Il Calendario di Coligny
Le conoscenze astronomiche degli antichi Celti
La capacità di percepire i ritmi della natura e di vivere in armonia
con essa fu un fatto essenziale nel mondo pre e protostorico. Fu così
anche per i Celti, come per altre popolazioni dell'Età del Ferro,
essendo la loro, una società la cui economia era prevalentemente
rurale.
Il Sole e la Luna con i loro movimenti ciclici furono fondamentali dal
punto di vista della divisione del tempo e dello sviluppo del calendario.
In questo modo la Luna permetteva di dividere il tempo in settimane, quindicine
e mesi, mentre al Sole spettava il compito di scandire l'anno.
Il Sole, a causa del suo moto, sorge ogni giorno un poco più tardi
rispetto alle stelle, quindi una stella sorge e tramonta circa quattro
minuti prima rispetto al giorno precedente.
Ciò significa che una costellazione che in un determinato periodo
dell'anno sorge e tramonta assieme il Sole non è visibile.
Sei mesi dopo essa sorgerà dodici ore prima del Sole e sarà
quindi visibile durante tutta la notte.
Per questa ragione tutte le costellazioni vicine all'eclittica sono visibili
in media per sei mesi all'anno.
Potremo quindi parlare di costellazioni "estive" e "invernali".
Anche i pianeti si spostano nel cielo, Mercurio e Venere percorrono le
loro orbite tra la Terra e il Sole rimanendo sempre abbastanza prossimi
ad esso e si possono osservare alternativamente verso est subito prima
dell'alba e verso ovest subito dopo il tramonto.
Marte, Giove e Saturno percorrono le loro orbite oltre quella della Terra
quindi possono essere visibili per lungo tempo durante tutta la notte.
Anche loro anticipano ogni giorno la loro levata, ma talvolta a causa
del moto retrogrado, sembrano invertire la direzione sorgendo in ritardo
rispetto al giorno precedente.
I Maya svilupparono un calendario rituale il cui ciclo fondamentale era
lungo 260 giorni che coincide col periodo di visibilità di Venere
come astro del mattino o della sera.
I Celti facevano riferimento a corpi celesti quali la Luna e le stelle.
L'importanza della Luna è stata documentata da molti autori latini
e in- maniera oggettiva dalla struttura del calendario celtico di cui
un esempio- è inciso sui frammenti di una tavola di bronzo trovata
a Coligny (Ain) nel 1897.
Il Calendario di Coligny
Immagine del Calendario di Coligny tratta
da https://technovate.org/web/coligny.htm
A Coligny, nella regione dell'Ain (sud della Francia), antica terra dei
Galli Ambarri, furono ritrovati in un pozzo, nel novembre del 1897, i
frammenti di una tavola di bronzo, le cui incisioni riproducevano la sequenza
dei giorni di un calendario.
Il calendario viene fatto risalire al II secolo d.C., in piena epoca gallo
romana, ma gli studiosi sono concordi nel ritenere che esso sia stato
inciso prevalentemente per scopi liturgici pagani e quindi possa riprodurre
fedelmente il calendario tradizionale celtico correntemente in uso alcuni
secoli prima.
I druidi non utilizzavano la scrittura, per cui il fatto di aver ritrovato
un calendario scritto non può essere spiegato che con la conseguenza
dell'occupazione romana su un insegnamento che era sempre stato trasmesso
per via orale.
Il calendario di Coligny contiene la rappresentazione di una sequenza
di cinque anni lunari completi, ciascuno composto da 12 mesi alternativamente
lunghi 29 o 30 giorni, più 2 mesi supplementari, ritenuti essere
mesi intercalari introdotti per rendere lunisolare il calendario.
La sequenza dei mesi rappresentati è la seguente:
Samonios (30), Dumannios (29), Rivros (30), Anagantios (29), Ogronios
(30), Cutios (30), Giamonios (29), Simivisonios (30), Equos (30), Elenbiuos
(29), Edrinios (30), Cantlos (29).
Il numero tra parentesi si riferisce al numero di giorni che compongono
il mese.
Ciascuno dei 12 mesi elencati iniziava la notte in corrispondenza della
quale la Luna assumeva la fase di primo quarto.
Essi erano divisi in due parti di 15 più 15, oppure 15 più
14 giorni ciascuno in modo tale che se la prima quindicina era vincolata
dalla fase di primo quarto, l'inizio della seconda doveva coincidere con
la Luna alla fase di ultimo quarto.
I mesi le cui quindicine erano complete (30 giorni) sono classificati
come MAT cioè fortunati (MATV in lingua gallica), mentre quelli
con 29 giorni sono etichettati con il termine gallico ANMAT che significa
infausto. Fa eccezione il mese di Equos che è un mese "Anmatv"
ma dura 30 giorni.
La prima quindicina, durante la quale la Luna raggiungeva il plenilunio,
era ritenuta un periodo di luce, mentre la seconda quindicina centrata
sul novilunio era ritenuta un periodo di buio.
Le due quindicine sono separate dalla parola gallica ATENOVX (ritorno
al buio, rinnovamento).
La quindicina posta dopo ATENOVX comprende il novilunio e quindi di fatto
è il periodo dell'oscurità, mentre la prima quindicina comprendendo
il plenilunio era il periodo di luce.
Il calendario di Coligny è suddiviso quindi in cinque anni lunari
composti da 5 sequenze dei 12 mesi sinodici più due mesi supplementari
di 30 giorni ciascuno per un totale di 62 mesi.
Si presume che i due mesi addizionali servissero per conciliare il tempo
misurato basandosi esclusivamente sulla successione delle fasi della Luna
con quello misurato tenendo conto del moto apparente del Sole sulla sfera
celeste durante l'anno.
La struttura di questo particolare calendario solleva alcuni interrogativi.
Perché i Celti divisero l'anno lunare in 7 mesi da 30 giorni più
5 da 29 ottenendo 355 giorni e non la soluzione bilanciata di 6 mesi da
29 e 6 da 30 che avrebbe permesso loro di ottenere una valutazione migliore
della lunghezza media del mese sinodico lunare e la corretta lunghezza
dell'anno lunare, cioè 354 giorni?
Perché i druidi decisero di codificare un ciclo lungo 5 anni?
Da dove derivò la necessità di introdurre due mesi addizionali
da 30 giorni ciascuno rappresentati sulla tavola uno ogni 30 mesi sinodici
lunari?
Per quale motivo i druidi utilizzavano anche un superciclo di 30 anni?
L'accuratezza raggiunta da questo calendario era adeguata per gli scopi
agricoli, sociali e rituali tipici della società gallica del tempo?
La lunghezza della lunazione
La decisione di utilizzare una sequenza di 7 mesi da 30 giorni e 5 da
29 giorni per ogni anno fu una naturale conseguenza delle osservazioni
astronomiche.
La lunghezza media del mese sinodico risultante da questa combinazione
è 29,58 giorni.
Dalle loro misurazioni i Druidi si erano accorti che la lunghezza del
mese sinodico lunare sembrava fluttuare nel tempo intorno ad un valore
medio, questo fatto lo rileviamo sperimentalmente dal calendario di Coligny
nel quale venne codificato il valore sperimentalmente osservato e non
il valore medio.
Infatti la lunghezza effettiva della lunazione variava durante l'età
del Ferro tra 29,27 e 29,84 giorni solari con due periodi sovrapposti,
uno di 3307 giorni (circa 9 anni tropici) ed uno di 413 giorni (1,13 anni)
che è esattamente 1/8 del periodo lungo.
L'osservazione delle fasi lunari portata avanti per lunghi periodi di
tempo tendeva a determinare un valore di 29,60 giorni, che è un
po’ più elevato della lunghezza media della lunazione (29.53
giorni), ma che risulta in perfetto accordo con quanto codificato nel
calendario.
Quest'ultimo valore conduce in capo a 12 lunazioni ad assegnare 355 giorni
alla lunghezza dell'anno lunare invece che 354.
Il valore 355 è proprio la durata dei tre anni ordinari indicati
nel calendario di Coligny e anche dei due rimanenti avendo l'accortezza
di trascurare il mese intercalare che li porta a 385 giorni ciascuno.
I mesi intercalari
Dobbiamo ora chiederci perché la tavola di Coligny riporta due
mesi addizionali da 30 giorni ciascuno, che vari studiosi hanno interpretato
come intercalari, elencati ogni 2 anni lunari e mezzo portando quindi
a 385 giorni la lunghezza complessiva del primo e del terzo anno rappresentati
sulla tavola di bronzo.
I druidi furono costretti ad introdurre due mesi addizionali con lo scopo
di intercalarli, seguendo qualche criterio, nel corso dei 5 anni lunari
per raggiungere dal punto di vista pratico un accordo ragionevole tra
il computo basato sul Sole e quello basato sulla Luna.
Infatti ogni 2 anni lunari e mezzo si perdeva circa un mese e solo dopo
30 anni si ritornava alle condizioni iniziali, cioè all'accordo
tra il calendario e la stagione climatica.
Durante quel periodo il calendario era retrogradato di un numero di giorni
pari ad un anno lunare.
Ecco quindi spiegata anche l'origine del ciclo trentennale (Saeculum)
citato da Plinio il Vecchio. In questo modo l'accordo tra il computo solare
e quello lunare poteva essere mantenuto annualmente entro un errore massimo
di 30 giorni a meno delle derive a lungo termine.
Il calendario celtico rappresentò non solo uno strumento liturgico,
ma anche un dispositivo utile alla pianificazione agricola che va soggetta
ai cicli stagionali in accordo con il Sole e cosi fanno anche le levate
eliache delle stelle che definivano la cadenza delle feste.
Il vincolo lunare era obbligatorio solamente nel caso della festa più
importante, quella di Trinux(tion) Samoni che è l'unica espressamente
indicata sul calendario di Coligny in tutti i cinque anni rappresentati.
L'annotazione corrispondente compare in corrispondenza del secondo giorno
della seconda quindicina del mese di Samonios di ciascun anno, quindi
due giorni dopo l'ultimo quarto della Luna.
La lunghezza dell'anno
Il valore della lunghezza dell'anno solare tropico codificato nel calendario
di Coligny è sorprendentemente di 367 giorni. L'anno di 367 giorni
mostra un errore troppo elevato rispetto al valore vero della lunghezza
dell'anno tropico, pari a 365,2422 giorni, per essere considerato come
il valore correntemente noto ai Celti, anche perché un valore prossimo
a 365,25 giorni era già noto da tempo presso quasi tutte le culture
del Mediterraneo con cui i Celti ebbero contatti fin dall'antichità.
La spiegazione di questo valore anomalo è da ricercarsi nel tentativo
di ottenere un accordo globalmente soddisfacente tra il Sole e la Luna
come conseguenza dell'uso di anni lunari più lunghi di circa un
giorno rispetto al valore corretto e nella necessità di intercalare
due lunazioni complete durante i cinque anni per mantenere l'accordo stagionale.
Sarebbe stato però più accurato intercalare due mesi da
29 giorni ciascuno, oppure uno da 29 e uno da 30 giorni i quali avrebbero
raggiunto globalmente un'approssimazione migliore rispetto all'inserzione
di due mesi lunghi 30 giorni.
L'ipotesi che la progettazione del calendario sia stata eseguita su basi
erronee è molto difficile da accettare in quanto il calendario
di Coligny è il prodotto del lavoro di studio dei moti del Sole
e della Luna e di analisi delle loro periodicità portato avanti
per secoli da persone, che erano rinomate per la loro notevole conoscenza
della natura e dei fenomeni, quindi è molto difficile credere alla
possibilità di una così scorretta valutazione della lunghezza
dell'anno tropico.
Rimane quindi solamente l'ipotesi che per qualche ragione fu conveniente
inserire due mesi intercalari lunghi proprio 30 e non 29.
Incomincia quindi ad emergere il sospetto che il calendario celtico fosse
qualcosa di più di un puro e semplice calendario come lo intendiamo
oggi, ma probabilmente esso doveva servire anche come efficace strumento
di calcolo astronomico.
La gestione dinamica
Una ripartizione rigida come quella descritta non poteva essere considerata
ottimale in quanto il metodo era troppo impreciso per mantenere un accordo
ragionevole tra le stagioni e le fasi lunari per lunghi periodi di tempo.
Proprio a causa del fatto che i due mesi intercalari erano lunghi 30 giorni,
in capo ad un Saeculum di 30 anni (6 cicli quinquennali) si ottiene un
disaccordo tra il tempo misurato dal calendario e il tempo realmente trascorso
equivalente a circa due mesi richiedendo la rimozione di una o due intercalazioni
per raggiungere nuovamente la fasatura stagionale.
Il calendario celtico così come è codificato sulla tavola
di bronzo trovata a Coligny pare essere stato messo a punto secondo una
logica molto più complessa di quella che usualmente rileviamo nella
semplice struttura lunisolare con intercalazione rigida.
Quest'ultima ipotesi è supportata da alcuni fatti che qui riassumiamo.
Le lunazioni intercalari comprendono 30 giorni ciascuna quando invece
sarebbe stato meglio aggiungerne due da 29 per ottenere un accordo migliore
con il computo solare.
La struttura dei due mesi intercalari è molto più complessa
e ricca di annotazioni rispetto a quella di ciascuno degli altri 60 mesi
che fanno parte del ciclo quinquennale.
Infatti i nomi dei 12 mesi dell'anno celtico sono annotati in successione
cronologica esatta accanto ai giorni compresi in questi mesi.
Sorge quindi il sospetto che essi non siano solamente semplici mesi addizionali
da intercalare periodicamente, ma qualcosa di più. Infatti il calendario
celtico non tenta solo di realizzare un accordo ragionevole tra due periodicità
fondamentali incommensurabili tra loro, ma è in grado, mediante
un determinato algoritmo di generare il computo solare partendo dal ciclo
lunare.
In questo il calendario gallico si differenzia da tutti gli altri calendari
antichi oggi noti. Infatti se da un lato la struttura lunisolare rigida
garantiva che i mesi rimanessero grosso modo coerenti con le stagioni,
dall'altro lato era possibile usare la stessa struttura in maniera più
sofisticata per calcolare esattamente la posizione del Sole e della Luna
nel cielo durante qualsiasi giorno dell'anno e dei "saecula".
L'evoluzione del ciclo della Luna, fondamentale dal punto di vista rituale,
permetteva di fare previsioni relativamente ai cicli del Sole.
Il primo strettamente legato alla sfera di pertinenza divina, mentre il
secondo utile per scopi pratici agricoli. Il computo lunare è esemplificato
dalla pura e semplice successione dei mesi del calendario, mentre il computo
solare deve tenere conto anche della sequenza dei giorni elencati negli
intercalari e dalle annotazioni che li accompagnano.
I due mesi intercalari rappresentano quindi due tabelle di calcolo che
possono essere considerati come una sorta di memoria, analogamente a quelle
dei moderni computers, in cui è immagazzinata la differenza progressiva
tra il computo solare e quello lunare la quale può essere letta
ogni qual volta è necessario eseguire i calcoli astronomici relativi
alla posizione dei due astri nel cielo.
Il calendario di Coligny è da intendersi quindi come un calcolatore
analogico atto a calcolare il computo solare partendo da quello lunare
e un almanacco.
Esso aveva quindi una triplice funzione: rituale, agricola e astronomica.
I druidi potevano prevedere le fasi lunari utilizzando la base del calendario
senza intercalari (uso rituale), ma nello stesso tempo avevano realizzato
uno strumento lunisolare ordinario destinato alle attività quotidiane
(uso agricolo) e, usandolo come calcolatore, potevano anche rendere conto
in maniera accurata dei cicli stagionali in accordo con il Sole e provvedere
esattamente alla predizione delle levate eliache e al calcolo delle date
delle feste (uso astronomico).
La predizione delle eclissi
Il calendario di Coligny è assimilabile ad un almanacco perché
in esso sono codificate talune efficaci regole di predizione delle eclissi
soprattutto quelle lunari.
Osservando attentamente le annotazioni in lingua gallica e i caratteri
latini incise sui frammenti di bronzo, si rileva che talune di esse si
ripetono con precisa regolarità in corrispondenza di determinate
terne di giorni consecutivi. Le terne con annotazione ripetuta, talvolta
sono quaterne cioè le ripetizioni compaiono in quattro giorni consecutivi.
Inoltre la loro distribuzione è intervallata attraverso i mesi
e gli anni con notevole regolarità. Ogni singola annotazione si
riferisce generalmente al nome di un mese dell'anno ripetuto più
volte, una volta per ogni giorno appartenente a ciascuna terna o quaterna.
Molto spesso lo stesso mese viene usato in due terne successive declinato,
in lingua gallica, in casi diversi.
Usualmente i giorni interessati dalle terne sono i VII, VIII e VIIII di
ciascuna quindicina di ogni mese più qualche mese in cui si osservano
le terne nei giorni I, II e III della seconda quindicina, subito dopo
ATENOVX, quindi sostanzialmente le terne identificano le fasi lunari sigiziali
cioè il plenilunio e il novilunio, ma talvolta è marcato
anche l'ultimo quarto.
Questo suggerirebbe che non solo le fasi di primo e di ultimo quarto erano
importanti, ma anche i pleniluni e i noviluni meritavano attenzione presso
i Celti.
Ricordiamo che quando la Luna si trova alle sigizie, se anche il Sole
è sufficentemente prossimo ad uno dei nodi dell'orbita lunare,
si possono verificare le eclissi. I giorni possibili per il verificarsi
delle eclissi sono proprio quelli marcati sul calendario di Coligny con
le terne.
I druidi sapevano certamente che quando la Luna raggiungeva la sua estrema
latitudine eclittica (positiva o negativa) durante il suo ciclo mensile
e la sua fase era contemporaneamente il primo oppure l'ultimo quarto,
allora - sette giorni dopo - era possibile il verificarsi di un'eclisse.
Se il giorno in cui la Luna era stata osservata alla sua massima distanza
dall'eclittica, cadeva il primo o il quindicesimo giorno di un mese dell'anno
celtico allora sette giorni dopo i druidi erano in grado di prevedere
con un buon margine di sicurezza un'eclisse di Luna o di Sole.
L'eclisse di Luna era pressoché sicura, ma quella di Sole poteva
avvenire, ma non essere visibile nella località in cui il druida
si trovava.
Il metodo basato sull'osservazione della posizione della Luna rispetto
all'eclittica funziona, ma è caratterizzato da un alto tasso di
errore e dal fatto che esso permette solamente di eseguire previsioni
a scadenza breve, solamente sette giorni di anticipo.
I druidi avevano certamente osservato che le eclissi di Luna si ripetevano
mediamente circa ogni 6 lunazioni (13 semiperiodi latitudinali) quindi
bastava semplicemente attendere che durante i giorni VII, VIII o VIIII
della prima quindicina di un mese qualsiasi del calendario avvenisse un'eclisse
di Luna.
Successivamente l'applicazione della regola di aggiungere 6 lunazioni
si concretizzava nella previsione dell'eclisse di Luna per gli stessi
giorni VII, VIII o VIIII del sesto mese successivo e così di seguito.
Il calendario di Coligny indica quindi che le eclissi di Luna cadevano
alternativamente sempre alle stesse date di calendario lunare, mediamente
sempre il giorno VIII della prima quindicina di due mesi separati da mezzo
anno sinodico lunare.
Occasionalmente, ogni 30 mesi, l'introduzione del mese intercalare faceva
retrogradare di un mese la data prevista. Esistendo una differenza di
0,3 giorni tra 6 lunazioni medie esatte e 13 semiperiodi latitudinali
avverrà che ogni tanto l'eclisse prevista mancherà all'appuntamento,
ma si verificherà nei giorni VII, VIII o VIIII della prima quindicina
del mese precedente.
Questo fenomeno si verificherà con periodicità pari a 41,
47 e 53 mesi del calendario celtico, periodicità che potevano essere
note ai druidi senza eccessiva difficoltà.
Un'altro fenomeno è quello della ripetizione di due eclissi di
Luna in due lunazioni successive. Questo fatto implica che in due mesi
consecutivi del calendario celtico avvenissero due eclissi di Luna distanti
una lunazione, ma sempre nei giorni VII, VIII oppure VIIII del mese. Questo
fenomeno avviene con periodicità pari a 53,82 e 135 mesi del calendario
celtico.
I druidi potevano quindi prevedere agevolmente e con un errore relativamente
ridotto le eclissi di Luna che si verificavano in un dato luogo utilizzando
solamente il calendario e una semplice regola di calcolo mnemonico e di
facile applicazione pratica.
La previsione delle eclissi poteva essere eseguita con successo mediante
la ricorsività di 6 mesi di calendario, ma anche altre ricorsività
potevano risultare utili.
Le ricorsività di 6, 35, 41, 47, 53, 82, 88, 94, 129, 135, 223,
..., 358, ... mesi erano tutte utili previsori compresi in un "Saeculum"
e forse erano parimenti note ai Druidi che se servivano per il calcolo
per lo meno delle eclissi di Luna.
Osservando la struttura del calendario di Coligny ci accorgiamo che il
"Saeculum" di Plinio vale praticamente quanto un ciclo di 358
lunazioni, quindi il periodo trentennale del calendario celtico sembrerebbe
calibrato su uno dei cicli fondamentali delle eclissi.
L'importanza di una rilettura della tavola di bronzo di Coligny risiede
nel fatto che alla luce di questi fatti è richiesta una differente
valutazione delle conoscenze astronomiche e matematiche dei Celti le quali
risultano decisamente ricche e accurate.
Dobbiamo comunque ammettere che il calendario così strutturato
doveva essere per forza di cose gestito esclusivamente dalla classe druidica
e dai suoi membri che ne fecero anche uno strumento di potere.
L'algoritmo base per usarlo è mnemonico quindi non esisteva la
necessità di scriverlo, in accordo con le usanze dei Druidi che
ritenevano fondamentale tramandare le conoscenze solo oralmente.
Il fatto che nel secondo secolo dopo Cristo il calendario fu redatto in
forma scritta potrebbe essere il segno che dopo l'invasione romana la
classe druidica si dovette accontentare di pochi allievi, in quanto la
maggioranza della gioventù appartenente all'aristocrazia Gallica
preferiva studiare il Latino e il Greco presso i Romani e non più
la scienza dei padri presso i druidi.
Essi furono quindi costretti a scrivere ciò che aveva sempre tramandato
oralmente in quanto la complessità del meccanismo di gestione calendariale
era era ormai tale da essere oltre le usuali abilità del clero
rurale del tempo.
Conclusione
Da queste e da altri studi tutt'ora in corso incomincia ad emergere un'altra
immagine del popolo dei Celti.
L'immagine dei barbari viene via via smantellata è sostituita con
quella di un popolo dedito allo studio, all'osservazione e all'interpretazione
della natura.
Quindi gli studi e le nuove scoperte che verranno fatte riguardo ai Celti
dovranno essere interpretate con questa nuova chiave di lettura.
Testo di Adriano Gaspani < gaspani@brera.mi.astro.it
>
tratto da "Testo congiunto dei seminari tenuti il 27 e 28 Maggio
1997 all'Ecole Pratique des Hautes Etudes en Sorbonne (Paris)"
dal sito https://www.vialattea.net/archeo/sorbona.htm
Inserito
nel sito www.ilcerchiodellaluna.it
il 6 aprile 2006
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