Il Respiro,
alle Origini della Vita
Il respiro per noi è vischio, un augurio per la vita. Iridescente, passivo, vive a spese della pianta, si nutre di un’altra pianta, così la luce si nutre del nostro corpo attraverso il respiro. Lasciamo che la luce si cibi di noi, delle nostre molecole umane. Le bacche del vischio si sviluppano nell’arco di nove mesi, come un bambino. Si pensa che sia nato dove cade la folgore, dove il divino può scendere sulla terra. Respirare come un bambino, che non ha altro pensiero che inspirare ed espirare, un respiro dietro l’altro, senza interruzioni, senza quelle piccole apnee, senza quelle compressioni che ti stringono il petto, lasciano il cervello senza ossigeno, nel vano tentativo di spegnere quella vana agitazione, quel rotolare di pensieri che ci opprime. Comprimiamo il respiro perché sentiamo, intuiamo quanta luce può avvolgerci e inondarci e la blocchiamo, la rifiutiamo, ce ne spaventiamo. Il respiro di un neonato non è contratto, non è bloccato, è libero. I neonati risplendono e respirano e sembrano venire da un altro mondo, come la luce, il vischio e il respiro. Il respiro è sentire il corpo da dentro, la possibilità di massaggiare gli organi, i muscoli, la pelle, da dentro, le ossa. Il respiro fa entrare e butta fuori, è una danza d’amore e di piacere, prende le tue tensioni e le invita a ballare, lasciamoci andare balliamo con lui. Respirare è come fare l’amore con l’universo. Il respiro è alito numinoso, attraverso il fiato ci piace entrare in contatto, in relazione, in connessione. Ci baciamo con la bocca e sentiamo il respiro dell’altro. Ci commuoviamo a guardare il respiro del nostro amore che dorme, come quello di nostro figlio. Il respiro è ritmo, che batte invisibile al cuore. Con il respiro creiamo e distruggiamo, cantiamo e suoniamo, accogliamo l’estasi. Pratico hata yoga da cinque anni (lo yoga del respiro), l’ho scelto per caso, la mia vicina di casa è stata la mia insegnante, qualsiasi altra disciplina abbia praticato in seguito mi è sembrata interessante ma insipida. Proprio come un cibo senza sale, mi mancava la consapevolezza del respiro. Era il respiro che dava sapore al movimento ! Con una pratica di respirazione (la respirazione olotropica) (1) ho contattato una memoria della mia nascita. All’inizio non pensavo nemmeno che fosse una memoria autentica, com’era possibile ? Avevo visto solo due mani che mi prendevano, appena nata. Ero sicura che fossero due mani amorevoli, di qualcuno che poteva amarmi, non un estraneo. Chi poteva essere, mio padre ? Eppure all’epoca in sala parto i padri non potevano entrare, tanto meno per un cesareo. Poi mio padre non era il tipo, sarebbe svenuto subito, e allora chi poteva essere ? Telefona mio zio per farmi gli auguri in una qualche ricorrenza, e gli chiedo: Zio, ti ricordi per caso chi c’era in sala parto quando sono nata ? Incontro tra interno ed esterno, fiducia nel mondo, che ci siano mani amorevoli pronte ad accogliermi. Il respiro è l’apriti sesamo della caverna dei nostri desideri, il massaggio che scioglie i nodi più antichi, le resistenze più inestricabili. Come sopra la cresta di un onda, accompagnate dal respiro sono presenti curiosità e paura, “se prevale il fascino, l’attrazione è possibile schiudersi e subentra un diffuso senso di libertà” (2). Non si pensa più al traguardo, conseguire un obiettivo ma ci lasciamo sbocciare senza sforzo. “L’attenzione si propaga dentro e, con il tempo, affina vista e udito interiori. Viene amplificata anche la più sottile risposta fisica. L’intelligenza delle cellule può affiorare alla superficie della coscienza dove ci prende per mano e c’è un’immensa bellezza nell’arte di accondiscendere, di muoversi in sintonia con il corpo e non contro di esso.(…) C’è una grande differenza tra un respiro calmo e consapevole che dà leggerezza al corpo e rischiara la mente e un respiro breve e meccanico che paralizza l’organismo e offusca il pensiero. (…) “Il respiro delle donne ? E’ il primo gesto del loro nascere a se stesse, della loro venuta al mondo spirituale, della loro scoperta di un’incarnazione propria. Esse respirano senza dipendere dal respiro altrui, e accedono ad un’esistenza intessuta di carne e di parole. (…) Respirare è il primo gesto di autonomia del vivente. Ed è una cultura del respiro che ci consente di accedere allo spirituale.(…) il soffio creatore, il dominio dei venti, la capacità di mettere o rimettere in moto ciò che è immobile, irrigidito, morto.”(4) E così, respirando, respirando ho finito di scrivere anche queste pagine ! Pubblicato su www.ilcerchiodellaluna.it nel maggio 2009 |
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