Viaggio
mitologico attraverso i dodici segni dello Zodiaco
di Manuela
Caregnato
I simboli e gli archetipi sono immagini
la cui forza trascende la coscienza ed ancor più la razionalità,
poiché essi sono un magico mistero che appartiene all’inconscio
collettivo e quindi alla realtà psichica di ogni uomo.
L’astrologia, scienza umanistica
per eccellenza, è a sua volta ricca di tutte le attribuzioni simbologiche
e mitologiche cui fanno riferimento i dodici segni
zodiacali ed i relativi pianeti.
Leggendoli ci si rende conto innanzittutto che essi parlano di noi, della
storia della nostra vita, che è uguale alla storia di milioni di
altri che ci hanno preceduto e che seguiranno.
La lettura dei miti in chiave astrologica e psicologica ci dà inoltre
importanti spunti di riflessione e di comprensione della nostra profonda
natura, poiché ognuno di noi incarna metaforicamente un mito, che
è dato dal segno di appartenenza, e come tale ci parla del progetto
del nostro Sole.
Ariete
L’energia conquistatrice,
l’impulsiva temerarietà e la virile “primarietà”
dell’Ariete, primo della triade
dei segni di fuoco, trovano un
egregio riflesso mitologico nella storia del Vello d’oro e l’impresa
degli argonauti.
Giasone, tipico eroe arietino, incantato dalle dicerie sul Vello d’oro,
ma soprattutto dal sapere che era impossibile trovarlo, raccolse un gruppo
di avventurosi compagni, gli Argonauti, intenzionato ad andare a scovare
il Vello d’Oro (a sua volta simbolo del segno, essendo l’ariete
il maschio della pecora) per riportarlo in patria.
Dopo molti pericoli giunse all’isola di Colchide, dove era nascosto
il Vello, e se ne impadronì.
Per conquistarlo si fece aiutare dalla principessa-maga Medea, figlia
del re dell’isola e innamorata dell’eroe. Ma il Vello d’oro
fece montare la testa a Giasone che una volta giunto alla meta si annoiò,
dimenticò i favori ricevuti e passò ad altro, cioè
si lanciò alla conquista di una principessa ancor più bella,
per sposarla.
Questo naturalmente fece scatenare l’ira di Medea che si vendicò
aspramente (che avesse il Sole in Scorpione?) avvelenando i due figli
avuti da Giasone e bruciando la veste di promessa sposa.
Lo maledisse inoltre dicendo che non avrebbe più trovato terra
che lo ospitasse, e di fatto l’eroe morì in mare.
In questo mito vediamo come facilmente l’Ariete
sia portato a cadere trappola della sua ombra: l’impulsività,
che gli impedisce ogni possibile riflessione sulle conseguenze del suo
agire.
Chi combatte senza tregua non ha tempo di riflettere, di ponderare quanto
si propone di realizzare.
Vediamo inoltre la poca considerazione dell’Ariete per il valore
del femminile quando è in balia della proprio lato oscuro.
Per l’Ariete il mondo è popolato da eroi e nobili gesta,
come Giovanna d’Arco, eroina che per eccellenza incarna la simbologia
del segno, ma spesso trascura il potere della gentilezza, della pazienza
e della comprensione. In altre parole dimentica il lato femminile della
sua natura. Eppure l’Ariete più di chiunque altro ha bisogno
dell’energia femminile, tant’è vero che la conquista
del vello avviene grazie all’aiuto di Medea, che rappresenta la
sua parte magica ed intuitiva.
Diversamente agì Ulisse nei confronti della propria amata, ma soprattutto
nei confronti della propria oscurità.
Nel percorrere i mari ai tempi della guerra di Troia, i marinai di Ulisse
morivano quando doppiavano l’Isola delle Sirene, guerriere seducenti
che attiravano i soldati cantando ammalianti melodie: attirati sugli scogli
da quelle voci, le navi vi si infrangevano e le Sirene distruggevano i
navigatori.
Ulisse, (che incarna il tipo ariete quando si ricorda di pensare prima
di agire) allora mise dei tappi nelle orecchie ai suoi rematori in modo
che non sentissero quella musica e non finissero sugli scogli. Egli però
si fece legare all’albero maestro per sentire le Sirene. Così
al sicuro fece esperienza del proprio mito rischiarando e conoscendo l’oscurità
interiore rappresentata dai sentimenti di potenza e dalle forze sconvolgenti
e, forte del suo centrale radicamento, udì le voci senza infrangersi
sugli scogli. Dunque testimoniare il pensiero, il sentimento e la sensazione
con un certo distacco fa si che non si vada fuori rotta e che essi si
possano sperimentare senza lasciare che prendano il sopravvento.
Toro
Sempre nella cultura greca troviamo
il mito che più è vicino al primo tra i segni di Terra,
il Toro: il Minotauro.
Col favore del Dio dei mari Poseidone (Nettuno),
Minosse diventa re di Creta dietro la promessa di sacrificare a lui il
toro bianco donatogli. Ma Minosse, da buon Toro
fa fatica a rinunciare ai suoi attaccamenti, e decide di tentare uno scambio,
sacrificando un toro terreno per tenersi il bel toro divino. Poseidone,
che ovviamente si accorge subito della furbata, offeso si rivolge ad Afrodite
(Venere) e col suo aiuto insinua
nella moglie di Minosse, Pasifae, la passione per il toro.
Nasce così il Minotauro, bestia dal corpo di uomo e la testa di
toro che si nutre di carne umana e che rappresenta gli irrefrenabili desideri
materiali del segno (e del mostro).
Per mettere fine a tanto orrore Teseo, figlio del Re di Atene, con l’aiuto
di Arianna, figlia di Minosse,
entra nel labirinto ove è imprigionato il Minotauro e lo uccide,
ritrovando poi l’uscita con il famoso filo. Se il labirinto è
un groviglio di passioni materiali ed emozioni umane in cui il toro si
perde, c’è bisogno di un filo, cioè di un percorso
chiaro su cui trovare la propria strada.
Toro è un segno pacifico, profondamente
matriarcale pur essendo fortemente istintivo, che ha bisogno di poter
contare sulle sue sicurezze. Se tra queste sicurezze pone i suoi averi,
cade nella sua ombra che è l’avidità. Per questo ha
bisogno di lavorare sui suoi valori, per comprendere che le vere sicurezze
può trovarele solo nell’essere e non nell’avere.
Efesto (Vulcano) rappresenta invece l’aspetto costruttivo e creativo
del segno.
Figlio di Era e marito di Afrodite,
egli è il fabbro artigiano divino, lavoratore infaticabile che
lavora nella sua fucina nel vulcano, forgiando i fulmini di Zeus (Giove),
l’elmetto alato e i sandali di Hermes (Mercurio),
l’elmetto invisibile di Ade (Plutone)
e lo scudo magico di Atena. E’
quindi anche un alchimista dotato di un eccezionale potere creativo diretto
verso fini utili e nobili.
Il pianeta governatore del Toro è Venere, ed infatti la bella Afrodite
è presente in questi due miti prima come complice e poi come moglie
rispettivamente di Poseidone e di Efesto.
Ella ha gli occhi di vacca, è raffigurata sempre nuda, unica tra
gli Dei. Possiede sentimenti carnali, ed è l’unica Dea che
può accoppiarsi con i mortali.
Ella è attiva, prende l’iniziativa nel corteggiamento e nel
rapporto, è l’immagine della libertà e della parità
sessuale.
Ma Afrodite è figlia di Urano,
generata dalla castrazione del Dio, dunque è libera e non materna
come Demetra o altre Dee, è l’incarnazione dell’amore
in sé e come tale le sue arti possono scatenare il lato oscuro
fatto di rivalità, gelosie e passioni estreme.
Passioni che rappresentano l’ombra del Toro, quell’ombra che
ha bisogno di imparare a controllare.
Gemelli
Innumerevoli sono le coppie di gemelli
che la mitologia ci propone, ma i più vicini alla natura dell’omonimo
segno, primo della triade dell'Aria,
sono Castore e Polluce.
Essi erano figli di Zeus (Giove), nati
da un uovo deposto da Leda dopo la sua unione con lui, trasformatosi per
l’occasione in cigno. Entrambi guerrieri ed uniti fraternamente,
dei due Castore è umano mentre Polluce è divino, ma quando
il primo muore le invocazioni di Polluce giungono sino a Zeus e danno
subito prova dell’abilità di negoziazione del segno:
ottengono infatti da Zeus l’alternarsi nell’immortalità
e quando uno dei due si trova nello stato immortale l’altro torna
sulla terra come mortale scambiandosi impressioni a turno nei momenti
di passaggio.
Questo mito apparentemente così giocoso ci lascia intuire il significato
piu’ profondo di un’incarnazione in
gemelli: sembra esserci in questo segno una sorta di consapevolezza
spirituale , come la sensazione di un mondo diverso e superiore. Cio’
spiega perché spesso non prendono la vita in modo serio. Qualcosa
nel loro intimo sa gia’ che non è tutto lì. Purtroppo
però questa intuizione sottile cozza con il loro bisogno di razionalita’.
Ed è proprio questo il nocciolo del problema: la polarita’,
che li rende spesso estranei a se stessi. Non sanno se sono scienziati
o mistici, razionali o intuitivi, idealisti o cinici. Sono pieni di contraddizioni,
perche’ come il loro mito, hanno bisogno di scontrarsi periodicamente
con la mortalita’ , proprio come hanno bisogno di respirare il profumo
delle altezze dell’Olimpo.
Questo è il loro ciclo e il fattore della dualita’ e della
relazione tra gli opposti è sempre presente in loro, che astrologicamente
dominano tutte le coppie di opposti.
Castore e Polluce erano sostanzialmente gemelli buoni, capaci di utilizzare
positivamente l’ombra rappresentata dall’altro gemello. Polluce
puo’ essere considerato l’anima immortale dell’uomo,
e Castore la sua personalita’ terrena, dove l’obbiettivo finale
è l’unificazione, con il superamento del dualismo: alla fine
i due dovranno diventare uno.
Romolo e Remo, figli di Marte nella mitologia
romana, litigano invece furiosamente per il territorio. Remo è
il fratello oscuro che, nel tentativo di uccidere il fratello luminoso
Romolo rimane vittima egli stesso e muore. Come il lato in ombra nasce
dallo stesso grembo da cui nasce il lato in luce, anche Caino e Abele,
pur non essendo gemelli, ripropongono il conflitto dell’opposto
e così tanti altri fratelli presenti nelle mitologie mondiali,
dai norvegesi Baldur e Loke alle più conosciute sorelle greche
Artemide ed Afrodite.
L’altro importantissimo mito dei Gemelli è quello del Puer,
che ci riconduce al pianeta dominatore del segno, Mercurio.
Il Puer è l’eterno fanciullo che ha le ali per volare ma
che, quando scende sulla terra, è zoppo, ha difficoltà a
camminare, proprio come il gemelli ha difficoltà a prendere contatto
con la terra, la parte corporea di sé, gli istinti e le emozioni.
Il Puer rappresenta quella componente psicologica che vuole mantenersi
giovane, scanzonata, con il gusto di divertirsi e di scoprire cose nuove;
tuttavia non deve cedere al lato ombra che è l’irresponsabilità,
l’inafferrabilità e la scarsa maturazione affettivo/emotiva.
L’Hermes greco, signore del commercio, portatore di messaggi tra
un dio e l’altro, ma anche dio dei ladri e dei bugiardi, esprime
il concetto di flessibilità e mobilità, sempre interessato
ai collegamenti fra gli dèi e gli uomini, fra uomo e uomo sotto
forma di idee, denaro e canali di comunicazione. Esso è anche il
simbolo dell’alchimia medioevale e del processo di comprensione,
connessione ed integrazione, ciò che permette di afferrare il legame
tra due cose che apparentemente non avevano alcuna relazione.
Collegando il maschile ed il femminile,
Mercurio completa la trasformazione della sostanza, è androgino,
maschio e femmina insieme, unisce gli opposti e la loro conciliazione
costituisce il progetto del segno dei Gemelli.
Cancro
La Madre è il mito del Cancro,
primo segno d’acqua e dominato
dalla Luna. Tutti noi siamo nati da una
madre, e questa può significare sicurezza, sostegno, radicamento,
infanzia e famiglia, sentimenti e passato, ma anche oscurità e
mistero. Comunque sia andata, l’esperienza della Madre in tutte
le sue forme è profondamente radicata nella nostra natura interiore.
Le religioni più antiche del mondo iniziano con il culto della
Madre Terra, come adorazione del potere
della terra di dare e togliere la vita. E poi la Madre Chiesa, Gea, la
sposa di Urano, costretta ad evirarlo per salvare la prole.
Era, madre terribile che si allea con l’Idra, per sconfiggere il
figlio Eracle. Ella inviò un gigantesco granchio che strinse con
le pinze il tallone di Eracle. Lo strinse alle caviglie anziché
affrontarlo direttamente, l’ombra della madre divorante disposta
a tutto pur di non cedere il predominio al figlio. Non dimeno Eracle riuscì
ad ucciderlo.
Fu così che la Dea, per ricompensare l’alleato nonostante
la sconfitta, lo condusse in cielo mutandolo nella costellazione del Cancro.
Per il bambino la madre è tutto, fonte di cibo e di vita, colei
che dà o toglie l’amore.
E madre è anche la Gorgone Medusa.
Perseo è incaricato da Atena
di ucciderla onde evitare che sua madre sposi il re Polidette. Qui l’archetipo
materno sta nella redenzione di una donna mediante la conquista di un’altra,
ossia il riconoscimento della madre personale con il confronto di quella
archetipica, il trasferimento su di un’altra donna dell’odio
interiore verso la propria madre.
Nel mito della Madre c’è sempre un consorte che al tempo
stesso era suo figlio ed anche amante. Nel simbolo dell’incesto
il figlio-amante rappresenta la vita creativa della natura.
La Madre ed il giovane Dio rappresentano il modo di operare della creatività
artistica. Il Cancro creativo infatti è una specie di levatrice
che crea qualcosa che trae dalle sue profondità e realizza dal
tessuto dei suoi sogni.
Quando la creatura ha preso forma, è cresciuta e la fase è
conclusa, l’individuo-artista si sente svuotato ed inizia l’inverno.
Poi è pronto a creare di nuovo, ma è un mistero la fonte
della propria creazione. Come il granchio vive nella striscia di sabbia
a metà fra l’oceano dei sentimenti in cui si tuffa quando
lo raggiunge la creatività e la terra ferma della vita in cui si
arena a processo finito. Questo mare, oceano dell’inconscio collettivo,
regno della Dea Teti, creatrice ed acqua Ella stessa, che contiene nei
propri abissi il seme maschile e l’ovulo femminile.
Leone
Leone è per
eccellenza il segno della ricerca della propria identità.
C.G. Jung chiamò questa ricerca del sè “processo d’individuazione”,
ossia il processo per cui un uomo diventa sè stesso, l’essenza
intima della personalità, un viaggio che dura tutta la vita, viaggio
che è il sentiero basilare dell’animo umano per scoprire
il significato del proprio segno solare, qualunque esso sia.
La leggenda medioevale di Percival e il Santo Graal ha origini nella mitologia
celtica di Parzival e la Pietra Filosofale e personifica l’eroe
che più si avvicina al segno del Leone ed alla ricerca del Sè.
L’eroe nasce orfano di padre e cresce in un bosco con la madre.
Egli non conosce le proprie origini perchè la madre, temendo che
la lasci e se ne vada per il mondo, fa in modo che non le scopra. Ma un
giorno vedendo una schiera di cavalieri nel bosco, spinto dal fascino
della nobiltà delle armature e dalla loro cortesia, decide di unirsi
a loro con immenso dispiacere della madre che muore dal dolore. Il padre
dunque è assente ed il bambino deve andare alla ricerca di quel
principio paterno sotto forma di avventure. Il mito ci porta attraverso
le sue avventure sino al sogno di una cerimonia e di una donna che porta
con sè un vassoio con il Santo Graal, nella cristianità
di Percival, o meglio la Pietra Filosofale dell’alchimia simbolo
dell’eterno sè, nella storia originale.
Scopo della cerimonia sognata era che ponesse la domanda magica che avrebbe
guarito il vecchio Re malato, e fatto conquistare al Parzival la vergine
ed il castello del Graal, ma Parzival rimase muto per l’insegnamento
materno di non domandare alcunchè agli estranei. Risvegliatosi
dalla sua visione impegò un processo di maturazione di vent’anni
nella ricerca del castello del Graal e diventato eroe e vero uomo ritrovò
il castello. Qui trovò il Re malato, a capo di un regno sterile,
che non dava più frutti. Il vecchio re non poteva più aiutare
il suo popolo, spettava ora al giovane superare la prova. Come nel sogno
comparve la dama con il sacro Graal sul vassoio d’argento, ma questa
volta il giovane eroe pose la domanda fatale. Subito il re guarì,
confessò di essere suo nonno e che il regno aspettava proprio lui
per essere salvato.
Il mito del Leone è dunque legato
alla ricerca di questo padre interiore, che è la fonte benigna
della vita creativa. Ma l’eroe non potrà tenere la conquista
solo per sé, poiché in questo caso resterebbe vittima del
potere che ha ottenuto; l’elisir o il tesoro sono “beni”
che appartengono all’intera umanità, perché simboleggiano
la consapevolezza che si trova nell’inconscio collettivo da cui
solo i migliori - gli eroi - possono attingere, poiché dotati di
quelle qualità che servono a superare le prove che trovano nel
cammino. Alla fine dell’impresa gli eroi devono far partecipi tutti
della loro impresa – unico modo per cui il regno possa salvarsi
e fondare la sua dinastia. Solo allora la luce del Sole in Leone potrà
irradiare il suo calore sul mondo.
Vergine
Se il mito del Leone è incentrato sulla dinamica padre-figlio,
il destino della Vergine si riflette
molto la storia della madre e della figlia, il paradosso dell’essere
donna come vergine e come madre.
Persefone è l’archetipo
verginale, è l’esteriorità della vita e, nel rapporto
con la madre Demetra, déa
delle messi, ricorda il mondo innocente dell’infanzia nel quale
non c’è ancora separazione, conflitto e paura. Passeggiando
con la madre, Persefone attende ignara l’avvento delle responsabilità
e della vita adulta. Dunque Persefone nel prato coglie un fiore che Ade
ha piantato per ammaliarla e subito si spalancano per lei le porte delle
tenebre: viene strappata a Demetra e costretta a soggiacere con il dio
degl’inferi. Demetra per nove giorni impazzisce finchè Selene
la ferma e le consiglia di andare da Ecate, che le spiega che Ade, suo
fratello, l’ha rapita.
Demetra, arrabbiata e angosciata inizia a vagare per il mondo per cercare
di soffocare la sua disperazione e giunge ad Eleusi, ma intanto la terra
non dà più frutto alcuno e i mortali implorano gli Dei di
porre fine a questa carestia. Alla fine Zeus manda Hermes a riprenderla.
La trova sul trono di Ade, suo sposo, regina potente del regno degli inferi,
del mistero e dell’incoscio. Ade acconsente a lasciarla andare a
patto che mangi il frutto del melograno. Persefone torna su ma avendo
mangiato i semi del melograno, Zeus stabilisce che dovrà passare
tanti mesi nell’Ade quanti semi ha mangiato. Fu così che
Demetra decretò che nei sei mesi che Persefone passerà nel
regno dei morti, nel mondo calerà il freddo e la natura smetterà
di produrre, addormentata, dando origine all'autunno e all'inverno, mentre
nei restanti sei mesi la terra rifiorirà, dando origine alla primavera
e all'estate.
Ma intanto il frutto del rapporto si concretizza in Dioniso,
controparte passionale di ciascuno di noi. In questo mito è espresso
il sacrificio che la figlia deve compiere per poter diventare madre, l’essere
madre e amante pur conservando interiormente la propria integrità.
Originariamente infatti la parola vergine indicava una donna nubile, senza
riferimento a parti anatomiche inviolate, Virgo nel senso della donna
autosufficiente, indipendente, che non deve dipendere da un marito. Questa
è la rappresentazione della dea vergine Artemide
ritratta con cinquanta mammelle per mostrare che essa rappresenta la nutrice
che dà vita a tutto. La Dea governava da sola, autosufficiente
e poteva considerarsi la consorte di tutto ciò che è vivo,
perciò il significato del segno è anche la psiche padrona
di sè, l’individuo integrato in sè stesso che può
dare liberamente senza paura di perdersi nell’altro, senza temere
relazioni che lo dominino o lo distruggano. Come sesto segno dello zodiaco
la Vergine riguarda la sintesi reale delle esperienze dei primi cinque
stadi dell’esperienza individuale: la capacità d’imporsi
dell’Ariete, la costruzione della
stabilità del Toro, la curiosità
e la comunicazione dei Gemelli, il radicamento
del Cancro e la creatività del
Leone. Spesso la vita della Vergine si
dibatte tra il bisogno di indipendenza e quello di avere una vita famigliare,
tra il bisogno di spiritualità e quello di moralismo, nel tentativo
di integrare le due parti dentro di sé. La soluzione di una simile
scissione sta proprio nel frutto del rapporto tra Persefone ed Ade, Dioniso.
Lo smodato Dio della vite, dell’ebbrezza e dell’estasi rappresenta
proprio qeulla parte irrazionale e trasgressiva che c’è in
ognuno di noi, con cui la Vergine più di altri deve fare i conti.
Bilancia
Esattamente come la Vergine,
anche la Bilancia prova un senso di
sdegno profondo di fronte alla violazione delle regole. Tuttavia la Bilancia
sembra proiettare maggiormente questa visione della giustizia nella vita
esteriore. In questo senso la Dea che meglio rappresenta questo segno
è l’Atena greca, personificazione
della legge, della verità e dell’ordine sociale. Bilancia
è un segno particolarmente orientato verso “il bene, la verità
e la bellezza” (per dirla con Platone) e come tale incarna l’armonia,
la musicalità e la grazia di Afrodite,
Dea dell'amore.
Ma più delle Dee contribuiscono a comprendere la polarità
dell’intima natura del segno le figure mitologiche di Paride e Tiresia.
Paride, figlio di Priamo re di Troia, vista la sua capacità di
giudizio e di relazionarsi con il sesso femminile, vine scelto da Zeus
per giudicare quale tra le dée Era, Atena ed Afrodite, sia la più
bella premiandola con il famoso pomo dorato.
Da buon Bilancia avrebbe diviso il pomo in tre parti per non attirarsi
le ire delle due perdenti, ma il bel Paride è costretto a scegliere.
Atena gli promette vittoria in tutte le battaglie, ma Paride non è
un Ariete, Era gli offre il dominio sull’Asia,
ma Paride non è un Capricorno
e non vuole responsabilità. Ecco che Afrodite gli promette
l’amore di Elena, la donna più bella del mondo e moglie di
Menelao, re di Micene. Consegnato senza indugio il pomo dorato ad Afrodite,
si attira inevitabilmente addosso le ire delle altre due. Innamoratosi
di Elena e contraccambiato, i due si rifugiano nella città di Troia
causandone la guerra vendicativa e la distruzione da parte dei greci.
Dunque a Paride viene imposta una scelta basata su valori personali ed
etici, una scelta che comporta indecisione e difficoltà e che gli
fa fare una brutta fine. Tiresia invece mostra il lato interiore del simbolo.
Egli è un profeta, che con il favore della dea Era, ha l’opportunità
di osservare l’accoppiamento di due serpenti nel bosco sacro della
dea ed incuriosito di quale dei due serpenti provasse più piacere,
riceve da Lei l’opportunità di vivere alcuni anni come donna
per sperimentarne il ruolo. Ritornato alla forma maschile e chiamato alla
corte di Zeus ed Era, gli viene chiesto in quale dei due ruoli avesse
provato più piacere. Tiresia risponde: “la femmina”,
offendendo la vanità maschile di Zeus e suscitandone l’ira
al punto da essere reso cieco. Ma nei miti greci la cecità è
simbolo di vista interiore e così Tiresia, acquistando la visione
interiore, diventa un profeta capace di visione intuitiva diretta all’interno,
in direzione di sé.
In qualche modo sembra che Paride rappresenti l’immagine dell’individuo
Bilancia in gioventù, mentre Tiresia da adulto. Il problema della
scelta è una costante della vita in questo segno e la famosa indecisione
pare sia legata non tanto all’incapacità di fare una scelta
quanto alla paura delle conseguenze che tale scelta inevitabilmente comporta.
La Bilancia è un segno legato alla VALUTAZIONE che significa stabilire
il valore che noi diamo a ciò che ci circonda, e di conseguenza
attrarre a sé ciò a cui si dà valore. La Bilancia
ci porta a riflettere sul fatto che a noi non è dato avere tutto.
Scorpione
Scorpione è il segno dominato
da Plutone, dio degli inferi, qualcosa
che ha a che fare con la nostra parte nascosta, l’inconscio, gli
istinti, le pulsioni.
Nell’antica Astrologia egiziana, caldea ed ebraica, il mito dello
Scorpione era rappresentato dal serpente, animale solitario per natura,
velenoso ma non aggressivo, che attacca solo per difendesi, capace di
cambiare ciclicamente pelle, considerato immortale e capace di un costante
auto-rinnovamento: la distruzione finale cui segue sempre la rinascita.
Il serpente è simbolo della saggezza della terra, di cui conosce
la vita segreta, ed è il Diavolo tentatore di Eva secondo la Bibbia.
Luce e Ombra si confrontano nello Scorpione, gli estremi nel bene e nel
male.
La lotta contro il Drago (cugino diretto del serpente) sembra essere il
tema costante del segno, che più di altri deve necessariamente
confrontarsi con la sua parte oscura (le pulsioni istintive, il desiderio
di potere, i rancori), per poter operare la sua trasformazione, proprio
come Ercole affronta l’Idra nell’ottava delle sue dodici fatiche.
L’Idra è una bestia serpentiforme con nove teste, cui se
ne viene tagliata una ne ricrescono altre tre, sino a che Ercole capisce
che deve sollevarla dalla grotta in cui si trova per mostrarle la luce.
A quel punto essa avvizzisce e muore, tranne una testa che è immortale
e contiene il prezioso gioiello del Sè.
Ma il mito che meglio rappresenta l’energia di questo complesso
e affascinante segno è quello di Perseo e Medusa.
Medusa è una Gorgone un tempo
bellissima, finchè si accoppia con Poseidone in uno dei templi
di Atena. Questa, offesa per l’oltraggio,
la trasforma in un mostro dalla chioma fatta di serpenti, il cui sguardo
pieno di odio e rancore paralizza chiunque la guardi. All’eroe Perseo,
figlio di Zeus, viene chiesto di affrontare questo mostro, che come in
tutti i miti, è solo l’altro aspetto di un’unica entità.
Nel compiere l’impresa viene aiutato da Atena, che gli dona uno
scudo scintillante e lo avverte di non guardare mai Medusa direttamente
negli occhi ma di osservarne solo l’immagine riflessa nello specchio,
e da Hermes che gli fa dono di una falce adamantina. Con questi strumenti
l’eroe riesce a decapitare la Gorgone, dal cui collo esce il cavallo
alato Pegaso, concepito con Poseidone, ma che a causa del suo odio non
era capace di dare alla luce.
Appare evidente come si può rimanere in balia delle proprie paure
inconsce che, come nell’incrociare lo sguardo di Medusa, possono
essere superate solo attraverso la riflessione allo specchio, liberando
in tal modo sé stesso come Pegaso, il cavallo alato che rappresenta
il ponte tra gli opposti, una creatura terrena capace di ascendere nel
regno spirituale.
Allo stesso modo lo Scorpione deve affrontare la sua distruttività
per poter accedere alla sua parte più elevata.
Sagittario
Sagittario
è il terzo segno della triade del fuoco.
Giove (Zeus) è il suo pianeta governatore
e proprio nel mitologico Dio dei cieli riscontriamo le più importanti
caratteristiche psicologiche del segno.
Divinità apparentemente ultra-maschile, conserva il suo potere
solo dietro il consenso della madre Rea, pur essendo sempre determinato
a cancellare la sua dipendenza dal femminile. Eppure non ci riesce mai,
tant’è che si sposa con la sorella Era, sua controparte femminile.
Tanto è fedele lei al marito, quanto egli è sempre alla
ricerca di avventure con dée o donne mortali, rivelando una personalità
fortemente individualista. Lui irrequieto e perseguitato da lei, ma legati
in maniera indissolubile. Di fatto senza Era, Zeus non è nessuno.
Il sagittario detesta essere incatenato, e il matrimonio con lei è
proprio la spina nel suo divino fianco. Ma proprio questo contratto matrimoniale
rappresenta il mondo della forma (vincoli, impegni umani e moralità)
che incatena lo spirito creatore, come la realtà corporea imprigiona
lo spirito relegandolo alla mortalità e all’imperfezione.
Questo simbolismo è molto ben rappresentato dal mito dei centauri,
creature metà cavallo e metà uomo, simbolo del segno.
Il più famoso tra i centauri era Chirone. Esso viveva con la sua
tribù nelle foreste della Tracia, ed era celebre per la sua saggezza,
al punto che tutti i re della Grecia gli mandavano i loro figli affinchè
li educasse. Era filosofo, saggio e maestro, ma anche misterioso e la
leggenda narra che fosse stato ferito da una freccia avvelenata dal sangue
dell’Idra e che gli dei, per premiarlo della sua saggezza, gli avevano
conferito il dono dell’immortalità. Dunque egli non può
guarire, ma neppure morire. Ma proprio grazie a questa ferita capisce
la natura del dolore, e diventa un guaritore che comprende i segreti delle
erbe e della magia pur non potendo guarire sè stesso. Chirone è
tuttavia ottimista e positivo ed il mito del segno s’identifica
in questa ferita che rappresenta la frattura tra il suo lato mortale ed
il lato divino: spesso l’individuo Sagittario è in contatto
con molti misteri, ha un profondo senso del significato della vita anche
se disarticolato, ma la distanza tra la sua visione ed i limiti umani
è enorme. Affrontare visione e realtà senza rimanere solo
con i propri pensieri e cadere nella cieca ingenuità rappresenta
la conoscenza della dualità che è dentro di noi.
Capricorno
Questo severo segno che ha inizio con il
solstizio d’Inverno, e come tale si confronta sin dalla nascita
con l’asprezza della stagione più dura, ha il compito di
costruire la sua autonomia, sotto il profilo psicologio, affettivo e pratico.
Opposto al Cancro, il cui mito è la Madre, il Capricorno
è legato invece al rapporto padre-figlio, che ci riporta alla
figura mitologica di Crono (Saturno),
suo pianeta governatore.
Nell’Ariete il rapporto padre-figlio è basato sulla sfida
della virilità, nel Leone invece avviene la presa di coscienza
del proprio valore, mentre nel Capricorno è lo stesso vecchio re-padre
che deve morire perché il figlio possa diventare padre a sua volta
e guidare autonomamente la propria vita.
Crono divora i suoi figli perché teme che essi facciano fare a
lui la stessa fine di suo padre Urano, da lui ucciso su richiesta della
madre Gea, ma non può sfuggire al suo destino ed infatti suo figlio
Zeus si ribella e lo esautora.
Solo allora, dopo il passaggio nel deserto del Tartaro e l’espiazione,
Crono diventa re della cornucopia, simbolo di abbondanza, saggezza e fertilità.
Il Capricorno è dunque anche il principio dell’alchimia agricola,
la fertilità della terra, l’estrarre l’oro dalla terra
con il duro lavoro. E’ il lato maschile generativo di Madre Terra,
il seme interrato il 21 dicembre, la fertilità del capro simbolo
del segno.
Ma è una meta che solitamente il Capricorno conquista solo con
la maturità, allorchè, dopo aver contattato la sua fragilità
rinnegata, può finalmente rilassarsi e lasciare andare la sua corazza
di presunta insensibilità.
Durante l’infanzia solitamente l’intesa con il padre può
essere difficile, egli può essere severo e distante, ma presente,
oppure debole ed instabile, allora assente e idealizzato. Talvolta è
una figura prestigiosa con cui il figlio sente di non poter competere
ed allora il padre diventa una sfida difficile almeno per i primi trent’anni
di vita, coincidenti con il primo ciclo di Saturno.
Solamente dopo, il nato in Capricorno si rende conto di ciò che
deve fare per diventare lui padre di sé stesso poiché le
qualità di forza, volontà, pazienza e stabilità non
si possono trovare in qualcun altro o in un lavoro per quanto remunerativo
esso sia.
Questo è il segno dell'autorealizzazione, quindi è importante
che il Capricorno riesca a distinguere ciò che fa per il solo senso
del dovere, da ciò che invece fa per il suo reale benessere.
Aquario
Il mito che per eccellenza incarna
il complesso segno dell’Aquario
è quello del titano Prometeo, colui che rubò il fuoco agli
dei per donarlo agli uomini.
Mentre il dirimpettaio Leone deve scoprire le sue origini divine ed eroiche,
l’Aquario è spinto da un idealismo umanitario e da nobili
impulsi altruistici.
Il mito racconta che Zeus, geloso dell’abilità e delle attitudini
dei mortali, decide d’impedire loro l’uso del fuoco, simbolo
di creatività, con il quale sarebbero stati troppo simili agli
déi.
Prometeo, assistente sociale cosmico, considera ingiusta tale decisione
che blocca l’evoluzione degli umani e disobbedendo a Zeus, dona
il fuoco agli uomini (inteso come luce e consapevolezza). Il prezzo che
paga per questo furto è altissimo perché Zeus lo fa incatenare
ad una roccia, dove un’aquila ogni giorno gli mangia un pezzo di
fegato, che si riforma di notte, fino a quando giunge Ercole a liberarlo
in una delle sue fatiche. A loro volta gli uomini non riconoscono il valore
di tale dono, e dimostrano indifferenza.
Questo mito riassume le contraddizioni del segno dell’Aquario, i
cui due governatori sono Urano e Saturno
(Crono), due Dei che hanno ben poco in comune.
Urano è l’inventore, il mago ed il liberatore che lotta per
la libertà, penetra il velo dei misteri e vuole superare il muro
dell’ignoranza e della limitatezza. Saturno, simbolo della struttura
e dell’ordine, è la punizione che Prometeo si attira. Saturno
è solo l’altro lato della medaglia e rappresenta il senso
di colpa che l’Acquario paga per la ricerca della verità,
scontrandosi con una realtà che semplicemente non è pronta
per accogliere tale verità.
Questo conflitto è quasi sempre presente nei nati in questo segno,
che da un lato amano la ribellione e parlano sempre di libertà,
mentre dall’altro sono imprigionati da principi e rigidità
mentali da cui faticano a liberarsi.
In questa lotta perenne tra l’amore per la libertà e il rispetto
della tradizione, l’Aquario ha il compito di trovare la sua strada,
nel rispetto dei limiti suoi e degli altri.
Pesci
Pesci è
l’ultimo segno dello zodiaco. Si conclude qui il ciclo dello zodiaco
e della vita, pronta a ricominciare in Ariete. E’ il ritorno alle
origini, alla spiritualita’.
Qui avviene la frantumazione del regno razionale, è il dominio
dell’infinito, dell’imprecisato, dell’irrazionale.
Qui si racchiude il dilemma umano del venire a patti con la propria parte
trascendente, di cui occorre rispettare la parte di mistero.
Il personaggio mitologico che incarna la natura irrazionale dei Pesci
è Dioniso, figlio di Persefone
nato due volte poiché decapitato, e indotto alla pazzia dalla gelosia
di Era. Salvato da Hermes, vaga per il mondo con la sua allegra combriccola
alla ricerca delle sue origini, e intanto insegna l’arte vinicola
in Egitto e in India. Infine giunge a Tebe, suo luogo di nascita, dove
il re Penteo sprezzante della sua dissolutezza, lo fa arrestare. Ma Dioniso
è un dio, per quanto rinnegato, e così rende pazzo Penteo
mentre il suo seguito, in preda ai fumi dell’alcool ed al delirio
religioso, uccide il re e lo decapita. Dunque la base irrazionale del
mondo si scontra con l’Io cosciente di Penteo che rifiuta la parte
dissoluta dionisiaca, che comunque è in lui, e così subisce
lo stesso destino.
un altro mito fortemente pescino è quello di Orfeo.
Egli è un musico ed un poeta la cui espressione artistica è
talmente struggente da incantare chiunque lo ascolti. Orfeo è innamorato
di Euridice ma proprio nel giorno delle loro nozze, lei viene morsa da
un serpente e muore.
Distrutto dal dolore, Orfeo decide di chiedere ad Ade, dio del mondo sotterraneo,
di rendergli il suo amore. Per ottenere ciò inizia a suonare la
sua cetra in modo talmente toccante che Ade, unico caso nel mito, lo accontenta.
Gli concede dunque di riportare indietro Euridice, ammonendolo però
di non voltarsi mai mentre torna indietro, pena la perdita definitiva
della sua amata.
Orfeo ringrazia ed inizia il cammino di ritorno; dietro di lui sente i
passi di Euridice, e prosegue, ma quando ormai sta per raggiungere la
superficie e già la luce appare all’orizzonte, viene preso
dal dubbio, da un’ansia e da una paura di essere stato raggirato.
Si volta…. e proprio in quel momento Euridice sparisce, questa volta
per sempre.
Orfeo rappresenta l’irrequietezza dei Pesci, cui è chiesto
un atto di fede, laddove la ragione non può bastare.
Orfeo rappresenta anche l’inelluttabilità della perdita,
di fronte alla quale nulla possiamo fare se non accettare, imparando il
più possibile della nostra natura proprio attraverso tale esperienza.
I Pesci ci fanno capire che solo quando abbiamo perso tutto possiamo trovare
quello che conta davvero, e che si trova gelosamente custodito dentro
ognuno di noi.
Fonti:
"Astrologia e mito" - Sicuteri
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