Astrologia Evolutiva
Un percorso di autoconoscenza incentrato sull'anima


Viaggio mitologico attraverso i dodici segni dello Zodiaco
di Manuela Caregnato



I simboli e gli archetipi sono immagini la cui forza trascende la coscienza ed ancor più la razionalità, poiché essi sono un magico mistero che appartiene all’inconscio collettivo e quindi alla realtà psichica di ogni uomo.
L’astrologia, scienza umanistica per eccellenza, è a sua volta ricca di tutte le attribuzioni simbologiche e mitologiche cui fanno riferimento i dodici segni zodiacali ed i relativi pianeti.

Leggendoli ci si rende conto innanzittutto che essi parlano di noi, della storia della nostra vita, che è uguale alla storia di milioni di altri che ci hanno preceduto e che seguiranno.
La lettura dei miti in chiave astrologica e psicologica ci dà inoltre importanti spunti di riflessione e di comprensione della nostra profonda natura, poiché ognuno di noi incarna metaforicamente un mito, che è dato dal segno di appartenenza, e come tale ci parla del progetto del nostro Sole.

Ariete

L’energia conquistatrice, l’impulsiva temerarietà e la virile “primarietà” dell’Ariete, primo della triade dei segni di fuoco, trovano un egregio riflesso mitologico nella storia del Vello d’oro e l’impresa degli argonauti.
Giasone, tipico eroe arietino, incantato dalle dicerie sul Vello d’oro, ma soprattutto dal sapere che era impossibile trovarlo, raccolse un gruppo di avventurosi compagni, gli Argonauti, intenzionato ad andare a scovare il Vello d’Oro (a sua volta simbolo del segno, essendo l’ariete il maschio della pecora) per riportarlo in patria.
Dopo molti pericoli giunse all’isola di Colchide, dove era nascosto il Vello, e se ne impadronì.
Per conquistarlo si fece aiutare dalla principessa-maga Medea, figlia del re dell’isola e innamorata dell’eroe. Ma il Vello d’oro fece montare la testa a Giasone che una volta giunto alla meta si annoiò, dimenticò i favori ricevuti e passò ad altro, cioè si lanciò alla conquista di una principessa ancor più bella, per sposarla.
Questo naturalmente fece scatenare l’ira di Medea che si vendicò aspramente (che avesse il Sole in Scorpione?) avvelenando i due figli avuti da Giasone e bruciando la veste di promessa sposa.
Lo maledisse inoltre dicendo che non avrebbe più trovato terra che lo ospitasse, e di fatto l’eroe morì in mare.
In questo mito vediamo come facilmente l’Ariete sia portato a cadere trappola della sua ombra: l’impulsività, che gli impedisce ogni possibile riflessione sulle conseguenze del suo agire.
Chi combatte senza tregua non ha tempo di riflettere, di ponderare quanto si propone di realizzare.
Vediamo inoltre la poca considerazione dell’Ariete per il valore del femminile quando è in balia della proprio lato oscuro.
Per l’Ariete il mondo è popolato da eroi e nobili gesta, come Giovanna d’Arco, eroina che per eccellenza incarna la simbologia del segno, ma spesso trascura il potere della gentilezza, della pazienza e della comprensione. In altre parole dimentica il lato femminile della sua natura. Eppure l’Ariete più di chiunque altro ha bisogno dell’energia femminile, tant’è vero che la conquista del vello avviene grazie all’aiuto di Medea, che rappresenta la sua parte magica ed intuitiva.
Diversamente agì Ulisse nei confronti della propria amata, ma soprattutto nei confronti della propria oscurità.
Nel percorrere i mari ai tempi della guerra di Troia, i marinai di Ulisse morivano quando doppiavano l’Isola delle Sirene, guerriere seducenti che attiravano i soldati cantando ammalianti melodie: attirati sugli scogli da quelle voci, le navi vi si infrangevano e le Sirene distruggevano i navigatori.
Ulisse (che incarna il tipo ariete quando si ricorda di pensare prima di agire) allora mise dei tappi nelle orecchie ai suoi rematori in modo che non sentissero quella musica e non finissero sugli scogli. Egli però si fece legare all’albero maestro per sentire le Sirene. Così al sicuro fece esperienza del proprio mito rischiarando e conoscendo l’oscurità interiore rappresentata dai sentimenti di potenza e dalle forze sconvolgenti e, forte del suo centrale radicamento, udì le voci senza infrangersi sugli scogli. Dunque testimoniare il pensiero, il sentimento e la sensazione con un certo distacco fa si che non si vada fuori rotta e che essi si possano sperimentare senza lasciare che prendano il sopravvento.


Toro

Sempre nella cultura greca troviamo il mito che più è vicino al primo tra i segni di Terra, il Toro: il Minotauro.
Col favore del Dio dei mari Poseidone (Nettuno), Minosse diventa re di Creta dietro la promessa di sacrificare a lui il toro bianco donatogli. Ma Minosse, da buon Toro fa fatica a rinunciare ai suoi attaccamenti, e decide di tentare uno scambio, sacrificando un toro terreno per tenersi il bel toro divino. Poseidone, che ovviamente si accorge subito della furbata, offeso si rivolge ad Afrodite (Venere) e col suo aiuto insinua nella moglie di Minosse, Pasifae, la passione per il toro.
Nasce così il Minotauro, bestia dal corpo di uomo e la testa di toro che si nutre di carne umana e che rappresenta gli irrefrenabili desideri materiali del segno (e del mostro).
Per mettere fine a tanto orrore Teseo, figlio del Re di Atene, con l’aiuto di Arianna, figlia di Minosse, entra nel labirinto ove è imprigionato il Minotauro e lo uccide, ritrovando poi l’uscita con il famoso filo. Se il labirinto è un groviglio di passioni materiali ed emozioni umane in cui il toro si perde, c’è bisogno di un filo, cioè di un percorso chiaro su cui trovare la propria strada.
Toro è un segno pacifico, profondamente matriarcale pur essendo fortemente istintivo, che ha bisogno di poter contare sulle sue sicurezze. Se tra queste sicurezze pone i suoi averi, cade nella sua ombra che è l’avidità. Per questo ha bisogno di lavorare sui suoi valori, per comprendere che le vere sicurezze può trovarele solo nell’essere e non nell’avere.
Efesto (Vulcano) rappresenta invece l’aspetto costruttivo e creativo del segno.
Figlio di Era e marito di Afrodite, egli è il fabbro artigiano divino, lavoratore infaticabile che lavora nella sua fucina nel vulcano, forgiando i fulmini di Zeus (Giove), l’elmetto alato e i sandali di Hermes (Mercurio), l’elmetto invisibile di Ade (Plutone) e lo scudo magico di Atena. E’ quindi anche un alchimista dotato di un eccezionale potere creativo diretto verso fini utili e nobili.
Il pianeta governatore del Toro è Venere, ed infatti la bella Afrodite è presente in questi due miti prima come complice e poi come moglie rispettivamente di Poseidone e di Efesto.
Ella ha gli occhi di vacca, è raffigurata sempre nuda, unica tra gli Dei. Possiede sentimenti carnali, ed è l’unica Dea che può accoppiarsi con i mortali.
Ella è attiva, prende l’iniziativa nel corteggiamento e nel rapporto, è l’immagine della libertà e della parità sessuale.
Ma Afrodite è figlia di Urano, generata dalla castrazione del Dio, dunque è libera e non materna come Demetra o altre Dee, è l’incarnazione dell’amore in sé e come tale le sue arti possono scatenare il lato oscuro fatto di rivalità, gelosie e passioni estreme.
Passioni che rappresentano l’ombra del Toro, quell’ombra che ha bisogno di imparare a controllare.

Gemelli

Innumerevoli sono le coppie di gemelli che la mitologia ci propone, ma i più vicini alla natura dell’omonimo segno, primo della triade dell'Aria, sono Castore e Polluce.
Essi erano figli di Zeus (Giove), nati da un uovo deposto da Leda dopo la sua unione con lui, trasformatosi per l’occasione in cigno. Entrambi guerrieri ed uniti fraternamente, dei due Castore è umano mentre Polluce è divino, ma quando il primo muore le invocazioni di Polluce giungono sino a Zeus e danno subito prova dell’abilità di negoziazione del segno: ottengono infatti da Zeus l’alternarsi nell’immortalità e quando uno dei due si trova nello stato immortale l’altro torna sulla terra come mortale scambiandosi impressioni a turno nei momenti di passaggio.
Questo mito apparentemente così giocoso ci lascia intuire il significato piu’ profondo di un’incarnazione in gemelli: sembra esserci in questo segno una sorta di consapevolezza spirituale , come la sensazione di un mondo diverso e superiore. Cio’ spiega perché spesso non prendono la vita in modo serio. Qualcosa nel loro intimo sa gia’ che non è tutto lì. Purtroppo però questa intuizione sottile cozza con il loro bisogno di razionalita’. Ed è proprio questo il nocciolo del problema: la polarita’, che li rende spesso estranei a se stessi. Non sanno se sono scienziati o mistici, razionali o intuitivi, idealisti o cinici. Sono pieni di contraddizioni, perche’ come il loro mito, hanno bisogno di scontrarsi periodicamente con la mortalita’ , proprio come hanno bisogno di respirare il profumo delle altezze dell’Olimpo.
Questo è il loro ciclo e il fattore della dualita’ e della relazione tra gli opposti è sempre presente in loro, che astrologicamente dominano tutte le coppie di opposti.
Castore e Polluce erano sostanzialmente gemelli buoni, capaci di utilizzare positivamente l’ombra rappresentata dall’altro gemello. Polluce puo’ essere considerato l’anima immortale dell’uomo, e Castore la sua personalita’ terrena, dove l’obbiettivo finale è l’unificazione, con il superamento del dualismo: alla fine i due dovranno diventare uno.
Romolo e Remo, figli di Marte nella mitologia romana, litigano invece furiosamente per il territorio. Remo è il fratello oscuro che, nel tentativo di uccidere il fratello luminoso Romolo rimane vittima egli stesso e muore. Come il lato in ombra nasce dallo stesso grembo da cui nasce il lato in luce, anche Caino e Abele, pur non essendo gemelli, ripropongono il conflitto dell’opposto e così tanti altri fratelli presenti nelle mitologie mondiali, dai norvegesi Baldur e Loke alle più conosciute sorelle greche Artemide ed Afrodite.
L’altro importantissimo mito dei Gemelli è quello del Puer, che ci riconduce al pianeta dominatore del segno, Mercurio.
Il Puer è l’eterno fanciullo che ha le ali per volare ma che, quando scende sulla terra, è zoppo, ha difficoltà a camminare, proprio come il gemelli ha difficoltà a prendere contatto con la terra, la parte corporea di sé, gli istinti e le emozioni.
Il Puer rappresenta quella componente psicologica che vuole mantenersi giovane, scanzonata, con il gusto di divertirsi e di scoprire cose nuove; tuttavia non deve cedere al lato ombra che è l’irresponsabilità, l’inafferrabilità e la scarsa maturazione affettivo/emotiva.
L’Hermes greco, signore del commercio, portatore di messaggi tra un dio e l’altro, ma anche dio dei ladri e dei bugiardi, esprime il concetto di flessibilità e mobilità, sempre interessato ai collegamenti fra gli dèi e gli uomini, fra uomo e uomo sotto forma di idee, denaro e canali di comunicazione. Esso è anche il simbolo dell’alchimia medioevale e del processo di comprensione, connessione ed integrazione, ciò che permette di afferrare il legame tra due cose che apparentemente non avevano alcuna relazione.
Collegando il maschile ed il femminile, Mercurio completa la trasformazione della sostanza, è androgino, maschio e femmina insieme, unisce gli opposti e la loro conciliazione costituisce il progetto del segno dei Gemelli.

Cancro

La Madre è il mito del Cancro, primo segno d’acqua e dominato dalla Luna. Tutti noi siamo nati da una madre, e questa può significare sicurezza, sostegno, radicamento, infanzia e famiglia, sentimenti e passato, ma anche oscurità e mistero. Comunque sia andata, l’esperienza della Madre in tutte le sue forme è profondamente radicata nella nostra natura interiore. Le religioni più antiche del mondo iniziano con il culto della Madre Terra, come adorazione del potere della terra di dare e togliere la vita. E poi la Madre Chiesa e Gea, la sposa di Urano, costretta ad evirarlo per salvare la prole.
Era, madre terribile che si allea con l’Idra, per sconfiggere il figlio Eracle. Ella inviò un gigantesco granchio che strinse con le pinze il tallone di Eracle. Lo strinse alle caviglie anziché affrontarlo direttamente, l’ombra della madre divorante disposta a tutto pur di non cedere il predominio al figlio. Non dimeno Eracle riuscì ad ucciderlo.
Fu così che la Dea, per ricompensare l’alleato nonostante la sconfitta, lo condusse in cielo mutandolo nella costellazione del Cancro.
Per il bambino la madre è tutto, fonte di cibo e di vita, colei che dà o toglie l’amore.
E madre è anche la Gorgone Medusa. Perseo è incaricato da Atena di ucciderla onde evitare che sua madre sposi il re Polidette. Qui l’archetipo materno sta nella redenzione di una donna mediante la conquista di un’altra, ossia il riconoscimento della madre personale con il confronto di quella archetipica, il trasferimento su di un’altra donna dell’odio interiore verso la propria madre.
Nel mito della Madre c’è sempre un consorte che al tempo stesso era suo figlio ed anche amante. Nel simbolo dell’incesto il figlio-amante rappresenta la vita creativa della natura.
La Madre ed il giovane Dio rappresentano il modo di operare della creatività artistica. Il Cancro creativo infatti è una specie di levatrice che crea qualcosa che trae dalle sue profondità e realizza dal tessuto dei suoi sogni.

Quando la creatura ha preso forma, è cresciuta e la fase è conclusa, l’individuo-artista si sente svuotato ed inizia l’inverno. Poi è pronto a creare di nuovo, ma è un mistero la fonte della propria creazione. Come il granchio vive nella striscia di sabbia a metà fra l’oceano dei sentimenti in cui si tuffa quando lo raggiunge la creatività e la terra ferma della vita in cui si arena a processo finito. Questo mare, oceano dell’inconscio collettivo, regno della Dea Teti, creatrice ed acqua Ella stessa, che contiene nei propri abissi il seme maschile e l’ovulo femminile.

Fine prima parte

Fonti:
"Astrologia e mito" - Sicuteri



 

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