Femminile
Parole e versi che ci hanno ispirato nel mondo del femminile



ODE A TE, O SABINA SPIELREIN
Di Cecilia Puca




“(...) Regna in me una serena superiorità, con un'intensione rovente in fondo alla mia anima,
quale segno della possibilità di agire con tutta l'energia.

Aiutami, destino! Perché il mio pensiero è diretto verso il bene e la mia volontà è volontà divina”
-Dal diario di Sabina Spielrein-

Quando si fa ingresso nel Tempio delle donne, occorre farlo in punta di piedi. Accarezzandone lo spazio, celebrandone la sacralità, respirandone il calore e colmandosi della passione che deriva da un animo traboccante di magma di energia creatrice, che con vigore divampa e tutto trasforma, tutto purifica. Con presenza e devozione, è bene muovere in questo Tempio passi morbidi, ma decisi, fino a giungere al suo centro, al Cuore, dove arrestare il cammino, e soggiornare quanto basta per riflettere sull'esplorazione avvenuta.


Ebbene, è proprio questo spirito a guidare il nostro viaggio nel Tempio di Sabina Spielrein. Lasciamo dunque che lei, dea e sacerdotessa, sospesa a mezz'aria fra cielo e terra, fra infinito e finito, prenda la nostra mano, e, con la grazia e la forza che sempre l'hanno contraddistinta, ci guidi verso la messa in luce di alcuni importanti frammenti della sua biografia: la biografia di un medico psichiatra, di una delle prime donne al mondo a diventare psicoanalista, la storia di colei che ha contribuito in maniera determinante a formulare alcune delle teorie che hanno sorretto l'impianto psicoanalitico dei grandi padri: Freud, in principio, e Jung a seguire. 


In questa sede, si desidera ricordare che, accanto ai grandi padri, c'è stata anche una grande madre, lasciata giacere troppo a lungo all'ombra dei due giganti, proprio lei, che per prima sul concetto di Ombra aveva teorizzato. Una grande madre abbandonata a  note a piè di pagina in qualche opera dei maestri, ricordata più per il suo chiacchierato rapporto con Jung, che per i suoi brillanti lavori scientifici.
Questa sede si propone così di diventare altare celebrativo da ergere verso una figura  femminile, oscurata dalla dominanza androgina dei colossi della psicoanalisi, non tanto, però, sottolineandone l'aspetto di vittima sacrificale, quanto piuttosto rimarcando la sua gloria di guerriera e la sua sacra saggezza di dea, a metà fra la nordica Brunilde, e la greca Afrodite .


Ebbene, è il 25 ottobre del 1885 quando, a Rostov sul Don, in Russia, viene alla luce Sabina Spielrein. Sabina è figlia di genitori ebrei. Il padre è un ricco commerciante, la madre ha invece conseguito studi di odontoiatria, ma si è da sempre dedicata alla numerosa famiglia. Sabina ha infatti tre fratelli e una sorella, Emilia, la quale muore molto presto di tifo. A partire da questa perdita, la giovane Spielrein, allora quattordicenne, inizia a soffrire di quella che viene diagnosticata qualche anno più tardi come “isteria psicotica”. Tuttavia, malgrado gli intensi disturbi nel comportamento, Sabina riesce a concludere brillantemente il suo ciclo di studi classici, mostrando grande talento, spiccato senso artistico ed erudizione. Nel 1904, a seguito di una gravissima crisi, la giovane donna viene però ricoverata presso l'ospedale psichiatrico di Zurigo, il Burghölzli. Da quel momento in avanti, si fa strada la sua inarrestabile quanto impetuosa rinascita dell'anima, da quel momento in poi, l'intera esistenza sua diviene punto di intersezione con quella di Freud e di Jung. Proprio quest'ultimo, infatti, allora appena trentenne, prende in amorevole cura Sabina, sperimentando con lei il neonato metodo freudiano, e accorgendosi ben presto dell'intelligenza della giovane. Ma il nostro Jung allora certo non può sapere che quell'incontro sta per segnare tutta la sua esistenza, influenzando e ispirando i suoi studi e le sue future scoperte; soprattutto, egli ignora che dietro Sabina si cela la custode della sua Anima ...


In soli dieci mesi di terapia, la Spielrein è in condizione di lasciare il Burghölzli e nel giugno del 1905, si iscrive alla facoltà di Medicina di Zurigo, dietro caldo consiglio di Jung, il quale, nel frattempo, riconosce che il nucleo vitale ed essenziale della giovane risiede nella sua passione, nella sua forza di indipendenza e nella sua libertà. Da questo è profondamente attratto.
Sabina, infatti, incarna l'archetipo del fuoco. Donna dallo spirito impetuoso, avvolgente, mossa da desiderio viscerale di vedere le sue idee esplicitarsi, ella letteralmente travolge in un turbine ardente colui che la guarisce, colui che la fa(ri) nascere. Sabina diviene così nuova creatura, e con la stessa gioia e lo stesso entusiasmo di una bambina, sfida i pregiudizi, aprendosi senza censura ad un'energia espansiva, che vuole accogliere, che brama amore. È ora viva, calda, desiderosa di realizzare i propri desideri. Le sue passioni si sono risvegliate, i suoi pensieri sono pericolosi come lava incandescente, il suo teorizzare si tinge di scintille creative e il suo acume sopraffino la conduce a intuizioni degne di nota.


Sabina è l'eterno, colei che mette radici nel cuore e ramifica innalzandosi fino al cielo. Terrena quanto eterea, simboleggia l'Eros, l'arte e l'immaginazione oltre i confini. Donna impregnata di forti emozioni- che con il loro vivo pulsare assorbono Jung,  fino a condurlo ad un'estatica e perenne ebbrezza creativa- possiamo dire rappresenti la Kundalini , di cui lo stesso parlerà in seguito. Ella diviene presto per lui l'immagine dell'Anima, della Donna nell'inconscio dell'uomo, fondatrice -dunque- o ispiratrice, dello stesso concetto. Questo è sufficiente a spiegare come fra loro si instauri un legame che, spezzando i limiti terapeuta-paziente, va bene  al di là di una mera storia extraconiugale, e dello scandalo, che Jung si cura di scampare, allontanando Sabina quando cominciano a circolare voci circa la sua presunta relazione con la Spielrein, e mantenendo in seguito con lei solo corrispondenze epistolari professionali. Ma è il legame animico e, pertanto, indissolubile, a unire i due, che, negli anni, hanno assorbito ciascuno parte dell'Anima dell'altro, e che dunque mai si recide.


Della diventata celebre triangolazione Freud, Sabina e Jung, sappiamo attraverso il rinvenimento, nel 1977, di scambi epistolari avvenuti fra i tre, e del diario della stessa Spielrein. Documenti ritrovati all'Istituto di Psicologia di Ginevra dal Professor Aldo Carotenuto e da lui laboriosamente analizzati. Chissà, dopo cinquant'anni, forse la veritas invocava di uscire allo scoperto e di far udire la sua voce...
Freud, in questo triangolo, gioca un ruolo certo decisivo. Maestro (e padre simbolico) di Jung dapprima, maestro di Sabina in seguito. Quest'ultima, infatti, si laurea in medicina nel 1911 con una tesi originale sul “contenuto psicologico di un caso di schizofrenia”, la prima ad orientamento psicoanalitico elaborata da una donna e pubblicata sullo Jahrbuch für Psychoanalitische und Psychopathologische Forschungen e, in quello stesso anno, sotto ammirazione di Freud, diventa l'unica componente femminile dell'Associazione psicoanalitica di Vienna. Ma questi ha già avuto modo di conoscere e apprezzare Sabina due anni prima, quando la giovane ebrea lavora come assistente presso il Burghölzli, e con lei intrattiene corrispondenza sino al 1923. L'asimmetria del triangolo (corsivo mio) si verifica quando, mentre Sabina si accosta profondamente a Freud, Jung vi si allontana, desiderando emanciparsi dal padre (corsivo mio).


Ora, al di là del fitto intreccio di trame fra i tre, affettivo, quanto intellettuale e professionale e di cui si legge nei testi di riferimento più importanti sulla Spielrein , qui si vuole rimarcare il ruolo essenziale dell'elemento femminile al vertice del triangolo stesso. Sabina, segnata e risanata da ferite profonde, è un condensato di sensibilità, passione, talento, intuizione, poesia, arte e musica (a cui peraltro si dedica con profitto), dunque musa ideale per due maschili dotati di profondo estro e genio come Freud e Jung. Tanto che il sistema freudiano maturo risente profondamente dell'ispiratrice ebrea russa, così come l'evoluzione intellettuale e alcune delle teorie esistenziali elaborate da Jung. Tuttavia, seppur lasciata ai margini e in qualche modo tradita e abbandonata da entrambi, Sabina è da un lato guerriera forte, coraggiosa e determinata, che non si lascia schiacciare dagli eventi e tenta di far udire  la sua voce (per esempio insistendo per raccontare anche la sua verità fra lei e Jung a Freud), dall'altro saggia dea, che mantiene per anni un atteggiamento di tenerezza, rispetto, comprensione e a tratti perfino ironia verso i due uomini. Ingoia con fierezza lacrime amare, anche quando si rassegna al fatto di non poter avere Jung per sé e di non potergli dare il figlio mitico, l'eletto, su cui aveva fantasticato: Sigfrido. Nel 1913, però, dalla sua unione con Pavel Scheftel, medico russo di origini ebraiche, dà alla luce la prima figlia, Renata (rinata), ed è così che Sigfrido può risorgere, trasmutato e compiuto per la seconda volta. La prima è nel 1912, quando consegna il frutto del loro amore a Jung attraverso la sua opera “La distruzione come causa della nascita”. Questo capolavoro di autoanalisi e sentimento, serve a Sabina per elaborare il proprio vissuto fino ad allora, per distaccarsi con amore da Jung, e per consacrarla libera, una volta vista la pubblicazione.


All'inizio degli anni Venti, mai dimenticando il suggerimento di Freud di dedicarsi a studi pedagogici, si trasferisce a Mosca, dove dapprima pratica la psicoanalisi illegalmente, noncurante delle aspre censure verso il metodo applicate da Stalin, e dove poi si unisce alla pedagogista formata alle idee freudiane Vera Schmidt, aprendo con lei l'Asilo Bianco, così definito per i colori delle pareti e degli arredi interni. Un ospedale psichiatrico, ma più di tutto una spazio abitato da un metodo sperimentale e innovativo, nato dal binomio psicoanalisi ed educazione, che incoraggia e persegue la libertà, l'indipendenza, e l'emancipazione del bambino e che mai dimentica che “Non esiste cura senza amore”.  Le autorità sovietiche, però, contrarie ai metodi riformisti applicati dalle due studiose, (malgrado pare perfino il figlio di Stalin vi fosse iscritto sotto falso nome) ordinano la chiusura dell'Asilo, dunque la pratica sperimentale della Schmidt e della Spielrein, che sta dando ottimi risultati, è costretta a finire. Ne restano, però, riflessioni, intuizioni e teorizzazioni che anticipano di gran lunga quelle sviluppate anni dopo dalla Klein sullo sviluppo del bambino. E, fino a qualche anno fa, la testimonianza di Vladimir Schmidt, ex allievo dell'Asilo Bianco, che ricorda con commozione la tenerezza e la forza di un metodo che invocava lo sviluppo di bambini liberi, che sarebbero divenuti uomini liberi.


Nel 1937, la collega e amica Vera muore, i suoi dure fratelli, tra cui Isaac, pioniere della futura psicologia del lavoro, deportati e uccisi e suo marito annientato dalle “purghe” staliniane.
Nel 1941, durante l'occupazione nazista, Sabina ritorna alla città natia. Malgrado orrore, distruzione, separazione e disperazione, in lei non si placa la speranza dell'unione fra semiti e ariani. Questo la porta a rifiutarsi di fuggire da Rostov quando vi arrivano i tedeschi, e le costa la fucilazione insieme alle due figlie Renate e Eva nella sinagoga della città.
Il 14 agosto1942 si spegne così una pioniera della psicoanalisi. Passione, amore, poesia, arte, musica, sogno, mito e fantastico, fanno di lei una studiosa dotata di intuizioni brillanti e originali, rendono i suoi scritti impregnati di un fascino atavico e la consacrano donna consapevole del suo potere e fino alla fine libera nelle sue scelte.


Termina così il nostro viaggio nel Tempio di Sabina, custode della fiamma dell'immortalità, che continua a respirare nell'Anima di tutte le donne che non temono di esprimere la loro Verità. A qualsiasi costo. Sulle note di Tumbalalaika, celebre canzone ebraica con musica russa, balliamo dunque accanto a lei, che si muove morbida e libera fra le pieghe di questa soave melodia in una danza senza fine. In un eterno passo a due col suo amato.
Grazie, Sabina...
        

 

                                                                                                            

Bibliografia:
Aldo Carotenuto, Diario di una segreta simmetria, Astrolabio, 1980;
Nicole Kress-Rosen, La passione di Sabina. Freud, Jung e Sabina Spielrein, La Tartaruga, 1997;
Sabina Spielrein, La distruzione come causa della nascita, in Id., Comprensione della schizofrenia e altri scritti, prefazione Aldo Carotenuto, Liguori, Napoli, 1986.

Sitografia:
www.jungitalia.it
                       


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Note:        


   In una delle prime lettere a Freud scrive:«il Dr. Jung quattro anni e mezzo fa era il mio medico, poi divenne un amico e in seguito “poeta”, cioè amante. Alla fine mi conquistò e tutto andò come di solito accade nella “poesia”. Egli predicava la poligamia, sua moglie sarebbe stata d’accordo etc. etc., ma mia madre ricevette una lettera anonima, scritta in ottimo tedesco, nella quale si diceva di salvare sua figlia che avrebbe potuto essere rovinata dal Dr Jung» (Lettere a Freud, in A. Carotenuto, cit, p. 233)

   Qui rimando a “La leggenda di Brunilde e Sigfrido”, della mitologia nordica. Anche per il richiamo all'opera Wagneriana “Sigrfrido”, che segnerà profondamente tanto Sabina, quanto Jung. Opero inoltre un parallelo fra Afrodite e Sabina , perché, come la dea, lei è simbolo dell'amore, di cui si fa portatrice, che incarna e rappresenta.

   Jung donerà a Sabina una pietra da lui custodita fin dall'infanzia, che per lui rappresenta la sua Anima.

   Qui rimando al testo di Carl Gustav Jung, La libido, simboli e trasformazioni, traduzione di Girolamo Mancuso, Newton, 2006 (1912), p. 331

   Alcuni tra i più celebri: Aldo Carotenuto, “Diario di una segreta Simmetria”, Astrolabio 1980 e  Kress-Rosen Nicole, “La passione di Sabina. Freud, Jung e Sabina Spielrein”,  La Tartaruga 1997.












 

 



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