Per non cadere in trappola
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Uno spazio per ricordarci di camminare sulla terra

Il riso degli Dei

Sullo stesso tema leggi anche "Baubo"


«Ride Apollo, ride Hermes, ride ciascuno degli dèi
e il loro riso trasmette sostanza alle cose intramondane
e dà energia ai legamenti di esse»

                                                     Platone, Timeo

Il corpo di Baubo

Sincronizzate le lancette. Siamo all'alba del mondo. La dea della
terra e della fertilità, Demetra, è prostrata da un tragico lutto: Persefone, sua unica figlia, è stata rapita dal tetro Ades, signore dei morti, che ne ha fatto la sua sposa, confinandola agli Inferi. Lo stato d'animo depresso della Madre si ripercuote su tutto il creato: non vi sono più frutti per uomini e animali, la sterilità di ogni cosa diviene una catastrofe cosmica... Un'ancella, Baubo, riesce a rimediare al disastro planetario. Scorta la dea piangente nei pressi di Eleusi, in Grecia, e avendo compreso il motivo di tanto dolore, mette in pratica un'idea geniale.
Di nascosto si dipinge sul ventre un volto bizzarro, in cui gli occhi sono i seni, la bocca coincide con l'ombelico, e il mento barbuto si adagia sulla vulva.
Riassettato il peplo si presenta alla dea con una bevanda d'orzo. Al rifiuto di Demetra, la ragazza, per tutta risposta, scopre repentinamente il proprio corpo, in modo che le braccia, ripiegate sulla testa coperte dalla veste, risultino un buffo turbante sul grottesco volto maschile che appare di scatto alla dea. A questo improvviso e inatteso comic strip, la Madre scoppia a ridere e accetta la bevanda.
Il lutto è interrotto, terminato, la terra torna a concedere i suoi frutti, la catastrofe rientra.

Il mito è riportato da varie fonti che, sebbene differiscano nei particolari, sono concordi nell'attribuire al riso la funzione di 'detonatore di salvezza': senza il riso di Demetra, il lutto universale avrebbe sopraffatto la vita.

Spostiamoci di qualche migliaio di chilometri a sud-est e circa cinquecento anni indietro nel tempo.
Un papiro egizio, databile attorno al 1160 a.C., ci racconta la disputa tra Horus, il dio chiaro dell'alba, della saggezza e della scienza, e Seth, dio delle tenebre e delle tempeste.
Su che cosa disputassero non è dato sapere, ma doveva essere qualcosa di assai serio se Ra, il Sole, signore dell'Universo, ne riceve grande pena e massima offesa: decide di ritirarsi nella propria dimora per non uscirne mai più.
Inutile forse aggiungere che l'astro diurno cessa di splendere, in un'improvvisa catastrofica eclisse totale. La terra si ferma, la vita è sospesa, mentre il dio giace afflitto.
Anche qui è una donna che pone rimedio al cataclisma; è proprio con il suo corpo nudo, offerto improvvisamente alla vista di Ra, che Hathor, sua figlia, lo costringe a uno scroscio di risa. Il divino umore del padrone dell'Universo è mutato, l'offesa perdonata, il sole torna a splendere.
È dal corpo femminile oscenamente e repentinamente mostrato che scaturisce il riso e con esso la soluzione della crisi, la resurrezione.

S'impone, a questo punto, un altro salto spazio temporale. Siamo in Giappone quando, nel 712 d.C., qualcuno mette per iscritto una storia molto più antica, appartenente alla cultura shintoista. Vi si narra un episodio analogo ai precedenti: la dea del Sole, Ama-Terasu, è gravemente offesa dal dio del Mare Susa-No-Wo; e ben si capisce! Il Poseidone nipponico le ha imbrattato di sterco le sacre stanze e per buona misura vi ha squartato un cavallo al contrario!
Non si conosce il motivo di tanta sudicia e truculenta insolenza, fatto sta che (anche stavolta) la dea si ritira in un'impenetrabile caverna, sorda a ogni richiamo, con il (solito) risultato di oscurare il creato con conseguente catastrofe planetaria. Ancora una volta è una schiava a risolvere la tenebrosa faccenda: davanti agli dèi (otto milioni!) assiepati sulla soglia della caverna, l'ancella Ameno-Uzeme-No-Mikoto, improvvisamente, sciolti i lacci della veste, si denuda: allo spettacolo, del tutto incongruo per la situazione, tutti si sganasciano dal ridere; pensate a Otto milioni di divine risate simultanee! Ama-Terasu, incuriosita da tanta ilarità, fa capolino; è lesto un dio ad afferrarla per i capelli e trarla fuori dalla caverna. In un attimo il mondo torna alla luce.
Qui la cessazione della crisi è ottenuta indirettamente (sono altri a ridere), ma l'episodio ci fornisce un elemento in più: il riso è contagioso e spinge alla curiosità chi non ne è preda. «Di che ridi? Fai ridere (gioire, provare piacere) anche me!»

Per concludere questa serie di miti, segnaliamo l'episodio tratto dalla saga nordica precristiana Edda, in cui la gigantessa Skadhi, entrata in violento e catastrofico contrasto con gli dèi Asi, alla vista dei genitali di un uomo, Loki, per lei grottescamente piccoli, scoppia a ridere, con questo risolvendo la crisi.


Energia creatrice


I primi tre miti (e quello islandese, in cui salta agli occhi la differenza di sesso dell'esibizionista) presentano sostanzialmente la stessa struttura: c'è un evento che innesca una crisi cosmica; c'è una donna che ostenta la sua nudità; c'è una risata liberatoria che mette fine alla catastrofe. Potremmo così sintetizzare che: morte + riso (sesso) resurrezione della vita. Dunque per far ridere gli dèi c'è bisogno di un'oscenità, del 'basso' mostrato impudicamente e all'improvviso.
Non è curioso che entità così elevate risolvano le loro crisi nel rapporto (diremmo provocatorio) con il corpo, il basso, con una schietta risata? Forse le tre protagoniste (e il quarto esibizionista) erano coscienti che, per dirla con l'antropologo A. Di Nola, «il riso degli dèi va definito come abbondante energia, presente nel cosmo e creatrice di tutte le cose mondane. È l'energia presente in tutte le cose...» In presenza di una morte generalizzata, c'è bisogno di spingere le divinità allo sghignazzo, per sospendere il lutto e riconsiderare la carne, il sangue, il sesso. Così il riso di queste divinità viene interpretato da altri autori come la gioia che si manifesta davanti alla rivelazione del sesso, in quanto simbolo del piacere, dal quale scaturisce la creazione della vita. È questa, dunque, la connotazione divina del grembo della donna, cioè l'impulso alla creazione insito nel piacere sessuale. L'«alto» degli dèi si tocca con il «basso» del corpo: il cerchio della vita si chiude grazie ad una risata.


Il sorriso di Dio

Ancor più stupefacente, poiché in ambito cristiano, la genesi parallela suggerita da un papiro alchemico (di scuola neoplatonica) del II secolo d.C., conservato a Leida, che conferma senz'ombra di dubbio l'ipotesi del Riso divino creatore di vita. Un anonimo studioso annota: “... appena Dio sorrise nacquero sette dèi che governarono il mondo. Appena scoppiò a ridere nacque la luce... Scoppiò a ridere una seconda volta e apparve l'acqua... Al settimo giorno che rideva apparve l'anima... Dopo uno sbellicamento alla settima potenza Dio stacca un pezzo da sé e lo trapianta nel genere umano: non è sensazionale? E che cosa poté causare questo scoppio di onnipotente ilarità, questo comicissimo big bang (incidentalmente, grosso scoppio)? Purtroppo il papiro non ci informa. Magari, nella sua onniscienza, il buon Dio già pregustava lo scherzo che stava per farci!”




Tratto da “La terapia del Ridere” di Sonia Fioravanti e Leonardo Spina, RED Edizioni
Inserito nel sito www.ilcerchiodellaluna.it il 22 settembre 2006



Sullo stesso tema leggi anche "Baubo. Il calore: il recupero della sacralità nella sessualità"



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