno, ma tra tanta leggiadria quel che più la incantò fu che nessun guardiano sembrava far da sentinella a quelle ricchezze. Mentre rifletteva su questo, udì delle voci incorporee e gentili invitarla ad accomodarsi e a richiedere ciò che più preferiva, spiegandole che tutto quello che vedeva apparteneva a lei. Così, riposata e rifocillata, giunse la sera e la bella fanciulla andò a dormire, non sapendo cosa l’oscurità le avrebbe portato.
Nel silenzio della notte un uomo, che Psiche non riuscì a vedere, si accostò al suo letto e si unì a lei, facendone la propria sposa.
Al mattino la giovane si ritrovò nuovamente sola, con le voci come unica compagnia.
Ciò si ripetè nello stesso modo per diverso tempo finchè una notte Psiche udì finalmente la voce melodiosa del suo compagno che l’avvertiva di un imminente pericolo
Le due sorelle di Psiche la stavano infatti cercando, non potendo rassegnarsi alla sua perdita e certamente, prima o poi, l’avrebbero trovata.
L’uomo misterioso intimò a Psiche di non rispondere mai agli appelli delle sorelle perché altrimenti un grande dolore si sarebbe abbattuto sopra di loro e la loro vita insieme sarebbe finita per sempre.
Psiche non desiderava perdere quell’uomo che non vedeva ma al quale si era affezionata profondamente. Tuttavia l’idea di non poter più rivedere i suoi cari l’atterriva e la solitudine che provava durante il giorno le sembrava ora ancora più immensa.
La notte seguente pregò in lacrime il suo sposo di poter rivedere le sue sorelle.
Egli, colto da pietà, le concesse di rivederle e di far loro dei doni preziosi.
Nuovamente però le disse di stare molto attenta, di non prestare ascolto ai loro consigli. Loro avrebbero potuto tentarla a conoscere l’aspetto dell’amato. Se Psiche avesse compiuto un atto del genere la sventura si sarebbe abbattuta su di loro.
Psiche promise che mai sarebbe avvenuta una cosa simile e così quando il giorno seguente le sorelle si recarono alla rupe misteriosa invocando Psiche ella rispose.
Le sorelle furono accompagnate alla reggia da Zefiro e, dopo la gioia iniziale, iniziarono ad invidiare le fortune della loro sorella. Cariche di doni, le due se ne tornarono a casa, ma da quel momento cominciarono a meditare vendetta. La sera il marito nuovamente intimò all'ingenua Psiche di non ascoltare i cupi consigli che certamente prima o poi le sue care avrebbero dispensato, poichè ora avrebbe dovuto badare non solo al loro amore, ma anche a quella creatura che nel suo grembo stava crescendo. Psiche, ebbra di gioia per la lieta notizia, iniziò a contare i giorni che lenti si succedevano, finchè una notte il suo sfuggente sposo la mise in guardia dalle macchinazioni delle due ingrate, che ormai da tempo stavano tramando di far cadere lei e il marito in disgrazia. Ma la giovane, tra mille singhiozzi, promise che mai avrebbe fatto qualcosa di male, e per questo domandò ancora una volta di rivedere le sorelle. Egli acconsentì, e così il giorno a venire le due si recarono di nuovo alla ricca dimora. In quella loro visita non si trattennero dal riferire alla sorella minore i loro pensieri malevoli, travestiti da buoni consigli, e l'ingenua ragazza cadde preda del dubbio e del timore. Le raccontarono, infatti, d'aver sentito che dietro al suo sposo affettuoso in realtà si celava una serpe mostruosa che avrebbe divorato sia lei che il bambino e che, per accertarsi della cosa, avrebbe dovuto munirsi di lampada ad olio e di coltello, coi quali quella stessa notte avrebbe affrontato l'aspetto del consorte. E così fu. Calate le tenebre, la ragazza attese che lo sposo si addormentasse, per poi furtivamente scrutare il suo volto ed il suo corpo. Armata di quella piccola luce, e nell'altra mano del coltello, si trovò ad ammirare le forme perfette di Amore in persona, e ne rimase talmente abbagliata e sbigottita da lasciar cadere sulla spalla destra del Dio una goccia di olio bollente. Bruciato e tradito egli si levò dal giaciglio e si alzò in volo, abbandonando Psiche, la quale tentò di seguirlo aggrappandosi ad una delle sue gambe.
Ma durante il volo cadde a terra, e così si ritrovò sola a vagare in mezzo alla boscaglia. In preda al dolore, tentò di gettarsi nel fiume, ma esso la depose salva sulla riva, dove il Dio Pan si stava svagando con una Ninfa. Allora egli le disse d'avvicinarsi e, vedendola in pene d'amore, le consigliò di pregare il Dio Cupido, Amore stesso, per propiziarselo. Psiche non gli diede risposta, e proseguì il suo cammino. Dopo aver lungamente camminato, giunse nella città dove governava il marito di una delle sue sorelle e, chiesta ospitalità, le raccontò l'accaduto. Le riferì, inoltre, che Cupido l'aveva rinnegata perchè desideroso di sposare quell'altra sorella che ora le dava asilo. Così ingannata, la donna maligna si precipitò subito alla rupe e, aspettandosi invano l'abbraccio di Zefiro, vi si gettò trovando la morte. Nello stesso modo, trovò giustizia anche nei confronti dell'altra sorella. Dopo di che riprese a cercare il marito perduto, che nel frattempo si curava la ferita nascosto nella casa della divina madre.
Nel suo lungo e triste vagare Psiche un giorno trovò in cima ad un monte un tempio dedicato alla Dea Cerere e, vedendolo in disordine, prese a rassettarlo; la Dea, vedendola così diligente, accorse da lei per metterla in guardia dall'odio di Venere. Infatti, la bella madre di Amore, era venuta a conoscenza del loro matrimonio tramite un gabbiano, che le aveva anche riferito della ferita del figlio.
Intimorita, Psiche domandò protezione alla Dea delle messi, ma costei le riferì di non poterla aiutare. Nello stesso modo, trovato poco dopo un tempio dedicato a Giunone e avendolo messo in ordine, domandò umilmente aiuto alla Dea, ma ne ricevette la medesima risposta. Nel contempo, Venere incaricò Mercurio di bandire una ricerca e, in cambio di sette suoi baci, pretese che le si portasse la giovane sposa di suo figlio. Non passò molto tempo, che Psiche venne condotta innanzi a lei.
La Dea impose alla fanciulla una serie di prove, per vendicarsi di lei.
Come prima prova Venere disse a Psiche di separare un grande mucchio di semi di vario tipo, e di disporre ogni diversa semenza in un mucchio a parte. Lasciata sola Psiche, disperata, ricevette l'aiuto di alcune formiche che avevano assistito alla scena e, tempo di sera, i semi furono separati. Non contenta, Venere le impose una nuova sfida: avrebbe dovuto strappare un fiocco di lana dorata da una delle pecore che erano solite pascolare nei pressi di un fiume poco distante. Recatasi lungo le rive, una verde canna l'avvertì di non avvicinarsi al gregge prima di sera, poichè la calura del giorno incattiviva le bestie, che certamente l'avrebbero dilaniata. Perciò, le consigliò di attendere il calare del sole, e subito dopo di raccogliere i fiocchi di lana rimasti attaccati al fogliame del bosco circostante. Detto fatto Psiche portò quindi la lana dorata a Venere che, stizzita, le indicò un'ennesima prova: porgendole un vasetto di cristallo, le ordinò di riempirlo con l'acqua della fonte che alimentava le paludi dello Stige e le correnti di Cocito. Giunta sul posto, Psiche vide che molti draghi strisciavano fra le rocce appuntite e che risultava impossibile accedervi, perciò fu tentata di rinunciare, quando un'aquila, memore di un onore recatogli da Amore, le afferrò il vasetto e andò a riempirlo con le nere acque. Vedendo anche questa prova superata, Venere pensò a qualcosa di ancor più difficile e disse alla fanciulla che avrebbe dovuto recarsi negl'Inferi per chiedere in prestito la bellezza di Proserpina. Dinanzi a tale sfida, Psiche si abbandonò allo sconforto e si recò su una torre per gettarsi nel vuoto e morie. Ma la torre, impietosita da tanto dolore, prese a consigliarla su come avrebbe dovuto affrontare le prove del mondo sotterraneo.
Psiche avrebbe dovuto recarsi all'entrata dell'Ade che si trovava in una vicina città. Ivi giunta avrebbe varcato la soglia recando con sè due focacce al miele e due oboli nella bocca. Una focaccia l'avrebbe data a Cerbero, il guardiano mostruoso, mentre uno dei due oboli a Caronte, colui che traghettava le anime dei defunti. La stessa cosa, l'avrebbe fatta al ritorno. Giunta da Proserpina, la torre l’intimò di non mangiare il cibo dei morti che le sarebbe stato offerto e anche di non accomodarsi per nessuna ragione su uno dei giacigli, bensì avrebbe mangiato solo un po’ di pane comune seduta per terra. Ma soprattutto, mai e poi mai avrebbe dovuto aprire il vasetto contenente la bellezza dell'infera regina. Psiche, immensamente grata alla torre, fece tutto quanto le era stato detto ma giunta infine sulla via del ritorno venne tentata dal contenuto dell'anforetta e, aprendola con l'intenzione di rinfrescare un poco la propria avvenenza, fu colpita da un sonno profondo e mortale. Amore, che intanto era pazientemente guarito, stanco d'attendere la sua amata, si recò da lei e, trovandola in simili condizioni, la ridestò. Poi, la incitò a consegnare il vasetto alla Dea Venere, per terminare quell'ultima sfida.
Mentre la fanciulla si recava dalla Dea, egli andò a domandare giustizia a Giove esponendogli il proprio caso. Convinto dall'amore del giovane Dio, Giove accondiscese a donare la divinità a Psiche facendole sorseggiare un calice d'ambrosia e celebrando le nozze legittime nell'Olimpo. Così, tra canti e danze, avendo superato ogni ostacolo, Psiche sposò Amore, e da loro nacque una splendida figlia chiamata Voluttà.
Amore e Psiche: Suggestioni del profondo
Il mito dolcissimo di Amore e Psiche cela simbologie capaci di parlare direttamente alla nostra essenza più intima.
Ogni donna può riconoscersi e ritrovarsi in Psiche (dal greco. Anima) poiché ella incarna la femminilità nelle sue diverse fasi di fanciulla, amante, madre.
Ella rappresenta la vita stessa, con le sue gioie e le sue difficili prove da superare con coraggio.
Psiche è la Donna in crescita, colei che mostra alle donne ciò che le attende in modo da prepararle col suo esempio.
Infatti questa fiaba narrataci da Apuleio nel suo “Asino d’oro” ha un marcato carattere iniziatico.
Andiamo con ordine.
Psiche è l’ultima di tre sorelle.
Il tre è un numero sacro in molte culture antiche, simbolo di perfezione e di legame col mondo divino.
Spesso la Dea ha tre volti, tre aspetti o è matrona di tre particolari arti.
Psiche fa quindi parte di una triade. Essendo la sorella minore è l’essenza ancora in boccio di questa Donna/Dea. Psiche è, tra le tre sorelle, la più bella ed è l’essenza principale. Ma è ancora incompleta e per questo è la minore.
Superando le prove diverrà una Dea nella sua interezza, conoscerà Amore e si unirà a lui e le sue due sorelle moriranno perché verranno integrate nella ritrovata unicità.
I tre corpi diverranno Uno.
La Dea Venere, come le sorelle maggiori, incarna nella storia la sfidante, la “strega cattiva” delle fiabe più famose, colei che spinge all’azione creativa e quindi all’evoluzione dell’eroina.
L’oracolo di Delfi è la voce divina che pone Psiche sul giusto cammino.
E poi c’è Amore, l’essere divino che innalza Psiche all’estasi spirituale, rendendola completa, una in sé stessa, consapevole, sapiente.
La Pizia così descrive il futuro sposo della fanciulla:
"Sulla rupe di un alto monte, o re, poni la fanciulla, ornata con l'abbigliamento del letto di morte. Non sperare un genero nato da stirpe mortale, ma un crudele, feroce, viperino male che con l'ali volando sopra l'etere, tormenta, e ferisce ogni cosa con la fiamma e col ferro. Per lui trema lo stesso Giove, da lui sono i numi atterriti, ne hanno orrore i fiumi e le tenebre Stigie".
E anche in seguito, nella storia, Amore viene più volte paragonato ad un essere serpentiforme.
Amore, la serpe che trascende ogni controllo. Al suo cospetto la razionalità cede il passo all’istinto incontrollabile.
Qualsiasi anima sfiorata da Amore viene per sempre trasformata.
E così accadrà a Psiche, la sposa serpente.
La tradizione della sposa serpente è presente in numerose fiabe e leggende di tutto il mondo, dalla Cina al Giappone, dall'India fino, appunto, alla Grecia. Questi miti narrano sempre di una fanciulla di nobili origini che, per salvare il proprio villaggio o la propria famiglia, deve andare in sposa allo spaventoso serpente che minaccia la popolazione. Il più delle volte, soprattutto nelle versioni più antiche, la vergine non fa più ritorno a casa, e parenti e amici si struggono dal dolore ritenendola morta o in preda a chissà quali tormenti. In seguito, una ricerca forsennata rivela che la ragazza sta bene e che, anzi, il suo sposo serpente è un marito affettuoso e premuroso.
Le radici di questi racconti sono le stesse che ritroviamo in Amore e Psiche e sono da ricercare nella vastissima e diffusa simbologia del Serpente, animale sacro e potente, venerato sin dalla preistoria. La storia della fanciulla-sposa potrebbe rappresentare una sorta di iniziazione femminile, di Sacerdotesse o Sciamane in cerca della Conoscenza Profonda, del Sentiero che le condurrà verso la propria completezza sia fisica che spirituale. In tutte le fiabe, compresa questa di Amore e Psiche, è presente l'elemento sessuale (ricordiamoci che Amore è Eros, figlio di Afrodite), coronato dalla nascita di uno o più figli; questo potrebbe rappresentare la trasformazione da Fanciulla a Donna, da germoglio a fiore sbocciato, da Donna a Dea, in quanto la sessualità sacra era parte integrante, nell'antichità, di rituali di passaggio e di iniziazioni.
La donna ed il serpente sono connessi in modo radicale (il serpente muta la pelle periodicamente così come la donna periodicamente sanguina e muta la sua pelle interiore) e la loro unione simbolica, sottile, ma anche fisica, potrebbe rappresentare una sorta di sovranità femminile, un ritorno alle origini, all'età dell'oro, al tempo della Dea Serpente.
Un definitivo ricongiungersi con la propria natura sacra e il proprio Sè Divino.
Proprio ciò che accade a Psiche nel suo incontro con Amore.
Psiche, lasciata sola sulla rupe, vestita da sposa, viene sollevata in aria dal dolce Zefiro.
Questo può far pensare a certi “voli spirituali” attraverso i quali l'anima degli sciamani entrava nell'Altromondo, il mondo degli Spiriti. Zefiro conduce Psiche in una sorta di estasi sciamanica alla fine della quale la fanciulla si trova in una stupenda valle nella quale si trova la reggia d’Amore.
Psiche si ritrova tra prati fioriti, erbe e ruscelli. È in un Locus amoenus , una sorta di Paradeisos.
Un luogo naturale, lontano dalla civiltà.
Qui, lontano da tutti, nella natura, il divino si rivela e si incontra. Un insegnamento che oggi dovremo più che mai rimembrare.
Giunta nel castello incantato Psiche non vede nessuno, sente solo le voci.
E, quando incontra Amore, vige il divieto allo sguardo.
Psiche può sentire con il corpo e l'udito Amore, ma non può assolutamente vederlo, nè cercare di farlo.
Secondo gli antichi greci e latini chi guardava la divinità, moriva.
In certi culti misterici, poi, solo gli iniziati di un certo livello potevano posare lo sguardo sull'oggetto che doveva rappresentare la divinità durante la cerimonia.
Psiche all’inizio non è ancora pronta a guardare Amore, né a livello psicologico né a livello spirituale.
Il fulgore di una simile visione la lascerebbe sconvolta poiché è ancora all’inizio del suo cammino, non è ancora pronta a svelare i misteri più profondi.
Ma dentro di lei tali misteri già dimorano.
Psiche infatti è comunque in grado di sentire le voci, ed esse le dicono che tutti i tesori presenti nel castello sono già suoi.
La reggia e tutto ciò che essa contiene rappresentano l’interiorità di Psiche, pronta all’iniziazione.
Perciò il gesto di Psiche di guardare Amore, che in un primo momento può apparire un gesto avventato, dettato solo da umana curiosità, rappresenta invece l’animo di Psiche, ora pronto ad accettare il mutamento e tutto ciò che esso comporta. Perché ogni cosa accade a suo tempo. Come un frutto che si stacca dal ramo solo quando è maturo.
Infatti Psiche non prova timore dinnanzi al Dio ma cade anzi preda all'amore più profondo, più estatico, addirittura più folle.
Psiche, spinta dalle sorelle (che qui rappresentano non la parte 'cattiva', 'sbagliata' di lei, ma la Dea nel suo aspetto di sfidante) compie un azione azzardata e rischiosa, l’azione necessaria perché le acque si smuovano.
E ciò che deve accadere accade.
Psiche ha varcato il primo cancello. Ora non può più tornare indietro.
Può solo andare avanti finchè non riuscirà nel suo scopo.
Psiche, come la sposa nera del cantico dei cantici, vaga per cercare il suo amante, subendo violenze e dovendo fronteggiare mille difficoltà, superate con l’aiuto della natura.
Dopo il lungo viaggio la sposa si addormenta dolcemente nelle valli così come Psiche cade preda di un magico sonno aprendo la giara di Proserpina.
E, nell’impalpabile stasi silenziosa del sonno, tutto si risveglia, gli amanti sono ricongiunti e Psiche volerà al cielo con Amore e lì dimoreranno, felici, per sempre.
Amore e Psiche: le quattro sfide iniziatiche
Venere, da vera iniziatrice qual è, sottopone Psiche, di volta in volta, ad alcune dure prove.
Tali compiti sono varie tappe di un percorso interiore che porteranno Psiche, ora ancora un dolce bocciolo, a divenire un forte, fiero, profumatissimo fiore.
Primo Compito: Dividere i semi
Nel primo compito che Venere assegna a Psiche vi sono diversi semi, tutti mescolati insieme.
La fanciulla deve dividerli e separarli, mettendo insieme tutti i semi dello stesso tipo.
Psiche si dispera, ma delle generose e pazienti formichine la aiuteranno a superare ciò che Venere le ha imposto.
Questa sfida ben rappresenta la prima fase del cammino iniziatico.
Dividere i semi non è solo un’azione esterna, materiale. È anche e soprattutto, in questo caso, un moto interiore.
Psiche deve guardare onestamente in sé stessa e fare ordine nei suoi pensieri, nelle sue azioni e nei suoi sentimenti.
Psiche deve compiere una scelta.
D’ora in avanti non può più camminare alla cieca, ma deve aver ben chiaro, dentro sé stessa, ciò che vuole. Tutto il suo vissuto l’ha portata dove si trova ora: al cospetto di Venere, la sfidante.
Psiche deve decidere come comportarsi al suo cospetto.
Dividendo i semi la fanciulla lavora la “materia prima” ed inizia a districare i suoi nodi interiori, i suoi disordini di vario genere, trovando così l'equilibrio, la luminosità e l'armonia necessari a poter cominciare consapevolmente il percorso scelto.
Ciò la porterà a distinguere anche ciò che è “cattivo”, guasto, da ciò che è buono e degno di essere seminato e curato. Psiche, dividendo i semi, apprendere a separare ciò che è veramente importante, da ciò che non lo è.
Secondo Compito: Prendere un fiocco di lana del vello d’oro
Il secondo compito che Venere assegna a Psiche consiste nel prendere dei fiocchi del vello d'oro dei terribili arieti del sole, bestie immense, aggressive e con le corna, che si trovano in un campo e lottano tra loro.
Il compito sembra impossibile, poiché Psiche non può in alcun modo avvicinarsi agli arieti senza essere da loro ferita o, peggio, uccisa.
Ma la natura viene di nuovo in aiuto a Psiche ed una canna del fiume le suggerisce di attendere il calar del sole. In quel momento infatti gli arieti si disperderanno ma qualche ciuffo del loro manto dorato rimarrà attaccato ai rovi tutt’intorno e da lì Psiche lo potrà prendere senza correre alcun pericolo.
Da un punto di vista simbolico interiore questa seconda prova fa apprendere a Psiche due importantissime lezioni.
Attraverso il consiglio della canna infatti Psiche comprende che in questo ed altri casi è meglio attendere che le acque si calmino e poi fare ciò che si deve fare, piuttosto che agire sull’impulso del momento e rischiare di rimanere schiacciata da qualcosa di più grande di sé stessa.
Psiche sviluppa la sua intelligenza, la sua saggezza e la sua capacità d’attendere il momento migliore per agire: non permette che gli eventi esterni la coinvolgano così tanto da farle perdere il punto della situazione.
Grazie anche al superamento della prima prova ora i suoi obiettivi le sono del tutto chiari. La sua capacità di discernere non può più essere intaccata perché ciò che ha precedentemente appreso brilla forte dentro di lei.
Sa cosa deve fare, e non permette a nulla di distrarla. Per raggiungere il suo scopo non ha fretta. Non agisce freneticamente, rischiando di ingarbugliare la situazione.
Ma attende. E agisce poi con consapevole determinazione.
Inoltre Psiche, superando questa prova, diviene completa in sé stessa unendo armoniosamente nelle sue profondità le sue dolci qualità femminili con le forti e virili qualità maschili.
Psiche apprende a divenire combattiva.
È una fanciulla buona, amorevole, comprensiva e immensamente tenera. Questo suo nucleo non viene scalfito. Tuttavia, raccogliendo il manto dell’ariete porta dentro di sé la capacità di combattere per ciò in cui crede senza farsi mettere i piedi in testa da nessuno. La sua giusta rabbia si risveglia.
Le qualità acquatiche femminili, rappresentate dalla canna e dal fiume, vengono amalgamate alle qualità solari maschili, rappresentate dal vello d'oro e dagli arieti, senza che una si perda nell'altra. Bensì compensandosi a vicenda, compenetrandosi, in modo da trarre sempre il meglio le une dalle altre.
Terzo Compito: Riempire l’ampolla di cristallo
Come terzo compito Venere pone tra le mani di Psiche un’ampolla di cristallo che la fanciulla dovrà riempire in un torrente inaccessibile.
La sorgente di tale flusso d’acqua è posta sulla cima del monte più alto e scorre fino alle profondità degli inferi prima di riapparire sulla terra, sgorgando di nuovo dalla fonte.
Inoltre, a guardia della corrente vi sono alcuni draghi e Psiche nuovamente si scoraggia, pensando di non farcela.
Questa volta ad aiutarla sarà un aquila che planando riempirà l’ampolla di Venere.
Come sottolinea J.S Bolen nel suo “Le Dee dentro la donna” il corso d’acqua rappresenta, a livello metaforico, il flusso circolare della vita in cui Psiche, per riempire l’ampolla, deve immergersi.
Il torrente dal quale deve attingere l’acqua simboleggia l’intero viaggio di Psiche. Dall’alto verso il basso, e poi ancora verso l’alto.
La fanciulla anima nel suo percorso risveglia doti già presenti dentro di lei a livello inconscio.
Il suo compito è illuminarle e portarle alla consapevolezza conscia un passetto dopo l’altro, una prova dopo l’altra.
Psiche sale in alto per prendere l'acqua, la sua risorsa luminosa. I draghi l'attendono e lei ora dovrà scendere negli inferi, la regione più profonda, per poi risalire nuovamente.
Ciò che Psiche veramente cerca, è il sacro femminino interiore.
L’acqua è da sempre legata alla femminilità. È connessa alla parte muliebre più profonda, creativa, sacra. Quella parte pura ed inviolata, libera da norme sociali innaturali e castranti.
A guardia di questa limpida fonte sono posti tremendi draghi, custodi e sfidanti iniziatici.
Psiche li deve affrontare con coraggio, dimostrando di saper superare le proprie paure, per recuperare ciò che le appartiene.
L’acqua gelida e pura della fonte dovrà poi essere posta da Psiche in un’ampolla.
Questo scrigno è l’alambicco alchemico nel quale avvengono i mutamenti, in cui si compie la grande opera, in cui il maschile ed il femminile vengono legati. È il Graal del nutrimento, della rinascita e della saggezza.
L'ampolla è Psiche stessa, nel corpo e nell'anima della quale avvengono i cambiamenti, avviene la rinascita.
L’ampolla è il grembo di Psiche che, colmo del “dono delle acque”, darà vita un giorno a Voluttà, poiché l’acqua è l’inizio della creazione.
E sarà un’ aquila a raccogliere l’essenza umida della fonte.
Quest’animale è l’Io di Psiche trasformato dalla necessità e dall’impellente bisogno di raggiungere l’acqua, la propria intima scintilla divina.
L'aquila è un uccello dalla forte valenza solare e maschile, non dimentichiamoci che nella mitologia greca e romana è l'animale sacro a Zeus/Giove. E, secondo le antiche narrazioni, l’aquila segue il percorso del sole partendo da Delphi, il santuario dal quale parte l’iniziatico cammino della nostra eroina.
È estremamente significativo come proprio questa parte solare, bruciante, mascolina, si diriga con fermezza a raccogliere l'acqua lunare, gelida, femminea della sorgente.
Psiche deve riunire tutti gli aspetti di anima ed animus per diventare completa e poter nuovamente scorgere Amore.
Quarto Compito: La discesa agli inferi
L'ultimo compito di Psiche è quello di scendere negli inferi e riempire una boccetta con la bellezza di Proserpina, sovrana dell’Averno.
Psiche dovrà portare la boccetta a Venere senza aprirla.
La fanciulla è disperata poiché pensa che Venere le stia ordinando niente meno che di uccidersi. Sale quindi su un’alta torre, decisa a buttarsi giù, convinta che il modo migliore per raggiungere i Campi Elisi sia proprio questo.
La torre però è l’aiutante di Psiche in questa ultima prova e suggerisce alla fanciulla la risoluzione del suo problema.
La torre le indica infatti l’entrata al regno profondo e le consiglia di portare con sé due focacce d’orzo impastate con vino e miele, una per ogni mano, ed in bocca di tenere due monetine.
Arrivata agli inferi non dovrà guardare nessuno, né parlare con le anime dei morti che certamente cercheranno di interagire con lei, chiedendole cibo ed aiuto. La fanciulla però non dovrà farsi prendere da pietà, e dovrà proseguire anche se questo le parrà crudele.
Le monetine che Psiche porterà in bocca sono per Caronte, il traghettatore infernale. Una per il viaggio di andata e una per il viaggio di ritorno.
Le focacce di vino e miele sono invece per Cerbero, custode della dimora degli inferi sovrani.
Psiche, ammansendo il cane a tre teste con le focacce potrà raggiungere Proserpina, chiederle la sua bellezza e tornare indietro sana e salva.
Psiche, seguendo i consigli della torre passo per passo riesce a compiere il suo viaggio nelle tenebre, risalendo poi alla luce intatta.
Ma quando ormai la fanciulla sembra vittoriosa qualcosa la tenta.
Psiche apre il vasetto contenente la bellezza di Proserpina. Ma al suo interno non vi è nulla e Psiche cade in preda ad un sonno profondo e mortale dal quale però la desta Amore e così insieme, finalmente riuniti, si innalzeranno fino al cielo.
Questo è l’ultimo, ed il più complesso, tra i compiti di Psiche.
La fanciulla deve imparare a dire No. Per raggiungere il suo obiettivo deve mettere sé stessa davanti agli altri. Non per egoismo, ma per seguire la sua natura più profonda ed intima, per nutrire le proprie aspirazioni, per comprendere la propria intrinseca importanza.
È qualcosa che tutte le donne devono imparare a fare.
Psiche, e così la donna, deve vivere per sé stessa, non per ciò che gli altri si aspettano da lei.
Psiche, piano piano, ha imparato ad ascoltarsi. Ora deve seguire ciò che la sua essenza le suggerisce, e vivere all’esterno ciò che vibra nel suo interno.
Le anime dei morti, alle quali Psiche deve rifiutare aiuto, rappresentano gli ostacoli del cammino.
Tutte quelle persone, avvenimenti, o altro, che esortano a fermarsi, a lasciar perdere, a non andare avanti perché è troppo difficile, o perché ci si deve occupare d’altro.
Sono anche i giudizi su noi stessi che da soli ci diamo e che ci soffocano, spegnendo il nostro essere selvaggio.
Nonostante tutto e tutti Psiche deve andare avanti, perché ha uno scopo e non può fermarsi davanti a niente.
La Bellezza della regina dell'Ade, con cui Psiche deve riempire la boccettina di Venere, è la Conoscenza del mondo Infero, quella Conoscenza che le mancava per essere completa.
Psiche ha varcato i cancelli dell’Altrove, ha camminato attraverso di esso, ha potuto vedere cose che solitamente sono ben celate agli occhi di chi vive solo nella luce. Ha appreso, e conservato.
Tornata in superficie Psiche è pronta per aprire l’ampolla.
Psiche diventa assimilabile a Pandora, con questo gesto.
Apre un'ampolla, una scatola, una cesta, se vogliamo, che non deve essere aperta.
Pandora, secondo il mito classico, porta nel mondo tutti i mali con il suo gesto, mente Psiche libera il sonno, un sonno del tartaro, che la avvolge come fosse la morte.
Ma l’ampolla di Psiche ed il vaso di Pandora sono assimilabili alla Cista Mystica presente nei culti misterici di Dioniso, o in quelli dedicati proprio a Demetra ed a Persefone.
L'iniziato, solo l'iniziato, doveva guardare dentro la cesta, ed estrarne gli oggetti sacri, oggetti che probabilmente simboleggiavano l'insegnamento ultimo e profondo dei misteri in questione.
Psiche apre il vasetto per rinfrescare la sua bellezza in vista del suo incontro imminente con Amore.
Questo non è un gesto di mera vanità. Semplicemente è l’atto finale del lungo percorso della fanciulla/donna/Dea.
Psiche porta la Bellezza trovata nel mondo Ctonio (o interiore) allo scoperto, alla luce, “intingendosi” in essa per farla definitivamente propria, in modo da poter sempre godere del suo splendore misterioso.
La sua è una dichiarazione. È pronta ora.
Il sonno della morte è ciò che la porterà al risveglio della nuova vita, divina e immortale.
Quando si risveglia, per intervento d'Amore, non sarà più la fanciulla mortale che era all'inizio della storia, ma assurge alla condizione divina (Apuleio ci dice per volere di Zeus.... ma noi crediamo in virtù di Afrodite, per la quale Psiche ha superato tutte le prove. Le artefici di questa ascesa sono solo Afrodite e Psiche stessa), diventando la sposa d'Amore.
Psiche, che guarda dentro l'ampolla, scopre i misteri dell'Ade, e la sua parte superficiale si addormenta per sempre per fare spazio alla natura profonda, più vera, di Psiche.
Psiche è l'Anima che supera le prove del cammino interiore, intrapreso per poter raggiungere la Bellezza più elevata, perfetta, carnale e spirituale, illuminata dall'Amore assoluto, divino, ed eterno.
Amore e Psiche: Gli aiutanti interiori
Nelle sfide che la vita ci pone davanti forse ognuna di noi vorrebbe chiudersi a riccio. Non fare nulla. Chiudere gli occhi e pregare che qualcun altro risolva le cose al posto nostro.
Apparentemente questo è ciò che accade a Psiche.
Studiando il suo mito e le sue vicende ci siamo domandate il perché di questa circostanza.
Chi sono gli aiutanti di Psiche, e cosa rappresentano?
E allora perché se, nei miti e nelle favole, come nella vita, raggiunge la Saggezza chi si espone in prima persona, Psiche viene aiutata e ce la fa ugualmente?
La risposta che ci siamo date è che gli aiuti che Psiche riceve non sono esterni.
Lo sono solo apparentemente.
In realtà essi sono Metafore della nuova consapevolezza di Psiche, che si è appena risvegliata e man mano affiora in superficie sotto forme ogni volta nuove, adatte a ciò che la fanciulla deve affrontare in quel preciso momento.
Psiche supera i compiti che Venere le assegna con lati di se stessa che precedentemente non conosceva.
Il suo ego cosciente si dispera ad ogni nuova prova perché non ha modo di superarla, non ha gli strumenti adatti.
Ed è allora che entra in gioco l’essenza più profonda di Psiche che trascende l’Io e fa avvenire il mutamento necessario affinché la prova venga superata.
Un compito dopo l'altro Psiche deve scoprire una ad una le sue risorse interiori ed imparare ad agire tramite esse, e non tramite il suo ego superficiale.
Queste quindi si materializzano in aiutanti.
Ognuno di essi rappresenta ciò che Psiche, in quel momento, diventa.
Le formiche, ad esempio, potrebbero rappresentare il suo lato più tenace, più deciso, che non si lascia abbattere di fronte a quelle avversità che di primo acchito ci appaiono insormontabili (dividere una montagna di semi è un lavoro certamente arduo!) ma che con costanza e pazienza si possono risolvere senza eccessivi affanni: le formiche sono animaletti piccini ma parecchio operosi, che non si fanno scoraggiare da nulla.
Riguardo alla canna, si potrebbe ipotizzare che rappresenti l'intelletto della fanciulla che, grazie alla prima esperienza vissuta, si è evoluto.
Psiche è diventata posata, riflessiva, e dimostra addirittura scaltrezza: invece di agire senza pensare si è fermata a riflettere, e così è giunta alla decisione più saggia. Ha capito che, come non ci si deve lasciare abbattere subito dalle difficoltà, non bisogna neppure buttarcisi a capofitto, bensì ragionarci sopra anche solo per un istante per trovare la soluzione ideale. E per questo, attende che scenda la sera per raccogliere la lana dorata.
L'aquila è forse il simbolo più evidente, se teniamo conto anche della presenza dei draghi: non sono questi ultimi i custodi dei tesori interiori, coloro i quali bisogna affrontare se si vuole giungere alla propria ricchezza profonda?
Non è un caso che l’aquila compaia proprio a questo punto.
Essa rappresenta la sicurezza, la fiducia personale che risiede in ognuno di noi, quella che in genere si tira fuori nei momenti di sconforto più grande.
I draghi inquietano.
Sono bestie spaventose a guardia di un luogo ancor più spaventoso, e certamente chiunque sarebbe tentato di abbandonare l'impresa.
Sono probabilmente gli aspetti di tutto quello che lascia Psiche confusa e indecisa.
Simboleggiano i suoi dubbi e vacillamenti, le sue paure più grandi.
Ma Psiche trova il suo rapace interiore, il suo personale animale da preda, e così riesce ad affrontare le sue insicurezze, il suo sconforto.
Si fa cacciatrice e trova la fonte.
Inoltre l’aquila rappresenta anche la sua capacità più ampia di visione e di focalizzazione.
Essa infatti possiede una vista acuta e guarda dall’alto, con distacco.
Avendo risvegliato l’aquila dentro di lei Psiche può vedere la sua situazione "dall'esterno" e valutarla quindi con più calma, serenità ed anche in modo più ragionevole senza farsi dominare dai sentimenti di inquietudine e paura che prova.
Psiche, a questo punto, deve rimanere concentrata solo su ciò che è davvero importante.
Non deve perdersi, ma rimanere centrata.
E il suo animale guida, l’aquila, glielo permette.
Infine vi è la torre, ultimo aiuto “esterno” di Psiche.
La torre è alta sul dirupo, e si commuove a vedere la fanciulla disperata nell’ultima prova, forse la più difficile, la prova fatale.
Discendere negli inferi.
Se i draghi erano lo sconforto delle cose brutte che abbiamo dentro, il fatto di scendere nell'Ade è veramente terrificante: trovarsi faccia a faccia con il lato più oscuro e celato di noi stessi è qualcosa che non tutti sono in grado di affrontare, e che può realmente portare ad uno shock interiore.
Ma proprio perché Psiche ha superato altri difficili ostacoli ora è pronta.
È diventata forte.
Salda.
Psiche è una torre inespugnabile.
Ha acquisito delle qualità radicate nel suo profondo, con fondamenta incrollabili.
Ed è da queste qualità che Psiche deve attingere per scendere negli inferi senza rimanerne intrappolata.
Ed allora si manifesta la torre.
Psiche è una donna nuova.
Pronta a congiungersi per sempre con il suo divino Amore e con esso finalmente volare libera nel cielo vasto e sull’ampia Terra, avvolta da quella voluttà così dolce che ha custodito nel suo stesso grembo e che ora, dopo lunghe vicissitudini, può trasmettere ad ogni Donna e ad ogni Uomo che la vita porterà sul cammino della Conoscenza.
* Testo di Valerie Aliberti e Elena Ferrandi,
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