Gaia, la Madre Terra
Onorare, amare e rispettare la Madre Terra

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Sobrietà e ambiente

Si avvicina il tempo delle vacanze e giustamente ci meritiamo un’estate spensierata e leggera, in cui lasciarci indietro ogni problema e preoccupazione, per dedicarci allo svago ed anche al divertimento. Tutto questo è molto sano ed assolutamente fisiologico, ma persino nella piacevole atmosfera delle vacanze, si può scegliere di portare la nostra consapevolezza.
L’invito che vi facciamo è a riflettere su un problema che ci riguarda tutti e che richiede davvero un’urgente inversione di tendenza: lo spreco.
Il consumismo sfrenato ci sollecita continuamente a sprecare, sprecare ed ancor sprecare le risorse del nostro pianeta, partendo dal presupposto che queste siano illimitate, cosa che ovviamente non è possibile.

“Ce n’è abbastanza per le necessità di tutti, ma non per l’avidità di ciascuno”
Mahatma Gandhi

Questa è una grande verità, ce ne sarebbe abbastanza per tutti, se ci si limitasse appunto alle necessità, ma bombardati dalla pubblicità, che ci spinge a comperare anche ciò che è inutile per poi buttarlo via, siamo intrappolati in un sistema che non dà tregua e non riusciamo più a distinguere che cosa è necessario veramente per la nostra vita quotidiana, e cosa non lo è.
La cosa è molto più grave di quanto appaia se pensiamo che uno degli effetti della globalizzazione è che il consumismo sta dilagando anche nei paesi poveri (anche se per ora solo tra le classi agiate).
Prendiamo come esempio la sola Cina, che si sta progressivamente occidentalizzando.
Quando ogni cinese consumerà ciò che consuma un occidentale medio, sarà necessario raddoppiare la produzione di beni di consumo nel mondo intero.
Se ogni cinese mangiasse pesce quanto un giapponese, ci sarebbe bisogno di 100 milioni di tonnellate di prodotti ittici all’anno, praticamente tutto il pesce pescato nel mondo.
Se ogni cinese possedesse una o due autovetture, consumando lo stesso quantitativo di benzina di un occidentale, la Cina avrebbe bisogno di 80 milioni di barili di petrolio al giorno!
Se il consumo annuale di carta della Cina, ora di 35 kg a persona, dovesse crescere al livello americano di 342 kg, la Cina avrebbe bisogno di più carta di quanta ne produca il mondo intero. Così se ne vanno le foreste della terra.

Insomma, di questo passo non basterà più un pianeta, ne occorreranno due.

Inoltre ai danni provocati dagli “scarti” dell’Occidente, vanno aggiunti quelli derivanti dallo sfruttamento dissennato delle foreste, dei terreni e dei mari nei paesi più poveri.

Ma cosa si può fare?

Si può scegliere, nel nostro piccolo, di invertire la rotta, di fare solo acquisti consapevoli, di aderire ad un “criterio” che sempre più sta diffondendosi tra gli ecologisti e tra tutti coloro che semplicemente amano il pianeta Terra e desiderano che anche i loro figli e nipoti possano un domani apprezzarne la meraviglia.

Si tratta di portare nella propria vita e nelle proprie abitudini il concetto di decrescita.
Decrescere non significa rinunciare a quello che possediamo, ma utilizzarlo al meglio e senza sprechi di risorse.
La sobrietà non è soltanto una virtù di cui il sistema economico e produttivo basato sulla crescita del Pil ha voluto cancellare accuratamente ogni traccia perché non se ne serbasse nemmeno la memoria nel giro di una generazione, ma è, soprattutto una manifestazione di intelligenza e di autonomia di pensiero.

Ma chiariamo una volta per tutte cos’è e come si realizza la crescita del Pil

A differenza di quanto comunemente si crede, la crescita del Pil non misura la crescita dei beni prodotti da un sistema economico, ma la crescita delle merci scambiate con denaro.
Non sempre le merci sono beni, perché nel concetto di bene è insita una connotazione qualitativa – qualcosa che offre vantaggi – che invece non pertiene al concetto di merce.
Se si fanno le code in automobile aumenta il consumo della merce carburante, quindi si accresce il Pil, ma si ha uno svantaggio, una disutilità. Viceversa, non necessariamente i beni sono merci, perché si può produrre qualcosa senza scambiarla con denaro, ma per utilizzarla in proprio o per donarla. I prodotti del proprio orto e del proprio frutteto autoconsumati non sono merci e, pertanto, non fanno crescere il Pil, ma sono qualitativamente superiori agli ortaggi e alla frutta prodotta industrialmente e comprata al supermercato. La cura dei propri figli o l'assistenza dei propri vecchi fatta con amore è qualitativamente molto superiore alla cura che può prestare una persona pagata per farlo. Ma questa attività prestata in cambio di denaro fa crescere il Pil, l'altra, donata per amore, no.

Fare scelte esistenziali nell'ottica della decrescita significa quindi ridurre la quantità delle merci nella propria vita.
A tal fine si possono percorrere due strade:

1. ridurre l'uso di merci che comportano utilità decrescenti e disutilità crescenti, che generano un forte impatto ambientale, che causano ingiustizie sociali;
2. sostituire nella maggiore quantità possibile le merci con beni.

La prima è la strada della sobrietà. La seconda è la strada dell'autoproduzione e degli scambi non mercantili, basati sul dono e la reciprocità.
La decrescita è ormai più di una necessità, è una vera urgenza.

Per attuarla deve cambiare il modo di produrre e dove produrre.
E’ necessario ritornare ad economie locali per ridurre i costi dei trasporti, perchè trasportare una merce a lunghe distanze comporta un dispendio energetico, una emissione maggiore di anidride carbonica, più incidenti sulle strade, più imballaggi e quindi più rifiuti, più polveri sottili anch'esse colpevoli di casi di tumore e malattie cardiocircolatorie, più costi per la sanità ecc.
Si deve produrre con la massima attenzione al rispetto dell'ambiente, costruire case tenendo conto del risparmio energetico e di mantenere una parte di verde necessaria alla sopravvivenza dell'ecosistema.

Ma soprattutto occorre una scelta di responsabilità da parte di ognuno.

Evita ogni tipo di spreco

Per decrescere è necessario non sprecare risorse, non cadere nella trappola perversa del consumismo sfrenato, che fa leva sulla nostra insicurezza, e ci fa perdere di vista che c’è una bella differenza tra “essere” ed “apparire”.

E così un cellulare non basta più, ce ne vogliono almeno due, tre, uno per ogni scheda, per non parlare del computer, ma quello che non ci dicono è che computer e telefoni cellulari non vengono riciclati, se non in minima parte, il che significa ingombrare grandi estensioni di terreno e soprattutto lasciar penetrare nel sottosuolo metalli fortemente inquinanti.
Fare acquisti consapevoli significa non solo controllare per esempio che il contenuto dei cibi sia biologico e anti-OGM, ma anche che sia confezionato con il minimo di imballaggi e che le parti non utilizzate siano riciclabili.

Autoproduci i beni

La sobrietà comporta una riduzione della crescita del Pil attraverso una riduzione del consumo di merci, ma non consente una emancipazione dalla dipendenza assoluta nei loro confronti.
E la sempre maggiore dipendenza dalle merci è la conseguenza di una sempre maggiore incapacità di autoprodurre beni. Per aver bisogno di comprare tutto ciò che serve a soddisfare i propri bisogni vitali bisogna essere incapaci di tutto. Solo chi non sa fare niente di ciò che gli serve può diventare un consumista senza alternative. La condizione di non saper produrre nessun bene, o quasi, nei paesi industrializzati è ormai generalizzata.
Oggettivamente costituisce un enorme depauperamento culturale, che invece è stato proposto e vissuto come un progresso e come un'emancipazione dell'uomo dai limiti della natura.
Nell'arco di una generazione alcuni beni di uso comune, come lo yogurt, il pane, la passata di pomodoro, le marmellate, le verdure sottolio e sottaceto, non si sono più fatti in casa e sono stati sostituiti da prodotti comprati al supermercato. L'autoproduzione di frutta e verdura è stata sostituita con prodotti agroalimentari carichi di veleni e senza sapore. Un processo disastroso in cui si sommano perdita di qualità e perdita di conoscenze, ma che è stato considerato un progresso perché ha comportato una crescita quantitativa della produzione di merci e del Pil.

Economia del dono

L'autoproduzione di beni e servizi può essere potenziata da scambi non mercantili fondati sul dono e sulla reciprocità, che oltre a essere fattori di decrescita economica contribuiscono anche a rafforzare i legami sociali. Il dono e la reciprocità non devono essere confusi con i regali acquistati e donati in un numero di circostanze fittizie crescenti, create appositamente per potenziare il consumismo, né possono essere semplicemente ridotti al baratto (scambio di prodotti senza l'intermediazione del denaro), ma consistono essenzialmente in uno scambio gratuito di tempo, di professionalità, di conoscenze, di disponibilità umana.
Maggiore è l'incidenza degli scambi fondati sul dono e la reciprocità, minori sono gli scambi mercantili.
Può mettersi in moto un processo moltiplicatore con effetti significativi sulla decrescita del Pil e, forse, anche sulla felicità individuale di molte persone.
I vantaggi della decrescita sono in termini di felicità individuale, di sollievo per gli ecosistemi terrestri e di relazioni più eque e serene tra gli individui e tra i popoli.

In pratica la decrescita economica e produttiva è un passaggio obbligato nella costruzione di una nuova cultura capace di superare i terribili problemi che il sistema economico industriale pone all’umanità e a tutte le speci viventi.

Tratto e riadattato da un articolo di Maurizio Pallante
Per saperne di più https://www.decrescitafelice.it

Inserito nel sito www.ilcerchiodellaluna.it nel giugno 2007




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