di
Massimo Habib
Quando, alla fine dell’ ottocento, nasce il Tango Argentino,
nella sua primissima forma, si tratta di una danza piuttosto aggressiva
fra maschi. Due uomini del porto di Buenos Aires si sfidano, un po’
per noia, un po’ per delimitare territori e assicurarsi potere,
nelle strade, con un coltello in mano. Un altro, in disparte batte
un tamburo o suona una chitarra con ritmo cadenzato, preciso, secco.
Questi uomini, un po’ disperati nel loro orgoglio, non hanno
portato con sé le proprie donne, madri, mogli, sorelle, quando
sono emigrati dall’Italia, dalla Spagna, dalla Francia. E adesso
vanno nei bordelli a cercare piacere sì, ma soprattutto affetto,
quell’affetto materno e familiare di cui sentono ogni giorno
la mancanza. E quando incontrano le prostitute insegnano loro dei
passi strani e nuovi. E’ nato il Tango.
A questo punto i ruoli iniziano a definirsi, cristallizzarsi. L’uomo
quando balla vuole dimostrare la sua capacità, la bravura,
l’intenzione, la determinazione. Quale, dunque, il ruolo della
donna?
Una donna diventa davvero brava a ballare quando chiude gli occhi
e si gode quello che accade. Sente la guida dell’uomo, la percepisce
nel corpo, la parola è assente. Ma ogni volta che sente una
indecisione dell’uomo, si ferma, attende, non balla. E’
come se la donna offrisse all’uomo uno dei suoi canali più
peculiari: quello recettivo, aperto, attento, sensibile, e questo
canale va protetto, gestito, ascoltato dall’uomo se questo vuole
che lei balli per lui. Allora la donna si permette l’abbandono
che però non è mai un lasciare andare il proprio peso
su quello dell’uomo bensì un responsabile concedersi,
un po’ gelosa della propria capacità di ascoltare, pronta
a fermarsi se il sapore della danza viene perso.
Il risultato di tutto questo, è l’eleganza, nel suo significato
archetipico. Una donna che balla bene può essere giovane, anziana,
bellissima, insignificante, ma solo quando è ferma. Quando
balla queste caratteristiche vengono scalzate dall’eleganza,
il modo in cui disegna a terra con la punta del piede, la leggerezza
che trasmette al ballerino in primo luogo, ma anche a chi guarda e
rimane stregato.
Questa eleganza sottile, leggera e un po’ altera è generata
dalla profonda adesione a questo ruolo femminile che non è
solo donna (perché in ogni donna alberga sempre una parte maschile)
ma è qualcosa di più, forse l’essenza della femminilità
stessa, di quel mondo lunare passivo e pure misterioso che può
stregare e incantare un uomo forse proprio perché l’uomo
assapora qualcosa che non gli appartiene, che non capisce, che lo
rapisce con intensità.
Si sa, nel Tango è l’uomo che conduce e la donna che
segue ma è un seguire con un sorriso leggero come dire “Attento!
Fai uno sbaglio, e non sarò mai più tua…”
e con questo leggero ricatto un po’ vezzoso e un po’ serioso,
si dipana la danza e la coppia diventa un’anima che si muove,
completa di ogni sentire umano, autonoma, nello spazio della musica.
La bellezza è ora movimento, attesa, ritorno, malinconia in
un occhio che piano si chiude, eccitazione in una coscia che sfiora
la gamba dell’uomo con irresistibile lentezza, pretenziosità
quando per due secondi (ebbene sì, accade) la donna prende
il comando e fa una “barrida” spostando il peso dell’uomo,
come a dire “ricordati che io sono qui, non sono solo la tua
bambola”. Sogno, quando a occhi chiusi il ballerino ti dondola
piano in una pausa intensa e silenziosa della musica… e questa
bellezza ha poco a che fare con la bellezza del corpo o con l’età.
E’ come se questo canale che si apre ci lasciasse vedere un
profumo leggero, invisibile altrimenti.
“Ma sarò tua solo per questi tre minuti, ti donerò
tutta la mia sensibilità se sarai bravo e te la meriterai.
E poi, forse, ci rincontreremo se la mia pelle cercherà ancora
la tua”
Perché quando una donna balla davvero offre per quei tre minuti
una apertura intensa e generosa, come una gemma di femminilità
che va protetta e gestita. Ma questo è compito del ballerino….
©
2008 di Massimo Habib
inserito nel sito www.ilcerchiodellaluna.it
nell'aprile 2008.