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Animalismo, Vegetarianesimo e Spiritualità
di Anna Pirera

Tu ed io siamo una cosa sola. Non posso farti del male senza ferirmi.
                                                                                     (Gandhi)




Se ci apriamo e percepiamo come ogni cosa, ogni essere vivente è interconnesso, come tutto è vivo della vita divina di Madre Terra, non può che giungere a noi un sentimento di pienezza gioiosa e quello spirito che ci porta ad onorare ogni forma di vita.

Per la maggior parte di noi estendere la nostra consapevolezza, meditare sull'origine di ciò di cui ci nutriamo, porta con naturalezza al vegetarianesimo. Riconosciamo nel mondo animale con facilità la presenza dell'anima, dello spirito. L'etimo stesso di "animale" deriva da "anemos", anima, spirito, il soffio vitale presente in tutte le creature viventi. Possiamo incontrare lo sguardo dell'animale e guardandoci riconoscerne la coscienza.

Il rispetto verso ogni forma di vita è un aspetto di quello che gli induisti chiamano Ahimsa. Ahimsa indica la non violenza in ogni sua forma, verso ogni creatura e più in generale verso tutto il creato. In ogni situazione cade il desiderio di urtare, ferire, fare del male a qualcuno o qualcosa e al contrario l’armonia interiore e la serenità vengono coltivati. Il nostro corpo che è tempio può nutrirsi di una vita che non viene recisa.

“Il vegetarianesimo, in vista della vita spirituale, non è grigia mortificazione ma un entusiasmante mezzo per riconoscere il proprio corpo come tempio dello spirito, attraverso il quale favorire la meditazione e l’incontro con l’infinito”*.

Del vegetarianesimo da un punto di vista spirituale c'è da sottolineare innanzitutto questo, il suo essere fonte di gioia, di entusiasmo sul cammino, di felice armonia fra il piacere della preparazione del cibo, della sua condivisione e del cibarsi di esso **, e la consapevolezza della sua origine, del percorso che lo ha portato nella nostra cucina e poi sulla nostra tavola. Possiamo essere in connessione con il suo ciclo di vita e gioirne, ringraziando Madre Terra.

Gioia, consapevolezza, comunione con la vita e senso di armonia sono i suoi doni.

Doni che possono essere raccolti anche da chi può nutrirsi secondo una scelta non vegetariana in contatto con la vita che è stata sacrificata per giungere sul suo piatto, da chi ne onora il sangue versato, la sua sofferenza*** e sa guardare negli occhi la vita che sta recidendo.



Libertà, Spiritualità e Scelta

"Nei tempi passati il vegetarianesimo veniva praticato esclusivamente dagli asceti, da certi monaci e studiosi o prescritto come terapia. Oggi, tuttavia, la situazione sociale è cambiata: il polo da cui si dipana e intorno a cui si raccoglie il vivere è il dio Denaro, non il Sacro, e l'uomo che non abbia perso l'aspirazione al Vero --laico o religioso che sia-- è chiamato ad un maggior impegno", scrive Giuseppe Gorlani.

Noi oggi abbiamo scelto di volgerci nuovamente indietro, stiamo ritornando al Sacro, al divino. Abbiamo scelto di far crescere la nostra consapevolezza e renderci responsabili e liberi nelle nostre scelte.

Anche il maestro indiano forse più “occidentalizzato” di tutti, Osho, non permetteva che nelle sue comunità si consumasse cibo di origine animale. “Io non sono contrario alla carne per motivi ideologici”, affermava Osho. “Se un uomo non medita, se non cerca una crescita interiore, se non è alla ricerca del divino, qualsiasi cosa mangia va più che bene [...] Ma se inizi a meditare, il tuo ambiente interiore cambia, e in questo caso è consigliabile mutare l’alimentazione [...] Più sali verso l’alto e più dovrai lasciar cadere qualsiasi bagaglio inutile"

Per questo, il nostro vegetarianesimo non esclude la consapevolezza dell'anima che pervadeanche il mondo vegetale.
Tagliare senza reale necessità un albero è reputato un "sacrilegio verde" ed un tempo i maestri giardinieri italiani ritenevano che si potesse "sentir" crescere le piante e che le si potesse amare.
Semplicemente, ci è lieve all'anima seminare, far crescere le nostre piante e coglierne i frutti, mentre un peso difficile da sciogliere ci tocca quando pensiamo di por termine alla vita animale che abbiamo cresciuta e nutrita.

E se allarghiamo ancora la nostra consapevolezza alle comuni radici e dell'unico tronco dei vari rami, foglie e frutti dell'Albero della Vita ci rendiamo anche conto che difficilmente potremo essere in pace se non includeremo in ogni nostro gesto o pensiero le diverse decine di migliaia (o forse milioni) di bambini, uomini e donne che ogni giorno, nel mondo, muoiono di fame, sapendo anche che per produrre la carne di cui ci cibiamo vengono disboscati migliaia di ettari di foreste (fonti preziose di sostentamento per gli indigeni e di ossigeno per l'atmosfera) da adibire a foraggio.

Occorre infine rammentare che forse in soli due casi all'essere umano è riconosciuto l'uccidere: per legittima difesa o per necessità di sopravvivenza. La carne di oggi non è la stessa di cui si cibava, considerandola sacra, l'Indiano d'America, per il quale la caccia era un'attività sacrificale e necessaria, e nemmeno può essere considerata la stessa di cui si cibavano parcamente le nostre popolazioni contadine di cinquant'anni fa; essa è, per lo più, il cibo del piacere e dell'incoscienza di un Occidente spiritualmente decaduto, ricco e indifferente, che si finge cieco di fronte all'orrore dell'evidenza di un'abbondanza fondata sulla miseria di due terzi del mondo.

Così anche sentire la responsabiltò delle nostre scelte, assumerci la nostra libertà in esse, cercare la nostra intergità nei gesti quotidiani ci è fonte di gioia. Ci permette di danzare la nostra vita in tutti i suoi aspetti, anche in quelli necessariamente 'violenti' come parte della Vita divina.  La Manifestazione sgorga dalla gioia, non dal dolore e si fonda sulla bellezza. E tutti noi ne siamo espressione.

Il vegetarianesimo è anche, quindi, una scelta ecologica... (continua)




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note:
*Padre Guidalberto Bormolini, I Vegetariani nelle tradizioni spirituali, ed. Il Leone Verde.
** Il piacere del cibo è sacro e benedetto sul sentiero della Dea ("tutti gli atti di piacere sono miei rituali") come nelle radici di ogni altra religiosità.
***Vogliamo prendere le distanze da ogni fanatismo: "Bisogna considerare che, paradossalmente, chi si proclama non violento è spesso, in buona o cattiva fede, più violento di chi lo è manifestamente. C'è infatti un fanatismo del vegetarianesimo che può essere tanto deleterio quanto il fanatismo di chi antepone la consuetudine e il piacere di mangiare carne a qualsiasi considerazione. E c'è una retorica del bene che è forse peggiore del male dichiarato. Talvolta i vegetariani confondono la violenza con l'uso legittimo della forza, e dimenticano che basta andare nel proprio orto a vangare per sterminare migliaia di esseri viventi. Vita e morte sono dunque due facce della stessa medaglia, aspetti dell'eterno ciclo della vita. Ma riguardo all'uccidere, è possibile attenersi all'indispensabile. " (G. Gorlani)



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Testi e siti di riferimento:
Padre Guidalberto Bormolini, I Vegetariani nelle tradizioni spirituali, ed. Il Leone Verde.
Giuseppe Gorlani, Uomo e Natura, con una testimonianza di Guido Ceronetti, La Finestra editrice, Lavis, 2006
Steven Rosen, “Il vegetarianesimo e le religioni del mondo” (Gruppo Futura)
Jean Prieur , Anche gli animali hanno un’anima (Ed. Mediterranee)
https://www.vegan3000.info/DettInfoNutrizionali.asp?Cod=112, di Emanuela Barbero:
https://www.estovest.net/ecosofia/vegetarianesimo.html



 





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