Per presentare il lavoro che faccio con le mamme del dopo parto, mi
è venuto in mente di parlare di illuminazione.
L’argomento mi è stato suggerito da una frase che ho
letto in un libro di Jane Swigart “Il mito della cattiva madre”.
Dice infatti: “ Non abbiamo alcuna tradizione che esalti la
cura dei figli e tutto quello che comporta, rendendola un modo di
raggiungere l’illuminazione intellettuale e spirituale. Non
le viene dato il rispetto che merita”.
Questa frase è stata per me illuminante sotto molti aspetti.
E’ stata illuminante per il mio lavoro di counselor, per capire
meglio le donne che incontro alle dieci lune, la loro bellezza, il
loro coraggio.
Quando è nato mio figlio sono rimasta “folgorata sulla
via di Damasco”, riscoprivo l’essenza delle cose, mi sentivo
una filosofa greca a ripensare con meraviglia e stupore, come per
la prima volta, la notte e il giorno, l’inizio e la fine, il
perché delle cose, il difficile cammino verso il centro di
noi stessi. Adorazione e miracoli erano il mio pane quotidiano. Mi
ha spalancato gli orizzonti, la magia e la vastità dell’universo.
La maternità è per davvero il modello, l’archetipo
di tutte le discipline spirituali, di tutte le filosofie. E’
già successo nella storia e continua a succedere, le donne
l’iniziazione, il valore del passaggio, del crescere, del nascere
e del morire, lo portano scritto nel corpo. Non hanno bisogno di cercare
lontano, nei cieli, nelle visioni, nel profondo delle foreste. Noi
l’illuminazione la portiamo nel corpo.
E’ quello sguardo che si accende dentro di noi e che ci guarda
da dentro. Tutte noi conosciamo quello sguardo.
E’ la consapevolezza che si accende nello sguardo dell’altro,
nella relazione con l’altro.
In quali e quanti sensi la maternità è un cammino di
illuminazione !
Allevare figli è una disciplina che ci insegna moltissimo su
noi stesse e sul mondo. Immedesimarsi con un bambino, comportarci
come lui, impariamo i nostri limiti, riconosciamo quello che abbiamo
vissuto. Ci confrontiamo con la delusione e la frustrazione dell’essere
madri, con tutti i nostri progetti rimandati, con il nostro essere
imperfette, la nostra immaturità, il narcisismo, la sensualità,
l’indifferenza. Non siamo poi così disponibili come credevamo,
tutto sommato preferiremmo tornare a lavoro, a volte rischiamo di
impazzire a reggere tutto il peso della fatica e della responsabilità;
di tutte le emozioni che eravamo riuscite a nascondere con tanta fatica
sotto il tappeto. Spuntano fuori con prepotenza, e se non le ascoltiamo
condanniamo i nostri figli a continuare a riviverle. Lo sappiamo,
ma a volte è troppo difficile!
In quasi tutte le religioni esiste la pratica della notte interrotta,
la veglia per sentire Dio più vicino. Noi madri sappiamo cosa
significa, svegliarsi nel cuore della notte, interrompere il sonno,
accorrere a vegliare la nostra piccola divinità. Diventare
madre, il continuo lavoro per il bagno, i pasti, cercare un ordine
precario nel caos, sembra un lavoro da benedettino, da certosino…è
difficile curarsi delle “cose mondane”, le priorità
cambiano, sacrifichiamo una parte dei nostri egoismi, impariamo a
lavorare per gli altri, senza aspettarci nulla in cambio.
Amiamo i nostri figli come noi stesse. Se a nostro figlio viene il
mal d’orecchio, le nostre orecchie cominciano a farci male,
esplode l’ansia per ogni piccolo disturbo. I desideri personali
devono trovare compromessi con le esigenze dei nostri figli. I figli,
a volte, ci chiedono l’impossibile, ci chiedono di rispondere
con amore e tolleranza alle loro emozioni inaccettabili. E’
difficile riconoscere, frenare, tollerare, contenere l’aggressività
dei bambini, le loro numerose fantasie distruttive, se qualcuno non
lo ha fatto per noi.
Impariamo la lentezza, entriamo in uno spazio-tempo che sembra un
universo parallelo a quello quotidiano, il valore della lentezza,
del vivere momento per momento, il valore della semplicità,
di un gesto, di una carezza, di un bacio, di uno sguardo, il contatto,
così forte, così esigente da diventare a volte insopportabile.
I bambini ci mettono in contatto con l’infinito, con la notte
buia dell’anima e i suoi tormenti, e con la gioia, le beatitudini,
le estasi.
I bambini sanno di pane, un odore può farci esplodere di felicità.
Le loro feci ci disgustano, ci portano con i piedi per terra, a volte
le amiamo. Siamo solo esseri umani per quanto nella vita possiamo
andare lontano.
Stare con un bambino dà un senso di pienezza, di soddisfazione,
di allegria, come poche altre cose nella vita.
Amare un bambino fin dalla gravidanza ci insegna che l’amore
è un possesso insicuro, che non abbiamo certezze, che non siamo
onnipotenti, che non possiamo prevedere niente.
E’ davvero qualcosa di importante quello che mi hanno insegnato
le donne del dopo parto, qualcosa di prezioso e vasto, un camminare
insieme, a tutte un ringraziamento.
Testo di Emanuela Geraci
per il Cerchio della Luna © 2008
inserito nel sito www.ilcerchiodellaluna.it
nel dicembre 2008.