Ildegarda
di Bingen
Ricerca di Anna Pirera*
Di Ildegarda ricordo, nei miei anni a filosofia, l'entusiasmo con cui
ne parlava la mia docente di filosofia medievale, Maria Teresa Beonio
Brocchieri Fumagalli. Immersa nei percorsi del pensiero filosofico maschile
non capivo, al tempo, tanto sbilanciamento per la sua figura minore,
visionaria e mistica. Sono quindi molto contenta di reincontrarla oggi con
occhi ben diversi.
Ildegarda che fu unica, irripetibile, profetessa e musicista (probabilmente
la prima donna musicista della storia cristiana), mistica e donna di
potere, visionaria, filosofa e donna di medicina, scienziata e poetessa,
umile e famosa in tutta Europa, anticonformista, instancabile organizzatrice
e donna dalla salute fragilissima, aristocratica confidente di papa
e imperatori e fiera sostenitrice della vicinanza al popolo. Ildegarda
che nelle sue visoni incontrava Sophia, la sapienza divina femminile, e da
essa ispirata diede forma ad una descrizione dell'universo, del mondo
e dell'uomo pervase da un'armonia e una bellezza profonde. Ildegarda
che seppe essere delicata, autorevole, concreta, accogliente, ispirata,
coraggiosa e paziente.
Ildegarda di Bingen, anzi, santa Ildegarda di Bingen - il suo
culto è ancora oggi assai vivo in Germania - monaca e badessa
nel monastero femminile Benedettino, visse nel XII secolo, nell'epoca
medioevale cui risalgono le grandi cattedrali gotiche, Chartres in primo
luogo.
La sua vita
Ildegarda è la decima e ultima figlia di nobile famiglia. Nasce
in epoca di crociate: il nome Ildegarda significa proprio vincitrice
delle battaglie. Fin da piccola era una bambina 'speciale' (oggi diremmo
'indaco'): intelligente, acuta, di salute assai instabile; anche la
sua natura di visionaria comparve molto presto, verso i 5 anni. I genitori
decidono di affidarla, all'età di otto anni, alla maestra Jutta,
una giovane di nobile lignaggio che si era appena ritirata in clausura
presso il monastero benedettino di Disibodenberg.
Giunta all'adolescenza Ildegarda decise di porre la sua vita al servizio
di Dio; pronunciò i voti dell'ordine benedettino e riceve il
velo. Passano trent'anni senza che si verifichino grandi eventi, ma
intanto: "La reverenda madre (Jutta) scopriva piena di meraviglia
come
la sua allieva fosse divenuta a sua volta maestra ...".
Così, alla morte di Jutta le monache la eleggono badessa. Per
cinque anni ancora la vita
al monastero prosegue il suo corso tranquillo,
ma quando Ildegarda arriva ai quarantadue anni, in un momento di cisi
fisica e pichica, la voce di Dio insistentemente le intima di rendere
pubbliche le sue visioni scrivendone.
Da quel momento le forze le ritornano e Ildegarda inizia a comunicare
le visioni, e scrive la sua prima grande opera, lo Scivias (Conosci
le vie). Intanto la sua fama si spande nella regione, giungendo anche
alle orecchie del papa che, su consiglio di S. Bernardo, dà a
Ildegarda il permesso di rendere noto ciò che lo Spirito le ispira
incoraggiandola a scrivere. La sua fama comincia ad espandersi, Ildegarda
inizia a intrattenere scambi di epistole con numerosissimi e potenti
personaggi in tutta Europa (fra cui l'imperatore Barbarossa), dissertando
di politica, filosofia e teologia.
Ildegarda scrive, compone musica sacra, si occupa di moltissime scienze,
di medicina e fitoterapia in particolare. Detta ciò che le sue
visioni le indicano e ne fa dipingere immagini.
Sempre più numerose sono le fanciulle che bussano alla sua porta
per essere accolte in monastero. Ildegarda decide di fondare un nuovo
convento sulla collina di Rupertsberg, vicino alla città di Bingen,
alla confluenza di due fiumi. Dopo una fase travagliata, con rapporti
difficili con la comunità monastica maschile, il nuovo convento
si consolida lentamente finchè Ildegarda ottiene la protezione
dell'arcivescovo di Magonza e dello stesso imperatore, Federico Barbarossa.
Con l'imperatore la santa aveva avuto buoni rapporti fin da quando egli,
colpito dalla sua fama, l'aveva invitata nel suo castello di Ingelheim.
Ciò non le impedisce di prendere risolutamente posizione contro
di lui (con parole di fuoco), a favore del papa legittimo Alessandro
III, quando l'imperatore entra in contrasto col papato facendo eleggere
due successivi antipapi.
Sotto la saggia guida di Ildegarda, la comunità di Rupertsberg
vive nella gioia e nella concordia, suscitando ammirazione ovunque.
Così scrive il monaco fiammingo Viberto: "La madre circonda
le figlie con tale amore, e le figlie si sottomettono alla madre con
tale reverenza, che si stenta a distinguere se siano le figlie o la
madre a riportare la vittoria. Praticano con zelo letture e canti e
le si può vedere intente a scrivere libri, a tessere paramenti
sacri o dedite ad altri lavori manuali".
Il convento di Rupersberg attira sempre più giovani, così
che dopo dieci anni dalla fondazione Ildegarda fonda un altro convento
sulla riva opposta del Reno, ad Eibingen. Gli aumentati impegni non
le impedisconi comunque di continuare nella produzione delle sue opere,
fra cui il Liber divinorum operum (Il libro delle opere divine). Ormai
anziana, ma piena di energie, Ildegarda non manca di portare la sua
parola, fatto straordinario per una donna, lontano dal suo convento,
compiendo quattro grandi viaggi di predicazione nelle principali città
dell'Europa centrale. Negli ultimi anni (raggiungerà gli 81,
età assai ragguardevole per il medioevo, nonostante la salute
sempre cagionevole) non cessano i contrasti anche col clero locale,
nei confronti del quale Ildegarda si mostra inflessibilmente decisa.
Un anno prima della sua morte, Ildegarda dà prova della sua forza,
opponendosi ai prelati di Magonza che le hanno ordinato di disseppellire
e gettare il cadavere di un nobile scomunicato, sepolto nel suo monastero,
pena la scomunica del monastero; con il suo bastone traccia una croce
nell'aria sulla tomba, poi fa in modo che sul terreno non resti alcun
segno che possa farla identificare e ordina di far tacere canti e melodie nel suo monastero.
"Vidi nell'anima mia che se avessi obbedito e buttato il cadavere
fuori dal cimitero, tale azione avrebbe minacciato la nostra dimora
come una grande nube nera, ci avrebbe avvolto come un nembo tonante
che preannuncia la tempesta"
Viene, poi, provato che, prima di morire, al nobile era stata tolta
la scomunica, e la questione si risolve, ma intanto Ildegarda ha offerto
una nuova testimonianza della sua forza interiore.
Le
visioni
Nonostante nel medioevo vi sia una fioritura di fenomeni mistici e di
monaci e monache visitati da visioni, furono in realtà rarissimi
i casi in cui tali visioni vennero accreditate come veritiere e profetiche,
come per Ildegarda. Fra i criteri importanti, allora come ora, l'assenza
di narcisismo: Ildegarda non si auto-nomina profetessa e non pubblica
il contenuto delle sue visioni fino ai suoi 45 anni, quando le giunge
l'ordine esplicito di farlo. Sottopone alle autorità ecclesiastiche
le sue parole e attende di essere esaminata dalla commissione nominata
dal papa per questo. Ricevuto l'assenso, inizia a dettare pagine e pagine
su ogni aspetto dello scibile, dall'astronomia alla medicina, dalla
fisica alla teologia, dalla filosofia alla cristalloterapia. In ogni
campo, emerge l'aspetto dinamico delle visoni, che le si presentano
innanzitutto come immagini in movimento.
Le visioni la accompagnano fin da piccolissima. Come racconta lei stessa:
"Nel mio quinto anno di vita vidi una luce così grande che
la mia anima ne fu scossa, però, per la mia tenera età,
non potei parlarne..."
Le visioni coincidono spesso con momenti di grande sofferenza fisica
e psichica. Non sono momenti di estasi e tanto meno di trance: per ammissione
sua e dei testimoni, durante la visione ella non perde mai il controllo,
mantiene sempre il contatto con la realtà ed è pienamente
consapevole, pur nelle sofferenze che accompagnano quelle singolari
esperienze. Le sue visioni sono dunque un modo speciale di "vedere",
un modo particolare di entrare in rapporto con la realtà, un
modo diretto, capace di andare nel profondo, di intuire il vero, di
cogliere nessi e relazioni, di immaginare possibilità e perciò
a volte anche di prevedere vicende future. Ildegarda ormai anziana ne
dà una lunga descrizione in una lettera a Gilberto di Gembloux:
"Fin dall'infanzia, quando ancora i miei nervi, le ossa e le vene
non avevano raggiunto la pienezza della forza, e sino al tempo presente,
ho sempre avuto nell'anima queste visioni, ed oggi ho più di
settantadue anni; in queste visioni la mia anima, secondo il volere
di Dio, ascende fino agli estremi del firmamento e segue le correnti
dei diversi venti, e raggiunge genti diverse, anche lontane e sconosciute.
E poiché nell'anima vedo tutte le cose in questo modo, nella
mia visione soffro la mutevolezza delle nubi e degli altri elementi
del creato. Queste cose non le percepisco con le orecchie esteriori,
né le penso segretamente fra di me, né le apprendo mediante
l'uso congiunto dei cinque sensi; posso dire soltanto che le vedo nell'anima,
e che i miei occhi esteriori sono aperti, cosicché mai in esse
ho subito il mancamento dell'estasi; io le vedo di giorno e di notte,
ma sempre da sveglia. E sempre sono oppressa dalle infermità,
e spesso soffro di così gravi dolori, che mi pare che minaccino
di uccidermi; ma fino ad oggi Dio mi ha guarita.
La luminosità che vedo non è racchiusa in un luogo, ma
risplende più della nube che sta davanti al sole; non so distinguere
in essa altezza, lunghezza e larghezza; ed essa per me ha nome 'Ombra
del Vivo Splendore'. E come il sole, la luna e le stelle appaiono riflessi
nell'acqua, così le scritture, i discorsi, le virtù e
le opere degli uomini risplendono per me in essa. Tutto quello che vedo
e apprendo nelle visioni lo conservo nella memoria per lungo tempo,
cosicché ricordo quello che un tempo vidi; e vedo, ascolto e
apprendo nello stesso istante, e quasi istantaneamente comprendo ciò
che ho appreso; ma quello che non vedo non lo conosco, perché
sono ignorante ed ho imparato a malapena a leggere. Le cose che scrivo
delle visioni sono ciò che ho visto e udito; e non aggiungo altre
parole oltre a quelle che sento e che
riferisco in un latino imperfetto, come le ho udite nella visione; poiché
nelle mie visioni non mi si insegna a scrivere come scrivono i filosofi,
e
le parole udite nella visione non sono come quelle che risuonano sulla
bocca degli esseri umani, ma come fiamma che abbaglia o come una nube
che vaga nella sfera dell'aria più pura.
Di questa luminosità non posso conoscere la forma, non più
di quanto si possa guardare direttamente la sfera del sole. Talvolta
- ma non accade di frequente - vedo all'interno di questa luminosità
un'altra luce, che chiamo 'Luce Vivente'. Non so dire quando e come
io la veda; ma, allorché la vedo, si allontano da me tristezza
e dolori, e mi comporto allora con la semplicità di una fanciulla,
e non come una donna ormai vecchia."
Fra le visioni, fin dalle prime le appare Sophia, sapienza divina, che
le trasmette l'amore e il disegno del creato.
"E vidi come nel centro dell'aria australe un'immagine nel mistero
di Dio bella e mirabile, di forma simile a quella umana, il cui volto
era così
bello e splendente, che è più facile fissare il sole che
non quel volto ...
Così parlò l'immagine, che comprendiamo essere l'amore,
che rivela il suo nome come vita di fuoco della sostanza divina..."
E le visioni sono accompagnate da una musica celestiale, che Ildegarda
trascrive, componendo (lei che non ha alcuna cultura musicale) canti
e musiche all'avanguardia nel panorama gregoriano dell'epoca (rigorosamente
di compositori uomini) e che sono anche ai giorni nostri brani di notevole
successo, realizzati dai più quotati cori e orchestre.
Le opere: musica, arte, poesia, scienza e fede
Fusione di testi, immagini e musiche qualcuno ha proposto di classificare
le opere di Ildegarda come "multimediali".
Ildegarda ha utilizzato in modo potente lo strumento delle immagini,
attingendo e riformulando il grande patrimonio dell'immaginazione medievale,
che non era semplice frutto di fantasia ma era carica di significati
e di valori. Le sue visioni sono infatti delle straordinarie figurazioni
intellettuali e immaginifiche sviluppate sulla base dell'immaginario
collettivo dell'epoca (poichè Dio le parlava dall'interno della
sua cultura) nel quale erano attivi anche elementi naturalistici e astrologici
ereditati dall'antichità precristiana. Le magnifiche miniature
che raffigurano le sue visioni (quelle dello Scivias furono eseguite
molto probabilmente sotto la
sua guida diretta) sono immagini simboliche
statiche; la santa vedeva invece immagini dinamiche.
L'uomo, il mondo, la viriditas, l'armonia musicale
Microcosmo e macrocosmo, uomo e mondo si corrispondono, animati dallla
stessa forza vitale, la viriditas, il verdeggiante spirito,
il soffio che dà vita.
L 'uomo "splendore di bellezza e di luce" è rappresentato
come il nucleo centrale di un cosmo a cerchi concentrici, abbracciati
da Dio uno e trino (rappresentato spesso nelle sue immagini come un
cerchio di fiamme). Nell'uomo la testa corrisponde a sole, luna e stelle,
il petto ai venti, l'addome alle acque e le gambe e i piedi alla terra. Il cosmo è in realtà l'uovo cosmico, immagine di fecondità di vita.
Uomo
e universo sono composti allo stesso modo: aria, acqua, fuoco e terra
ne sono gli elementi di base, la viriditas ne anima ogni cosa.
Diversamente dall'imperante disprezzo per il corpo della sua epoca,
Ildegarda vi legge un aspetto essenziale del creato, portatore della
possibilità di espressione del divino celeste. Ella ha la capacità
di far coincidere aspetti spirituali e aspetti concreti tanto nelle
sue opere quanto nel sua modalità unica di dirigere il suo monastero
e di muoversi nel mondo del suo tempo. Come vedremo poco oltre, sapere
ed esperienza non sono separabili per lei, così come nelle sue
visioni le giunge contemporaneamente il 'sapere' sul mondo e l'esperienza'
di tale sapere.
Armonia celeste e armonia musicale si corrispondono, nella visione di
Ildegarda. Simphonia è un concetto chiave nell'universo
spirituale di Ildegarda, che lo usa per indicare non solo l'armonia
dei suoni creati dalle voci e dagli strumenti, ma anche l'armonia celeste
e l'armonia intima dell'uomo. Secondo Ildegarda l'anima umana è simphonalis
(sinfonica) e questa caratteristica si esprime, sia nell'accordo fra
anima e corpo, sia nel far musica. La musica è celeste e terrestre
insieme: essa evoca, almeno per un momento, la consonanza celeste che
regnava in Paradiso prima del peccato originale, riproducendola nel
giubilo delle voci e degli strumenti. Il primo uomo spontaneamente cantava,
con voce simile a quella degli angeli.
Due miniature dallo Scivias
Scienza e medicina
L'intera opera di Ildegarda si basa sull'uso dell'analogia e del simbolo:
attraverso tali strumenti ella tenta di comunicare non solo le idee
ma anche l'esperienza, incomunicabile a parole. Dalla fisica alla medicina,
una stessa legge attraversa le scienze, una legge di corrispondenza.
La sua medicina ha due anime: quella mistica (le visioni rivelatrici
divine, il veder dentro nella luce divina), e l'altra scientifica, quella
che la porta ad osservare direttamente la natura, raccogliendo le erbe
più rare, osservando i decorsi delle malattie delle sorelle e
degli infermi dei dintorni di Bingen, elaborando rimedi, cure, ricette
(l'alimentazione è un aspetto fondamentale per la salute), spesso
validi ancora oggi. Conoscendo bene la sofferenza, a causa della sua
salute malferma, Ildegarda, in straordinaria modernità d'intuizione,
è convinta che, proprio per la la corrispondenza di uomo e universo, inscindibilmente legati, il malessere
dell'uno si ripercuota sull'altro, perciò, per raggiungere o
riacquisire il benessere psico-fisico, l'essere umano doveva ri/attingere
le energie necessarie dal mondo circostante, essendo parte del tutto,
giacché i suoi disturbi dipendevano proprio dalla perdita dell'armonia
con l'ambiente esterno.
Nelle sue miniature, l'uomo-microcosmo è in armonia con Dio e
con il creato (il cerchio di fuoco che circonda e contiene la figura
è l'amore di Dio).
Ildegarda attinge al mondo vegetale, descrivendo anche la forma delle
piante, le caratteristiche del rimedio, gli effetti prodotti, la diversa
efficacia e i diversi utilizzi, personalizzando la cura a secondo che
se a riceverlo era un uomo o una donna.
I suoi rimedi sono basati, secondo l'uso del tempo, sulla dottrina dei
temperamenti, sul caldo e sul freddo, sull'umido e il secco e sul loro
bilanciamento, in eccesso o in difetto per riequilibrare gli umori causa
del disturbo.
Molti ancora oggi vengono usati nella fitoterapia contemporanea; ad
esempio, per la cefalea e il mal di stomaco Ildegarda suggerisce la
mentuccia, dove la fìtoterapia moderna adopera la menta; contro
la nausea suggerisce il cumino, ancora oggi usato; per la tosse e il
raffreddore trova efficace il tanaceto e, in caso di epistassi, l'aneto
e l'achillea millefoglie, erbe similmente adoperate ai giorni nostri.
Ildegarda scrive anche di cristalloterapia; consapevole che pure nelle
pietre risiede la viriditas, e attribuisce alle diverse pietre
i loro poteri curativi. Dedica alle pietre un'opera specifica (il De
Lapidarum) e suggerisce diversi modi per utilizzarne i benefici effetti,
indossandole o variamente preparandole.
Ad esempio, ai mentitori e alle persone inclini alla collera per guarire
suggerisce di tenere in bocca un diamante; il topazio, invece, messo
in una bevanda, neutralizza qualsiasi veleno; la perla, sciolta in poche
gocce d'aceto, ingerita, è efficace contro il mal di testa; l'ametista,
strofinata sulle zone interessate, elimina le macchie dal viso.
Per il dolore al cuore è opportuno mettere una pietra di diaspro
freddo sul petto fino a quando il calore del corpo non lo abbia riscaldato,
poi
toglierla e lasciarla raffreddare ancora, ripetendo il trattamento sino
a quando non si riscontra il miglioramento; per i sogni agitati e gli
incubi, invece, suggerisce di tenere la pietra di diaspro accanto a
sé mentre si dorme: la sua energia favorirà la serenità
del sonno.
E per gli occhi dolenti, Ildegarda consiglia di mettere un topazio a
bagno nel vino per tre giorni e tre notti e poi, prima d' andare a dormire,
di
appoggiare la pietra bagnata di vino sugli occhi. Anche nel terreno
della cristalloterapia, come in quello fitoterapico, Ildegarda mostra
la sua capacità di intuizione, comprensione del linguaggio simbolico
e delle energie, unita ad una attenta osservazione degli effetti dei
rimedi.
Le donne e il femminile
Ildegarda ha, naturalmente, uno sguardo speciale per il mondo delle
donne, sia nelle opere che nella vita. Nonostante si descriva come
"debole essere femminile", come voleva la cultura cristiana
del tempo, è capace di valorizzare il femminile nei suoi aspetti
principali e, soprattutto, di offrire una descrizione dei momenti più
intimi del femminile in cui la donna è riconosciuta nell'integrità
e nella completezza di sè sia sul piano corporeo che sul piano spirituale,
un punto di vista davvero sorprendente per una monaca medioevale.
La riproduzione e l'amore sono per Ildegarda le manifestazioni della potenza divina creatrice, di cui uomo e donna sono i portatori.
Si occupa di diversi aspetti del femminile, fra cui il ciclo mestruale, che - secondo la concezione della corrispondenza microcosmo - macrocosmo - ritiene connesso, proprio come proponiamo in questo sito, con le fasi lunari.
Del piacere sessuale, scrive nel Liber causae et curae:
"Quando nel maschio si fa sentire l'impulso sessuale (libido),
qualcosa comincia come a turbinare dentro di lui come un mulino, poiché
i suoi
fianchi sono come la fucina in cui il midollo invia il fuoco affinché
venga trasmesso ai genitali del maschio facendolo bruciare ... Ma nella
donna il piacere (delectatio) è paragonabile al sole, che con
dolcezza, lievemente e con continuità imbeve la terra del suo
calore, affinché produca i frutti, perché se la bruciasse
in continuazione nuocerebbe ai frutti più che favorirne la nascita.
Così nella donna il piacere con dolcezza, lievemente ma con continuità
produce calore, affinché essa possa concepire e partorire, perché
se bruciasse sempre per il piacere non sarebbe adatta a concepire e
generare. Perciò, quando il piacere si manifesta nella donna,
è più sottile che nell'uomo..."
E della maternità e del parto, nello stesso testo:
"Quando è vicino il parto, il vaso in cui è chiuso
il bambino si apre e la forza dell'eternità, che trasse Eva dalla
costola di Adamo, è lì, giungendo all'improvviso, e rivolta tutti gli angoli di quella casa che è
il corpo femminile. La prima madre di tutta l'umanità fu fatta
a somiglianza dell'etere, perché come l'etere contiene in sé
tutte le stelle, così essa, integra e intatta, conteneva in sé
tutto il genere umano, che avrebbe generato senza dolore, poiché
le fu detto: Crescete e moltiplicatevi."
E concludo con una citazione che dà un 'assaggio' del linguaggio delle visioni di Ildegarda, nella descrizione che lo spirito divino le fa della viriditas:
Inno alla forza della vita
"... Io sono la suprema forza di fuoco
che ho acceso tutte le scintille viventi, in nessuna cosa mortale ho
posto il mio soffio, le distinguo nel loro essere, ed ho ordinato rettamente
con le mie penne più alte - cioè con la sapienza che vola
- il circolo che le circonda.
Io, vita di fuoco, fiammeggio sulla bellezza
dei campi, risplendo nelle acque e ardo nel sole, nella luna e nelle
stelle, e con l'aereo vento suscito tutte le cose, vivificandole con
la vita invisibile, che tutte le sostiene.
Perché l'aria vive nella vegetazione e nei fiori, le acque scorrono come se vivessero,
e il sole vive nella sua luce, e la luna, quando è quasi scomparsa,
è riaccesa dalla luce del sole come per vivere di nuovo, e le
stelle risplendono nel suo splendore come esseri viventi. Io ho posto
le colonne che contengono tutto il globo terrestre e quei venti che
hanno penne a loro sottomesse, cioè i venti più lievi,
che con la loro levità fanno da sostegno ai più forti,
affinché non si mostrino pericolosamente, come il corpo è
a contatto dell'anima e la contiene, affinché non evapori. E
come il soffio dell'anima tiene insieme con fermezza il corpo, affinché
non muoia, così i venti più forti animano quelli a loro
sottomessi, affinché essi possano svolgere debitamente il loro
compito. Ed io, forza di fuoco, sono nascosta in essi, essi da me avvampano,
come il respiro continuo dell'uomo, o come nel fuoco la fiamma che guizza.
Tutte queste cose sono vive nella loro essenza, non possono morire,
perché io sono la vita.
E sono anche la razionalità, col vento della parola che risuona, da
cui ogni creatura è stata fatta, ed in tutte ho immesso il mio
soffio, affinché nessuna nel proprio genere sia mortale, perché
io sono la vita.
Sono la vita nella sua integrità, non quella
che manca alle pietre, non quella che fa nascere le fronde dai rami, non quella che ha radice nella forza virile,
ma io sono la radice di ogni vivente.
La razionalità infatti
è la radice, la parola che risuona fiorisce in essa. E poiché Dio è razionale,
come potrebbe non operare? le sue opere giungono a perfetta fioritura
nell'essere umano, che fece a sua immagine e somiglianza, ponendo in
esso il segno di tutte le creature secondo la sua misura.
Nell'eternità,
da sempre, Dio volle fare l'essere umano, la sua opera, e quando ebbe
fatto quest'opera le dette tutte le creature perché facesse le
sue opere con esse, allo stesso modo in cui Dio aveva fatto la propria
opera, l'essere umano. Ma sono io il suo ministro, perché tutte
le cose vitali ricevono da me il loro ardore; sono la vita che permane
uguale nell'eternità, che non ha avuto inizio e non avrà
fine, e Dio è la vita stessa che si muove ed opera, una sola
vita in un triplice vigore. L'eternità è il Padre, il
Verbo è il Figlio, e il soffio che li connette è chiamato
Spirito santo, e di ciò Dio ha posto il segno nell'uomo, in cui
vi sono corpo, anima e razionalità."
* Ricerca di Anna Pirera:
_____________________________________________________________________
Fonti:
Buona parte del testo è ripreso - molti brani letteralmente - da alcune
fonti in rete, fra cui in particolare gli articoli di:
Mario Gargantini Ildegarda di Bingen profetessa teutonica " https://web.tiscali.it/bertoldi/fede/san_ildegarda.html
Francesca Santucci Ildegarda di Bingen https://www.letteraturaalfemminile.it/ildegardadibingen.htm
Domenico Agasso https://www.santiebeati.it/Detailed/70550.html
e di autore non citato l'articolo su https://www.partecipiamo.it/.../ildegarda_di_bingen.htm
_____________________________________________________________________
Bibliografia su Ildegarda (riportata da Francesca Santucci nell'articolo
citato)
Sabina Flanagan, Ildegarda di Bingen. Vita di una profetessa, Le Lettere,
Firenze, 1991.
Canti estatici di Hildegard von Bingen: come una piuma sul respiro di
Dio - Como : Red, 1996.
E. Gronau, Hildegard, vita di una donna profetica alle origini dell'età
moderna, ed. Ancora 1996.
Loris Solmi, La medicina di Santa Ildegarda, Milano, Riza, 1999.
Santa Ildegarda; ginecologia: medicina olistica per la donna, Claus
Schuite- Uebbing. - Rivarolo Canavese: Centro di benessere psicofìsico,
1996.
F. Bestini, F. Cardini, C. Leopardi, M.T. Fumagalli Beonio Brocchieri-Medioevo
al femminile, Laterza, Roma- Bari, 1989.
Simboli e allegorie, Electa, vol. I e II, Pomezia (Roma) settembre 2004.
cui aggiungo:
Maria Teresa Fumagalli Beonio Brocchieri, In una aria diversa. La sapienza di Ildegarda di Bingen, Mondadori, 1992
Inserito nel sito www.ilcerchiodellaluna.it
nel dicembre2009
|
|