Il labirinto
L'etimologia è incerta, le
forme sono le più varie, gli scopi, enigmi spesso indecifrabili.
Eppure il Labirinto ha un fascino quasi ipnotico che parla al profondo
di ogni essere umano più di ogni altro simbolo.
Questo mitologema subliminale, che ricorda con i suoi percorsi spesso
sinuosi e suscettibili, di produrre smarrimento - il grembo, le viscere,
il cervello, la Grande Madre Terra, la morte e contemporaneamente la vita,
la resurrezione, il rinascere o la possibilità di rigenerarsi -
è un messaggio dell'uomo per l'uomo, valido come "Istruzioni
per l'uso" per chiunque percorra la via dell'iniziazione, della ricerca
del luminoso interiore o di ciò che possa materializzare lo spirito
e spiritualizzare il corpo. Ciò è vero, per lo meno, qualora
si riesca ad afferrare il senso più alto e inaccessibile nonché
occulto del labirinto (e di ogni altro simbolo degno di questo nome, che
serva cioè a "unire"). Esso rimane legato alla formazione
e alla prova simbolica dell’Iniziato, che entrandovi doveva raggiungere
il centro e ritornare; come un cammino che prevede la discesa e la risalita
dal mondo di sotto. Solo la fermezza e la purezza d’animo accompagnate
dalla conoscenza del cammino iniziatico possono vincere il Minotauro che
rappresenta le forze e gli istinti animali.
Per chi si accontenta invece di un'indagine superficiale, il mitico manufatto
attribuito all'ingegnoso architetto Dedalo può dischiudere un mirabile
mondo di eroi e di dèi antichi e moderni.
Il fatto è che i veri simboli (da non confondere con gli "emblemi")
sono come la punta di un iceberg o più prosaicamente come la cipolle.
A guardare da vicino e in profondità o a togliere gli strati successivi,
i simboli disvelano (e ri-velano, cioè velano di nuovo) realtà
e conseguimenti coscienziali che a parole - fonetizzate o trascritte -
non si possono dire. Da qui la necessità "tecnica" e,
quindi, "artistica" del segreto e del silenzio iniziatici. Come
può qualcuno capire da una descrizione il sapore di un frutto che
un altro sta mangiando? Non resta che provare di persona; e, qualche volta,
riprovare.
La vita spesso opera su simboli che sono facilmente comprensibili dalla
grande maggioranza delle persone. Nella lingua inglese ci sono due parole
con significato differente per definire quello che noi genericamente chiamiamo
“labirinto”: maze (fig. 1) e labyrinth (fig. 2).
fig. 1 - Maze fig.
2 - Labyrinth
Osservando attentamente le figure, capirete facilmente la differenza:
il primo è come una specie di enigma da risolvere, il secondo è
un percorso senza biforcazioni.
A questo punto pensiamo al “labirinto-maze” come ad una metafora
di una religione, ed in particolare a quella cristiana. L’entrata
è il battesimo e la meta è il paradiso, ma fate attenzione
in quanti vicoli ciechi potreste imbattervi. Falsi profeti e cattivi insegnanti.
Altri insegnanti sono talmente poveri di spirito da non potervi insegnare
nulla. Ci sono chiese che sono più interessate alla loro ricchezza
materiale ed al potere che alla vostra salvezza. Ci sono pessime traduzioni,
traslazioni ed interpretazioni dei libri sacri oppure voi stessi equivocate
sul vero significato della religione.
Prendete la strada sbagliata e potreste ritrovarvi a Jonestown o a Waco.
Ci sono molte scelte da fare, e molte di quelle che farete si riveleranno
sbagliate. E ad ogni scelta sbagliata sarete pure puniti dal vostro dio.
Ora invece pensiamo al “maze” come alla vostra vita. L’entrata
è la nascita e l’uscita è la morte. In mezzo un altro
mucchio di scelte da fare: scuola o lavoro? Servizio militare o obiettore?
(per i vecchi lettori)… Sposarsi o no? Figli o non figli?
Dove portano o dove NON portano tutte queste scelte?
Il Glastonbury Tor visto dal basso
In Inghilterra c’è una collina artificiale chiamata Glastonbury
Tor. Questa collina è a terrazzi e sulla sommità spiccano
le rovine di una vecchia chiesa. Il Tor è stato sempre ritenuto
sacro da chi pratica l’Arte, ma pochi hanno saputo spiegare il perchè
o il come. Per anni, le streghe moderne hanno scalato il Tor, percorrendolo
dritto verso la cima. I terrazzi erano solo un posto piacevole per riposarsi,
o così hanno pensato.
Ora lasciamo per il momento questo discorso in sospeso.
Guardiamo al Labirinto (il Labyrinth, stavolta) come la Wicca.
Vi avvicinate all’Arte e alla fine raggiungete la meta che stavolta
è al centro della costruzione, come nel ventre della Madre Terra…
Questo sarà inevitabile nel Sentiero. Nel Labirinto-Labyrinth sembrerà
qualche volta che stiate perdendo tempo, altre volte vi stupirete di come
il centro si avvicini velocemente. Però alla fine il centro lo
raggiungerete sempre, perché nella Wicca non ci sono vicoli ciechi,
ma solo cammino da fare. Non ci sono altri sistemi per non arrivare alla
fine se non abbandonare il Sentiero. Dovete solo decidere quale sia il
vostro scopo e incominciare a camminare. E, paganamente parlando, penso
che percorrere nudi un labirinto rituale sia un’esperienza fondamentale
prima di essere ammessi ad una iniziazione.
Comunque, come potete essere sicuri di essere effettivamente sul Sentiero?
Come potete sapere se si tratta del sentiero wiccan? Come potete accorgervi
che non siete piuttosto in un labirinto-maze? Perché restare nel
Sentiero quando tutto sembra nascosto da barriere e ridotto a metafore?
Qualche risposta personale posso darla, ma non sempre ciò è
possibile. Ci sono molti Sentieri e solo voi potete sapere quale sia quello
giusto per voi stessi.
Vi chiedono soldi: SENTIERO SBAGLIATO
Droga, sesso non consensuale, adorazione del demonio: SENTIERO SBAGLIATO
Il vostro insegnante vi racconta fandonie sulla propria vita, sul proprio
passato, sulle sue esperienze, lui ha perso il Sentiero, e voi lo seguirete:
SENTIERO SBAGLIATO
Vi dicono di obbedire ciecamente: SENTIERO SBAGLIATO
Vi ordinano di evitare i libri e i ragionamenti: SENTIERO SBAGLIATO
Voi non mantenete le promesse: SENTIERO SBAGLIATO
Il vostro insegnante si professa infallibile e voi lo adorate come un
guru: SENTIERO SBAGLIATO
Il Labirinto di Chartres
Ci sono molti Labirinti-Labyrinths con molte mete e traguardi da raggiungere
ed altrettanti labirinti-maze.
Non tutte le religioni sono riconducibili ad un Labirinto-Labyrinth. Alcuni
si accontentano di un labirinto-maze. Però non tutti i Labyrinths
sono uguali, non tutti hanno lo stesso scopo.
Abbiamo visto che lo scopo del cristianesimo non è lo stesso della
Wicca, ed il fine di quest’ultima è differente da Asatru
e Nativi Americani. Mescolare tutte queste fedi, poi, non farà
che cacciarvi in un maze.
Voi dovete scegliere la vostra meta e scoprire quale sia la religione
che vi aiuterà a raggiungerla.
Alcune volte ci saranno persone che si chiamano Wicca e si costruiscono
un maze al posto di un Labyrinth. Forse non se ne rendono nemmeno conto.
Forse sono essi stessi persi in un maze. Forse si sono persi e cercano
compagnia.
Avevamo lasciato le nostre streghe moderne che si arrampicavano sui pendii
del Glastonbury Tor.
Un giorno decisero di celebrare un rito proprio sulla cima della collina.
Però, stavolta, invece di scalare la collina per la via diretta,
decisero di fare una camminata tranquilla e di seguire i terrazzamenti
per vedere dove portassero. Alla fine, sempre camminando sui terrazzi,
arrivarono sulla cima del Tor. Avevano percorso il Labirinto senza nemmeno
accorgersene;
Anni dopo qualcuno fece una foto aerea del Tor ed osservando bene l’immagine,
scoprirono che il Tor di Glastonbury era stato modellato o costruito con
la figura di un labirinto. Il percorso conduceva in alto ed era lì
per chi volesse vederlo.
Così, mantenete puri i vostri ideali e seguite il Sentiero con
i vostri occhi rivolti alla Dea e al Dio; ma di tanto in tanto date un’occhiata
ai vostri piedi per essere sicuri che siete sul giusto cammino.
Il Tor visto dall'alto
Tornando al labirinto, i filologi sono
ancora incerti sull'etimo e sul significato ad esso correlato: c'è
chi lo fa derivare da labrys, l'ascia bipenne di pietra venerata a Cnosso
come attributo di Zeus Ideo, riprodotta nella favolosa reggia di Minosse
dalla pianta assai complessa di vastissime proporzioni e che, perciò,
si pensa venisse chiamata "palazzo della labrys" , da cui labirinto.
Pare sia stato Erodoto a usare per primo il termine labirinto a proposito
di una tomba faraonica risalente al 450 a.C. e composta di 12 grandi sale
e 3.000 stanze minori. Plinio il Vecchio poi descrisse come labirinto
la tomba monumentale del re etrusco Porsenna vicino a Chiusi. Ma forse,
in entrambi i casi il termine usato per antonomasia era diventato già
generico.
Un'altra etimologia proposta è quella di labra o laura, indicanti
sia la cava, sia la caverna e la miniera e i loro rocciosi cunicoli. "L'attuale
e l'antica Laurion - spiega Paolo Santarcangeli nel suo insuperato ‘Il
Libro dei labirinti’ edito dalla Vallecchi - che è miniera
di piombo ne è un esempio; dalla radice lau-lav vengono 'lava'
e "la(v)tomia".
"E, come se non bastasse, - prosegue Santarcangeli - pare che ci
fosse a Creta (e certamente in Asia Minore) un culto di Zeus Labrandos,
Labraundos o Dolichenus, di cui ancora nel 1844 esisteva in Caria un santuario
ben conservato. Poi c'è la radice laòs = popolo; e il fulmine
di Zeus, che deriva dal nome della selce: indi il nome del luogo dove
dimora la dea ctonia toû lábrous; quindi caverna consacrata
a una dea litica".
A ben seguire il filo di questo discorso (non ancora quello di Arianna)
si può vedere che la pietra, perfino la lapis, la caverna, la miniera
con i suoi "metalli", la divinità femminile terrestre
a cui poi si sostituì Zeus, noto per la sua "giustizia",
per il suo fulmine e per le sue "aquile", sono tutti compresenti
nel labirinto, si saldano ai riferimenti (fatti negli articoli precedenti)
alle caverne, ai mitrei e agli antri delle Sibille, e si proiettano sia
verso situazioni latomistiche, cioè muratorie e architettoniche,
sia verso situazioni ermetico-alchemiche. In pratica, il labirinto dà
molto di più del motto VITRIOL: Visita Interiora Terrae Rectificandoque
Invenies Occultum Lapidem.
Labirinto dal "Liber Floridus", di Lamberto di Saint-Omer
La forma e la tipologia dei labirinti è la più varia: possono
essere naturali, artificiali e misti; a una o più vie; bio tridimensionali;
geometrici (a pianta rettangolare, quadrata, circolare, spiraliforme,
ecc.) o irregolari; con uno o più centri o senza centri. Queste
e altre distinzioni sono dipese dai "modelli" cosmogonici utilizzati
con maggiore o minore fantasia, dagli estri e dalle mode artistiche e
dalla partecipazione sociale compatta o scarsa, finalizzata alla realizzazione
di monumenti o di un semplice fregio sul verso di una moneta. E tuttavia
straordinaria la presenza di questo archetipo non solo nella cultura,
nella civiltà e nella storia mediterranea ma anche nelle più
antiche società indo-europee e in quelle dell'America precolombiana.
Si pensi che i mandala hanno spesso forma labirintica, ma se è
vera l'ipotesi che fa risalire questi disegni geometrici a sfondo sacrale
ai mudra, cioè ai gesti e ai movimenti (per esempio quelli delle
cerimonie rituali), lo stesso ragionamento può essere valido per
il labirinto e i suoi meandri da percorrere in processione nelle grandi
feste stagionali (anche danzando imitando il passo delle gru) e nel riti
di passaggio.
Fino a pochi anni fa era facile vedere ancora disegnati labirinti semplici
nel cortili e nelle piazze di ogni paese per il gioco dei bambini chiamato
"mondo" per il quale si usa una pietra piatta e un'andatura
saltellante, su un piede solo.
Gli scopi del labirinto, sia esso raffigurato su un pavimento a mosaico
o su un soffitto o eretto in muri di mattoni o in siepi di giardino, non
sono quelli di proporre un quiz né una gara di abilità.
Comunque, ricorda Santarcangeli:"chi attraversa il labirinto, deve
passare per gli intrichi e gli inganni dell'oscurità per vincere
la morte: così come gli Ebrei fecero per 'sette' giorni il giro
delle mura di Gerico, così come gli Achei assediarono Troia per
'sette' anni. I rigiri delle viscere e le linee tracciate sul fegato sono
uno specchio microcosmico del corso delle costellazioni celesti. Tale
corso cosmico fu riprodotto nella 'danza', trasponendo nella categoria
del tempo la rappresentazione spaziale. Giace nelle profondità
la rappresentazione misterica dei grande alvo materno e del labirinto
in cui dovrà vagare l'uomo esposto all'impegno della vita".
Grazie a questi chiarimenti è più facile comprendere perché
i labirinti sui pavimenti delle cattedrali francesi venivano chiamati
chemins de Jerusalem ed erano percorsi in ginocchio dal fedeli a commemorazione
del calvario.
Al labirinto di Cnosso sull'isola di Creta è strettamente legata
la leggenda o, meglio, l'allegoria del Minotauro, l'essere dal corpo umano
e dalla testa taurina nato dal connubio bestiale di Pasifae, moglie di
Minosse, con un magnifico toro bianco inviato da Poseidone. Una variante
propone che il "mostro" si chiamasse Taurominos e avesse testa
d'uomo e corpo taurino; in ogni caso,"galeotto" del connubio
contro natura fu Dedalo, fabbricando una forma lignea di giovenca in cui
si nascose la regina. A Dedalo sarebbe poi toccato costruire il labirinto
per imprigionare il Minotauro, al quale Minosse ogni "nove"
anni sacrificava "sette" ragazzi e "sette" vergini,
fatti mandare come tributo da Atene da lui vinta in battaglia.
A questo punto si inserisce Teseo l'eroe solare per tanti versi simile
ad Eracle e a Gilgamesh, presunto figlio di Egeo ma in realtà progenie
di Poseidone. Teseo, che già aveva vinto il toro di Maratona (e
si veda quanto già detto a proposito di Mitra), si unisce agli
altri 13 ostaggi e va a Creta. Un sogno l'avverte che dovrà invocare
l'aiuto della dea dell'amore e il presagio diventa chiaro quando Arianna
Glaucopide (anch'ella con lo stesso attributo di Atena, nata dalla testa
di Zeus) si invaghisce di lui e gli dà il gomitolo (o il fuso)
da stotolare all'interno del labirinto per ritrovare la via d'uscita,
nel caso fosse riuscito a vincere il Minotauro.
Tutti sanno come andò a finire: Teseo riuscì ad afferrare
il sopracciglio del mostro e ad affondargli la spada nel petto; uscì
dal labirinto e fuggì da Creta con Arianna, ma non la sposò,
contrariamente a quanto promessole, e l'abbandonò sull'isola di
Dia, dove dovette scendere Dioniso con il suo carro alato trainato da
linci e da tigri per salvarla e farla sua.
Non sappiamo quante e quali siano le stratificazioni di questa allegoria
divenuta semplice affabulazione dal significati moralistici. Certo è
ben strano che un "eroe", sia pure "fuggitivo", si
comporti da fedifrago. Come è strano che Arianna (o Ariadrie, Airagne,
Aracne) si faccia sedurre e abbandonare come una tapina (mentre dovrebbe
avere avuto una grossa valenza pari a quella di Penelope), dopo aver aiutato
Teseo a uccidere quello che, in fondo, era suo fratellastro e guarda caso
si chiamava anche "Asterios" (cioè "astro",
per indicare - secondo SantaRcangeli - la concezione sidereo-luminosa
del temibile uomo-toro). E’ infine sorprendente che un Dioniso,
alter ego di Apollo, vada a soccorrere la derelitta.
E’ molto probabile che l'allegoria primigenia, mito essa stessa,
narrasse la vittoria sulla parte animale e oscura dell'uomo-eroe, il quale
sa dipanare (o tessere) il filo della propria coscienza e così,
ottenendo anche il "distacco" dalla propria parte animica, si
trasforma in un processo di indiamento che gli fa attingere le massime
e impensabili (come indica la coincidenza misterica Apollo-Dioniso) virtù
spirituali da ritrasformare sul piano animico e fisico, anche a beneficio
dell'umanità.
Questa interpretazione può non essere soltanto teorica, né
tanto meno "mentale", ma operativa, solo che si sappia ritrovare
il filo (le filet, dicono i Francesi) di un percorso iniziatico che, in
ogni tempo e paese, si può coprire con tanti schermi che servano
ad allontanare i profani e gli intrusi. A volte, come abbiamo già
detto ad abundantiam, il mito viene riverniciato o restaurato perché
si vuole che resti una traccia dei cambiamenti politici o religiosi da
cui una societas trae nomen, numen e ragione di esistere finché
non sarà sopraffatta da un'altra. Ma anche la società vincitrice
tende ad autotramandarsi inglobando e ritoccando a proprio vantaggio la
storia e la mitologia dei vinti fino a renderle contraddittorie e quasi
incomprensibili. Questi, per lo meno, sono i limiti delle allegorie, delle
leggende, delle saghe, delle affabulazioni e, in fondo, della parola.
Il simbolo, invece è valido in ragione del suo e del nostro silenzio
ed è perciò universale.
In questa ricerca sul simbolo, assai scarso è l'aiuto che viene
dalla psicologia più o meno alla moda. Altri sono gli strumenti
scientifici da usare con un granellino di "sale": prime fra
tutte l'indagine storica, che tenga conto sia del sociale sia del sacro,
e la filologia. Quest'ultima, in particolare, unita alla storia dell'arte,
potrebbe fornire qualche chiave interpretativa nel sotto-mito di Dedalo
e di suo figlio Icaro, rinchiusi da Minosse nel Labirinto e di lì
sfuggiti con le ali di cera e di piume. Il primo con prudenza e bravura
riuscì ad atterrare in Sicilia; il secondo con orgoglio e imperizia
precipitò in Sardegna, dando forse un grosso contributo alla civiltà
nuragica. Ma questo è un altro spunto da analizzare meglio in seguito,
parlando delle civiltà megalitiche.
Uno dei più diffusi labirinti è quello di sette cerchi concentrici
ed un vano posto al suo centro, ed è quello che vedete qui sotto,
e che alcune/i di voi riconosceranno a prima vista.
Il nostro Labirinto Val di Taro - settembre 2004
Testo di Ddrwydd Giampaolo Gianese
per https://wicca.blog.excite.it/
gentilmente concesso a Il Cerchio della Luna
Bibliografia:
Hiram, n° 5 - 1987Altri riferimenti:
Il Labirinto e il Minotauro
Immagine dal "Liber Floridus", di Lamberto di Saint-Omer
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